Scene bibliche del Vecchio Testamento

dipinto,

La serie si compone di quattro dipinti di modeste dimensioni raffiguranti scene veterotestamentali; nelle scene fittamente popolate i soggetti rappresentati sono rispettivamente 'La profetessa Debora', 'Davide sconfigge gli Amaleciti', 'La Regina di Saba', 'Eliodoro cacciato dal Tempio'

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Solimena Francesco (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La serie con le quattro storie bibliche venne commissionata da Vittorio Amedeo II al Solimena nel 1720 per il gabinetto dell'Appartamento d'Inverno di Palazzo Reale. Di tale commissione si hanno certezze documentali ad iniziare dal 6 marzo 1720 con il rapporto epistolare tra il ministro Del Borgo e il delegato di Vittorio Amedeo II a Napoli, La Perosa, dal quale si evince che il sovrano sabaudo aveva ordinato al Solimena almeno due dipinti. Esistono inoltre alcune lettere del sovrano indirizzate al Solimena, in cui Vittorio Amedeo II sollecitava l'invio dei dipinti, che partirono da Napoli a Torino con spedizioni scaglionate fino al 1725 (Bologna 1958, pp. 193-194). Ad iniziare dal 1723 tra i Conti della Real Casa si hanno inoltre certificazioni di vari pagamenti che, insieme ad un'altra lettera di Vittorio Amedeo II inviata al pittore il 13 novembre 1723, ci informano di un'iniziale commissione per due tele raffiguranti il "Davide vincitore degli Amaleciti" e la "Regina di Saba", cui fece seguito l'ordinazione di due tele con la Profetessa Debora e le storie di Eliodoro (Baudi di Vesme 1968, pp. 995-996; Bologna 1958, pp. 193-194). La particolare ammirazione che queste opere suscitarono alla corte torinese è testimoniata dal De Dominici il quale narra di una lettera inviata dal Principe sabaudo al Solimena in cui il regnante esprimeva il suo entusiasmo per i quadri ricevuti di fronte ai quali "egli non potea far a meno di non fermarsi, forzato dalla bellezza di essi, per riguardargli di nuovo" (De Dominici 1742, vol. III, p. 602: ristampa anastatica Bologna 1971). Tale entusiasmo espresso dal biografo campano non si ritrova così vivo negli scritti successivi degli illustri visitatori della Galleria, da Cochin al Callery, i quali esprimono pareri talvolta più critici sull'esecuzione dei dipinti. Le quattro opere sono menzionate negli inventari del 1754 e del 1777; entrambi li indicano nel Gabinetto Primo di Palazzo Reale insieme ad altri dipinti di soggetto veterotestamentale richiesti da Filippo Juvarra a vari pittori tra cui il Conca, il Masucci, Giovanni Battista Pittoni e Francesco Monti. Nell'inventario del 1822 la serie è indicata invece nella parete a ponente della Camera che li conteneva e che prende appunto il nome "del Solimena". Rivalutata in tempi più recenti la serie è considerata dalla critica una validissima testimonianza della migliore pittura napoletana settecentesca arrivata fino alla Corte di Torino. Tra gli studi specialistici ha un posto fondamentale la monografia di Ferdinando Bologna: per lo studioso le quattro tele di Torino stringono forti legami con le opere realizzate dal Solimena per Palazzo Durazzo a Genova intorno agli stessi anni. Bologna precisa che rispetto ai due dipinti genovesi la serie sabauda esprime un differente modo di condurre la composizione, basato sulla modulazione di zone d'ombra e di luce; un espediente che sortisce "un altro e più inerte senso della forma e della luce" capace di dare grandiosità ad una scena popolata da figure di ridotte dimensioni tramite l'allargamento dello spazio e delle architetture. Le successive mostre che hanno ospitato le quattro tele hanno offerto altre occasioni per ulteriori pronunciamenti critici: la Griseri riferisce dell'apprezzamento del regnante sabaudo per il Solimena, il quale aveva già sancito il ruolo di interprete di rilievo di quella "retorica intensa che procede in chiave barocca" cara alle corti del '700, , inanellando prestigiose commissioni in ambito europeo (Griseri 1963, vol. II, p. 72, n. 106). Nel percorso dedicato alle arti a Torino nell'epoca di Juvarra pubblicato nel 1989 Michela di Macco ha confermato la grande considerazione di cui godeva il pittore partenopeo presso la corte sabauda, già segnalata dalla Griseri; di questa è sintomatica anche la prestigiosa collocazione della serie: il gabinetto dell'Appartamento d'Inverno di palazzo Reale appunto. Qui erano esposte insieme ad altre opere allusive alle virtù ed al potere del sovrano, che celebravano di fatto la personalità di Vittorio Amedeo II. L'articolato intervento della Di Macco, oltre a ribadire il ruolo del Solimena di perfetto interprete del clima culturale di stampo arcadico in auge presso la corte sabauda, ha messo in evidenza la particolare considerazione che lo stesso pittore dimostrò nei riguardi di Vittorio Amedeo II dedicandosi alla realizzazione dei quattro dipinti destinati a Torino anche a discapito dei suoi contemporanei lavori, tra i quali vi erano quelli ordinati da Eugenio di Savoia. Di tale 'trattamento di riguardo' sarebbe indicatrice secondo la studiosa anche la dedizione impiegata dal pittore napoletano (continua in OSS)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350850-0
  • NUMERO D'INVENTARIO 377/ 379/ 380/ 381
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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