decorazioni ornamentali, grottesche, soggetti profani, soggetti sacri, divinità, figure all'antica, scene di caccia, paesaggi

decorazione plastico-pittorica,

La ‘Camera granda’ è illuminata da due finestroni che affacciano a sud (piazza Lega Lombarda) e incorniciano un camino marmoreo la cui cappa dipinta mostra Amore, Venere e Vulcano. Nel fronte opposto è la porta di accesso presso il lato meridionale del Cortile d’Onore. La pianta rettangolare è definita dalla maggiore lunghezza delle pareti est ed ovest: sulla prima è la soglia che immette agli altri ambienti della suite, mentre la nicchia di una porta murata è presso il margine sinistro della seconda. Al di sopra della spessa cornice mediana, lo spazio è scandito da 14 lesene, cui corrispondono altrettante lunette affrescate con scene di caccia. Particolarmente elaborata è la decorazione del soffitto, comprendente grottesche a fondo scuro per le 14 vele inferiori sovrapposte alle lunette; clipei con busti marmorei alternati a tondi monocromi ad imitazione di monete e medaglie sono previsti nelle 10 velette superiori di raccordo con la volta ribassata, occupata da una sontuosa e sofisticata composizione a candelabre su fondo chiaro e definita al centro da un oculo con figurazione illusionistica, rappresentante Amore e Venere affacciati ad una balaustra. Lo strombo della finestra sinistra mostra le tracce di una decorazione pittorica a racemi vegetali, tracciata su fondo bianco

  • OGGETTO decorazione plastico-pittorica
  • MATERIA E TECNICA marmo rosa/ modanatura
    stucco/ intonacatura
  • ATTRIBUZIONI Leonbruno Lorenzo (e Aiuti): pittore
  • LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Isabella d’Este (1474-1539), consorte del quarto marchese di Mantova Francesco II (1466-1519), in seguito alle nozze del 1490, principiò la predisposizione di alcuni ambienti privati collocati attorno alla torre di sud-est del Castello di San Giorgio (Sala delle Armi), ancora identificabili nel piano nobile. Oltre all’organizzazione del noto Studiolo con la sottostante Grotta, l’estense volle allestire anche altri locali: il Camerino dei Nodi, delle Catenelle e delle Fiamme, oltre alla torre di nord-ovest (Sala delle Sigle) ed a quella di sud-ovest (A1, 30). Nel 1519, alla morte del coniuge, l’estense si trasferì presso la parte trecentesca di Palazzo Ducale, nell’ala sud-occidentale del pianterreno di Corte Vecchia. La scelta di Isabella di occupare due interi corpi di fabbrica, originariamente collegati e intersecati ad angolo retto attorno all’attuale Cortile d’Onore (già Cortile dei Quattro Platani con la perduta decorazione della Loggia delle Città), si intreccia probabilmente a concomitanti motivazioni: la comodità del piano terra oltre alla necessità di lasciare al figlio Federico II gli ambienti di Castello. La dimora vedovile - più ampia della precedente - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto. Con il trasferimento presso Corte Vecchia, confermato già nell’ottobre del 1520 dal figlio Federico in una missiva ai prozii (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2926, libro 262, cc. 97r-98r), Isabella fece spostare parte degli arredamenti dei due ambienti di Castello, Studiolo e Grotta, per riallestirli nel nuovo appartamento con il supplemento di integrazioni. Il destino di ‘migrazione’ dei due camerini non si concluse negli anni Venti del Cinquecento, ma si replicò ad oltre un secolo di distanza: dopo il sacco di Mantova del 1630, con il ritorno al potere del ramo cadetto dei Gonzaga, Carlo I Nevers volle, a conferma della linea di successione, trasportare nel suo Appartamento del Paradiso in Domus Nova, entrambi gli arredi. Se con i provvedimenti anti-aerei prescritti dopo Caporetto nel corso della Prima Guerra Mondiale, i cosiddetti ‘Gabinetti del Paradiso’ vennero smontati e trasferiti in Toscana (Gerola in Bollettino d’Arte, settembre-dicembre 1918), soltanto negli anni tra le due guerre ritornarono nell’ultima collocazione voluta da Isabella, nell’Appartamento di Grotta in Corte Vecchia. La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, venne installata in una serie di ambienti di origine medievale (presumibilmente della seconda metà del Trecento, Rodella in Algeri 2003), prevedendo diversi interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo. Gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno, il cui capolavoro è certamente la Sala della Scalcheria. Rispetto al piano nobile del Castello, nel quartiere di Corte Vecchia la marchesa poté usufruire di diversi spazi all’aperto come il Viridario con impluvium, il Cortile di rappresentanza con la Loggia delle Città ed il Giardino Segreto, a carattere privato. L’ala vedovile di Grotta comprende l’intero prospetto sud del Cortile d’Onore, articolato dapprima nella grande sala della Scalcheria, passaggio d’obbligo verso la zona più riposta dei camerini di Studiolo e di Grotta, cui seguono due piccoli locali, conclusi dal Giardino Segreto. Lo sviluppo di questa parte della residenza isabelliana è ben inferiore rispetto all’ala di Santa Croce: la letteratura è concorde nell’affermare che la suite di Grotta doveva estendersi con altri ambienti oltre la loggetta del giardino, successivamente modificati in epoca vincenzina per la realizzazione del corpo di fabbrica che accoglie la Sala degli Arcieri. Primo ambiente dell’appartamento di Grotta, la Sala della Scalcheria, dalla denominazione ereditata in epoca asburgica per aver ospitato l’ufficio che curava l’amministrazione di Palazzo Ducale, è spesso identificata nelle fonti dell’Archivio Gonzaga, come ‘Camera granda’ (il termine, non va trascurato, era anche utilizzato per la designazione di altri ambienti, magari accompagnato da ulteriori determinazioni). E’ il mandato di pagamento del 22 aprile del 1523 verso l’artista mantovano Lorenzo Leonbruno a determinare il suo impegno nell’apparato decorativo della sala: “Magnifico domino Thexaurario […] facia pagamento a magistro Lorenzo Liombruno pictor per altri tanti per lui spesi in depintori et doratori […] et la dita camera fu comencha adì 2 de aprile 1522 et è sta’ fornita […] adì 14 de decembre 1522” (ASMn, Archivio Gonzaga, Autografi, b. 7). [SI PROSEGUE IN OSS - Osservazioni]
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267432-0
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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