Il soldato di Vincenzo Pasquali. Eroe risorgimentale e martire cristiano

a cura di Piera Cipriani, pubblicato il 22/04/2016

«I monumenti ai caduti si inseriscono nella sacralizzazione della politica e della nazione celebrando la morte della patria, fenomeno storico complesso che nel tempo è stato analizzato da prospettive diverse.»

Il caduto è l’eroe che si sacrifica per la comunità politica, esempio e monito per le generazioni future. Non è casuale, infatti, l’ubicazione dei monumenti ai caduti al centro delle piazze principali di città e paesi, scelta che richiama la collocazione delle statue dedicate agli eroi greci erette nell’agorà. Il culto dei morti per la patria è funzionale al processo di costruzione dell’identità nazionale e raggiungerà l’apice con il fascismo. Alla morte per la patria si conferiscono perciò visibilità e celebrazione pubbliche. La morte politica, in particolare in Italia, ha assunto nel tempo le “sembianze” del martirio: centrali in tal senso la tradizione cattolica del culto dei martiri e la “provenienza” di molti eroi nazionali, soprattutto risorgimentali, non solo soldati morti sul campo di battaglia ma anche patrioti morti in carcere o sul patibolo, vittime della repressione politica. Si pensi ai martiri del Risorgimento, a quelli delle terre irredente nella Grande Guerra. Tra il 1848 e il 1870 il martire diventa simbolo di impegno politico, di identità nazionale e ciò è funzionale alla comunicazione politica. Felice Cavallotti, riferendosi alla battaglia di Mentana, ricorda il sacrificio di quanti avevano «donato la propria vita in olocausto alla patria indipendenza». Dopo i fatti di Aspromonte l’immagine stessa di Garibaldi è riferita alla passione di Cristo. La letteratura, in particolare quella romantica, ha diffuso gli stereotipi del sacrificio patriottico e della morte gloriosa, attingendo alle virtù classiche e saldando l’immagine dell’eroe romantico con l’iconografia del martirio cristiano. L’eroe risorgimentale è giovane, bello, accoglie in sé la virtù classica e la passione romantica. Lucy Riall sostiene, infatti, che: «il culto del martire diventò così un elemento centrale per un’altra forma di culto, quella dedicata all’eroe soldato, e per affermarlo come simbolo nazionale della virtù, del coraggio e della bellezza, associato a sua volta alla rivoluzione e alla ribellione.»

Si consolida nell’immagine dell’eroe anche una motivazione di carattere politico-antropologico che si manifesta nel suo ricordo perpetuo con la conseguente incorporazione del defunto nella comunità dei viventi. La statuaria diviene perciò il tramite di questo nazionalismo risorgimentale. Nei monumenti ai caduti l’omaggio all’eroe trasmette un senso di risarcimento per il sacrificio, l’eroe non è soltanto un volto ma assume un nome, anzi è espressione contemporaneamente di innumerevoli nomi: la comunità si riconosce in questo omaggio/ lutto riannodando il legame con la nazione. La strategia comunicativa che ne consegue è di indiscutibile potenza e si articola in tre aspetti complementari:

- la morte in guerra, quale evento sereno e poco cruento;

- la morte eroica, quale simbolo di potenza nazionale;

- la morte come sacrificio per la patria che pone la nazione al centro di un culto religioso.

La valorizzazione eroica è codificata da un lessico che si richiama al sacrificio stabilendo un forte nesso relazionale con il linguaggio della nazione. Quest’ultimo è pervaso da forme di religiosità politica e civile consolidatesi nei decenni di pedagogia patriottica nell’Italia liberale e secolarizza alcune delle forme più rappresentative della religione cristiana: il sacrificio per la patria, per esempio, riflette l’idea cristiana della vita eterna.

