dipinto, 1570 - ca 1573

Volta a botte riquadrata

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Vasari Giorgio (1511/ 1574): progetto
    Morandini Francesco Detto Poppi (1544 Ca./ 1597): parziale esecuzione
    Zucchi Jacopo (1541 Ca./ 1589 Ca)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo di Palazzo Vecchio
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Vecchio o della Signoria
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel 1570 il principe Francesco De' Medici commissionò al Vasari la decorazione di quell'ambiente che oggi chiamiamo comunemente Studiolo, per crearvi, come scrive il Borghini "una guardaroba di cose rare et pretiose et per valuta, et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate,cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa grandezza riposte ne propri armadi ciascuna nel suo genere". L'invenzione iconografica si deve al priore degli Innocenti Vincenzo Borghini, il quale nell'agosto 1570 fu in contatto epistolare con il Vasari. Il programma era impostato sul binomio Natura-Arte, poichè le cose conservate nel piccolo ambiente provenienti dalla "Fonderia" non erano "tutte della natura, né tutte dell'arte" ma frutto di entrambe. Per questo motivo Borghini propose di raffigurare al centro della volta la natura che offre un quarzo grezzo a Prometeo, il mitico inventore della lavorazione dei preziosi. Intorno trovano posto i quattro Elementi, due dei quali, l'acqua e la terra, costituivano la "materia" stessa delle cose naturali, mentre gli altri, il fuoco e l'aria servivano da coefficenti per la loro lavorazione. Coppie di putti simboleggiavano il "legamento" di ogni elemento con l'altro, una teoria risalente ad Aristotele ed in rapporto con l'alchimia poichè prospetta la mutazione della materia. Nello Studiolo non era rappresentata solo la dimensione della Natura, esso abbracciava anche il microcosmo umano, attraverso le "complessioni", cioè gli aspetti del carattere dell'uomo, anch'esse stimolate dagli Elementi e raffigurate ai quattro angoli del soffitto. In otto nicchie trovavano posto i bronzetti, raffiguranti le divinità ritenute nell'antichità "inventori, o cagione, o tutori, o preposti a tesori della natura". Le trentaquattro storie dipinte sui pannelli che in parte chiudevano degli armadi, secondo l'intenzione del Borghini, dovevano costituire quasi un "inventario" degli oggetti riposti all'interno di essi. Rispettando una stretta connessione con gli Elementi sovrastanti, che oggi per la sua complessità in parte ci sfugge nonostante il ritrovamento di documenti che hanno permesso la ricostruzione iconografica, nei pannelli erano raffigurate non solo le storie tratte dal mito, alludenti alla straordinaria origine di alcune materie ma anche le attività umane, in particolare quelle praticate nella Fonderia granducale, alle quali partecipava lo stesso Francesco. Come nota il Berti, nello Studiolo era simbolizzata l'intera Natura con le sue forze misteriose, il mito strettamente collegato ad essa e le tecniche umane "in una dimensione intellettuale e fantastica grandiosa....in una continua tensione tra scienza e immaginativa". Lo Studiolo ebbe breve vita: infatti nel 1586 sei degli otto bronzetti furono trasferiti nella Tribuna degli Uffizi e quando a Francesco successe Ferdinando lo smantellamento venne portato a termine e i dipinti smembrati della loro unità iconografica originaria andarono ad arricchire le collezioni medicee. Alla fine del 1700 si trovavano in Galleria a rappresentare la scuola di Giorgio Vasari (Pelli Bencivenni). Sulla scorta del carteggio del Borghini, il Poggi ricostruì lo Studiolo nel 1910-1911. Alla luce di un documento autografo del Borghini il Rinehart recentemente è stato in grado di precisare ulteriormente la collocazione dei pannelli (essa verrà segnalata di volta in volta nelle singole schede)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900281604-0
  • ENTE SCHEDATORE L. 41/1986
  • DATA DI COMPILAZIONE 1988
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 1998
    1999
    2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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