Allevamento e nutrizione

a cura di Simone Gliottone, pubblicato il 21/06/2021

Attraverso le schede di catalogo è possibile osservare come il maiale, ormai addomesticato, fosse presente nella cultura umana. Vi sono statuette che ne descrivono le forme, disegni e incisioni che attestano il rapporto che si insaturava tra il porcaio, le donne, i bambini e gli animali. Ci sono schede che mostrano oggetti legati al mondo rurale e manifesti che parlano dell'evoluzione della scienza veterinaria e zootecnica. Non mancano alcuni riferimenti a edifici costruiti in modo pertinente per poter ospitare una porcilaia ed esempi, come la chiesa di Santa Greca a Lunamatrona, di architetture adattate a questi scopi. 


dal Catalogo

Tra le prime testimonianze dell’allevamento del maiale gli autori latini, quali Polibio, Varrone e Columella, parlano degli Etruschi come un popolo già avvezzo alle carni del porco, descrivono le abitudini di tale animale in natura e consigliano il miglior modo di agire per avere un buon risultato dal suo allevamento. Successivamente, con l’invasione Longobarda avvenuta tra 568 e 569, in Italia venne introdotto un nuovo modo di rapportarsi all’attività di allevare il maiale: si rivalutò il bosco e quest’ultimo fu usato come luogo dove poter pascolare tali animali allo stato brado. Questo volle dire che per casualità o per volere del porcaro, le scrofe continuarono ad accoppiarsi, come ci racconta anche Restif de la Bretonne (1734 – 1806), con i maiali selvatici. Le ghiande, alimento preferito dei maiali, così come indica il proverbio popolare Il porco (magro) sogna sempre ghiande, furono usate anche per l’alimentazione contadina durante la carestia del 1058 durante la quale si ricavò una sorta di farina da questi frutti secchi che unita ad altri ingredienti di fortuna produsse un pane utile alla sopravvivenza dei poveri. Nel Quattrocento l’allevamento stabulare di porci ebbe ormai di gran lunga superato quello allo stato brado e, contemporaneamente, alcuni trattati medici iniziarono a suggerire che per il consumo umano sarebbe stata migliore la scelta di carni di animali non allevati e ingrassati nelle stalle. Ingrassare i maiali, attività che dai documenti del passato viene desunta come propria della sfera lavorativa femminile — della donna sarà anche propria una forza interiore tale per cui essa dovrà riuscire a creare un distacco sentimentale dal maiale dopo averlo allevato dalla nascita e prima che questo venga ucciso — è facile, poiché essi ingurgitano ogni cosa. Gli alimenti destinati agli allevamenti suini inizialmente arrivavano dal bosco, ma quando l’accesso alla silva venne severamente regolamentato, allora, si cominciò a destinare loro parte delle colture utili all’uomo: castagne, cavoli, mais, cereali (se si era così forniti da poterne destinare parte agli animali) e patate, che, con la loro introduzione in Europa, produssero un grande risollevamento dell’industria suina. Stessa sorte toccò alla soia, che con il suo enorme apporto proteico si è posta soprattutto negli ultimi decenni come grande alleata della zootecnica. Per far cresce i maiali grassi e sani, c’era bisogno di un porcaro, figura che poteva lavorare per molte famiglie allo stesso tempo. Questo lavoro, seppur visto come degradante e ai margini della società, viene invece incarnato da Eumeo nell’Odissea e mostrato come foriero di virtù e fedeltà. Collaboratori del porcaro erano il castrino e il sanaporcelle: il primo addetto alla castrazione dei verri e il secondo figura indispensabile per la sterilizzazione delle scrofe. Tutte queste cure, queste premure e queste dedizioni, visibili anche dopo la Rivoluzione Agricola del XVIII secolo quando si iniziò ad attuare la selezione delle diverse razze suine, sembrano ottime precorritrici di un sano allevamento del maiale. Ma, a livello industriale, così non è accaduto. 

Bibliografia

Stefano Liberti, I signori del cibo. Viaggio nell'industria alimentare che sta distruggendo il pianeta, Roma, 2016

Vincenzo Pergola, L'allevamento del maiale, Roma, 1945

Massimo Montanari, L’alimentazione contadina nell’alto medioevo, Napoli, 1979

Marina Baruzzi, Massimo Montanari (a cura di), Porci e porcari nel Medioevo, Bologna, 1981

Bibliografia in rete

Antonio Selmi, Il porcile, ossia l’arte di allevare e ingrassare vantaggiosamente i maiali con disquisizioni sul tornaconto di tale industria. Milano, Savallo, 1876, (LINK)