La morte è così risemantizzata secondo i dettami dell’ideologia nazionalista. I monumenti ai caduti si possono iscrivere nel processo di nazionalizzazione delle masse che non fu immediatamente perseguito dallo Stato unitario ma ricevette sicuramente una spinta propulsiva negli anni ‘20 del Novecento. La guerra di trincea aveva del resto favorito un livellamento sociale. La scultura celebrativa risorgimentale influisce sulla definizione di un’iconografia allegorica con riferimenti alla patria, alla libertà, alla vittoria che si ispira ai monumenti ai caduti del Risorgimento e ancor più ai caduti in Libia. Il linguaggio commemorativo, veicolato dai monumenti ai caduti e in generale dalla monumentomania legata alla Grande Guerra, si colora di nazionalismo. Se durante il Risorgimento le committenze sono principalmente pubbliche e politiche legate agli sviluppi di bandi concorsuali, dopo la Grande Guerra si assiste ad una serie di monumenti prodotti sotto l’egida di governi liberali e legati alla formazione di comitati di parenti dei caduti o di comunità religiose che raccolgono fondi per eternare nel marmo la memoria dei loro martiri ed eroi. A questi fanno seguito i monumenti strumentalizzati dalla propaganda fascista e intrisi di simbolismo bellico. Questo aspetto, caratteristico dei monumenti italiani, crea un distinguo a livello europeo, soprattutto rispetto ai monumenti francesi. Se i primi spostano l’attenzione dal lutto all’eroico sacrificio per la Patria e alla Vittoria, facendo passare il messaggio di una guerra che ha restituito unità alla nazione, in Francia si commemorano i caduti dimostrando disprezzo nei confronti dell’evento bellico.

Il soldato di Vincenzo Pasquali. Eroe risorgimentale e martire cristiano. PROGETTO "Grande Guerra"/ Programma "500 GIOVANI PER LA CULTURA"

dal Catalogo

Nel fenomeno della monumentomania che investe l’Italia post unitaria centrale è l’esaltazione dei padri della nazione, gli eroi nazionali, a partire da Giuseppe Garibaldi che esprime il sentimento di un’appartenenza collettiva. È interessante notare come la prima guerra mondiale crei una cesura nell’ambito della democratizzazione dell’eroismo passando dalla rappresentazione dell’eroe singolo, padre della patria, al soldato semplice e anonimo. In questo contesto si inserisce il percorso artistico di Vincenzo Pasquali che si snoda tra la Maremma toscana e il territorio ligure. Gli esordi di questo scultore, infatti, sono legati alla realizzazione di due monumenti eroici, quello di Felice Cavallotti a Benci nel 1899 e quello dedicato a Giuseppe Garibaldi a Scarlino, sua città natale, nel 1900. In particolare quest’ultimo monumento si discosta dalle rappresentazioni canoniche dell’”eroe dei due mondi” che Vincenzo Paquali raffigura a mezzo busto e in abbigliamento sudamericano con cappello piumato e tratti romantici. Dopo aver istituito a Pistoia, insieme ai fratelli, la Fonderia artistica in bronzo fratelli Pasquali, nel 1915 Vincenzo si trasferisce a Sanremo aprendo una galleria d’arte, Florentiae ars, specializzata nella vendita di oggetti artistici di sua creazione oppure provenienti da ditte, società e fonderie toscane. In quel momento Sanremo, come altre città liguri quali Genova per esempio, è un luogo molto vivace dal punto di vista artistico, vi si respira un’aria mondana e patriottica.

Nel 1922 Vincenzo Pasquali vince il concorso per realizzare il monumento ai caduti della città di cui il suo archivio personale conserva il bozzetto originario: il nucleo centrale dell’opera ruota intorno a un gruppo bronzeo formato da sei eroi nudi emersi da un fondo non scolpito e sovrastati dall’immagine della vittoria alata che innalza una spada. La realizzazione effettiva del monumento, come si evince dalle immagini, si discostò poi dall’originale, rappresentando una donna a cavallo armata con alcuni condottieri ai suoi piedi. Il gruppo bronzeo fu requisito nel 1942 dalla campagna fascista per il bronzo, però l’opera non venne fusa e fu conservata in un deposito del comune; dopo la Liberazione se ne perse traccia. È interessante notare, nell’intento originario, il richiamo alla nudità dell’eroe classico, la simbologia cristiana evocata dal fondo non scolpito, il senso di una resurrezione coronata dalla vittoria patriottica. Questo monumento ai caduti si richiama idealmente alla scultura che Eugenio Baroni dedica ai Mille nella città di Quarto, in cui è possibile osservare la centralità del gruppo degli eroi. Interessante rilevare che il monumento di Baroni viene fuso dalla ditta dei fratelli Pasquali.

Il monumento ai caduti di Sanremo conosce grande successo e la cerimonia di inaugurazione è presenziata dal re Vittorio Emanuele III. La notorietà di Vincenzo Pasquali si consolida ed egli riceve l’incarico di realizzare i monumenti ai caduti nelle città di Taggia, Dego, Spotorno, inaugurati nel 1924. Il protagonista di queste opere è il soldato vittorioso rappresentato come un eroe seminudo che poggia su un basamento, simbolo della roccia a cui era stato incatenato. Il soldato di Taggia ha il corpo proteso in avanti, il capo reclinato all’indietro, lo sguardo fiero rivolto verso il cielo.

Quello di Dego, invece, ha la bocca semiaperta e gli occhi chiusi, stringe tra le mani uno scudo e una spada, il suo corpo privo di vita sembra distendersi sulla roccia.

La figura eroica del soldato di Spotorno rinvia al combattente romano che stringe il pugnale nel braccio teso verso il basso e innalza l’asta della bandiera, simbolo della vittoria, con l’altro braccio.

È interessante notare che alcuni particolari relativi alla raffigurazione del soldato accomunino la produzione artistica di Vincenzo Pasquali e del fratello Ferruccio. Nei monumenti ai caduti delle città di Conselve e Fanano, realizzati da quest’ultimo, si osserva un soldato che innalza la bandiera, sebbene abbia le sembianze del fante e non dell’eroe classico.

La figura monumentale del soldato conoscerà fortuna nel territorio ligure e diversi artisti rappresenteranno questa immagine ispirandosi ai monumenti di Vincenzo Pasquali. Antonio Maria Morera realizza nel 1933 a Genova, nel quartiere Rivarolo, un monumento ai caduti in cui il protagonista è il soldato, in gruppo, concepito come eroe antico, seminudo e armato di scudo e spada.

La figura del soldato, eroe sovrastato dall’immagine della vittoria, è presente anche nel monumento di Luigi Brizzolara a Chiavari.

Anche nel monumento originario di Carlo Marchese del 1929 nel quartiere genovese di Cornigliano era visibile la figura di un soldato con elmo e scudo sovrastato dalla Vittoria.

Il culto soldato eroe santifica la nazione, abbatte steccati regionali e classi sociali perché nella trincea i militari combattono fianco a fianco condividendo pericoli, privazioni, fatiche. Parafrasando Giovanni Pascoli, questi soldati sono: Proletari, lavoratori, contadini. Il popolo che l’Italia risorgente non trovò sempre pronto al suo appello, al suo invito, al suo comando, è là. Questo popolo di soldati anonimi eternati nel marmo contribuisce a fortificare lo spirito di appartenenza alla nazione.

Fig. 1: Vincenzo Pasquali Il soldato di Vincenzo Pasquali. Eroe risorgimentale e martire cristiano. PROGETTO "Grande Guerra"/ Programma "500 GIOVANI PER LA CULTURA"
Fig. 1: Vincenzo Pasquali

Fig. 2: Monumento a Giuseppe Garibaldi, Scarlino (Gr) Il soldato di Vincenzo Pasquali. Eroe risorgimentale e martire cristiano. PROGETTO "Grande Guerra"/ Programma "500 GIOVANI PER LA CULTURA"
Fig. 2: Monumento a Giuseppe Garibaldi, Scarlino (Gr)

Fig. 4: Eugenio Baroni, Monumento ai Mille di Quarto Il soldato di Vincenzo Pasquali. Eroe risorgimentale e martire cristiano. PROGETTO "Grande Guerra"/ Programma "500 GIOVANI PER LA CULTURA"
Fig. 4: Eugenio Baroni, Monumento ai Mille di Quarto

Bibliografia

O. Janz - L. Klinkhammer (a cura di), La morte per la patria. La celebrazione dei caduti dal Risorgimento alla Repubblica, Roma, 2008

A. Piatti, Dalla Vittoria Alata alla Madre dolente: i monumenti ai caduti di Vincenzo Pasquali tra Liguria e Toscana, I monumenti della Grande Guerra, 2015

Bibliografia in rete

Il lutto, la memoria e il dramma sociale della Prima guerra mondiale - Tesi di laurea di V. Simonelli, (LINK)