Santa Francesca Romana ridona la vista a una fanciulla

dipinto, ca 1640 - ca 1650

dipinto privo di cornice

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 314.3 cm
    Larghezza: 236 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Mantovano
  • LOCALIZZAZIONE Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela è ricordata già dal Cadioli, nel 1763 (p. 16), nella sagrestia del duomo, sopra la pala di Marc’Antonio Donzelli, come “il quadro di S. Francesca Romana, ch’è lodevole copia di quello del Borgani, che trovasi nella Chiesa di Gradaro”. Il dipinto è ancora nella stessa posizione alla fine dell’Ottocento, quando viene notato dall’Orioli (1896, p. 217). A una data ignota ma probabilmente non anteriore alla metà del XX secolo, la tela è ancora al suo posto, come risulta evidente grazie a una fotografia del secondo dopoguerra ma purtroppo non datata (ASMn, Archivio fotografico Calzolari, n. 910); da allora non se ne sa più nulla, e viene data per dispersa dalla Perina (1965, p. 505 nota 238). La stessa studiosa in seguito segnala, assieme a Marinelli, il dipinto in Palazzo Ducale a Berzaghi, il quale lo pubblica come autografo del Borgani proveniente da Santa Maria del Gradaro (Berzaghi 1985, pp. 57 e 60 nota 60); Berzaghi ritiene allora che un frammento della copia del duomo si conservi nella parrocchiale di Montanara. L’identificazione, con la conseguente attribuzione, viene ribadita (R. Berzaghi, in Pittura a Mantova 1989, pp. 57 e 241; C. Tellini Perina, in La pittura in Italia. Il Seicento 1989, II, p. 647) ma è poi corretta dallo stesso Berzaghi nel 1998 (pp. 214 e 227 nota 43): egli riconosce nel lacerto di Montanara un frammento dell’originale del Borgani già al Gradaro e nella tela in Palazzo Ducale la copia già nella sagrestia del duomo. Concordo perfettamente con questa seconda versione. Non si sa tuttavia quando, e soprattutto a quale titolo, l’opera sia giunta in Palazzo Ducale; viene per la prima volta inventariata in Palazzo Ducale nel 1995. Suppongo che vi sia stata trasportata negli anni Sessanta, allorché Paccagnini si interessa al restauro dei dipinti della sagrestia del duomo; un possibile termine ante quem è il 1965, anno in cui il dipinto è dato per disperso dalla Perina. Il d’Arco nel 1874 (p. 158) scrive che “Dalla chiesa di Gradaro fu tolto il quadro dipinto dal Borgani rappresentante santa Francesca Romana ed oggi custodito nel palazzo Accademico”. Sembra assai difficile che lo studioso abbia visto la tela del Gradaro, passata nel 1775 in San Cristoforo e venduta a privati nel 1808 (L’Occaso 2009, p. 000), presso l’Accademia Virgiliana dove non è altrimenti documentata; né si può affermare che il nostro dipinto provenga dall’Accademia. L’episodio raffigurato è quello della santa romana che resuscita una bambina accidentalmente soffocata nel sonno dalla madre, toccandole la gola: un episodio raramente rappresentato ma che ha un preciso riscontro nell’affresco quattrocentesco (tra Benozzo Gozzoli e Antoniazzo Romano) del ciclo del monastero di Tor de’ Specchi a Roma (Kaftal 1965, col 449 nn. 6-7) o nella tela di Jacopo Palma il Giovane nel Museo Civico di Padova (inv. 676). Effettivamente la nostra opera è di una qualità decisamente inferiore a quella di Montanara, che sembra essere lì attestata per la prima volta solo nel 1908, quando una relazione del 10 marzo di quell’anno (ASMn, Prefettura, serie I, cat. 14, fasc. 3) descrive una “Madonna a cui viene presentata una bambina con male al petto, per ottenere la guarigione”, che è con ogni probabiltà il dipinto del Borgani, frainteso nell’iconografia. La vivacità cromatica e la compattezza pittorica del quadro di Montanara non lasciano dubbi su quale sia l’originale e quale la copia; la tela del Palazzo Ducale è inoltre dipinta su un supporto tessile piuttosto grezzo e di pieno Seicento e la tavolozza è impostata su toni caldi e opachi. Queste considerazioni, così come una certa pesantezza di tocco nelle pennellate inducono a posticipare verso la metà del Seicento la sua esecuzione. La nostra pala risulta pertanto di un certo interesse poiché permette di ragionare sulla fortuna locale di Francesco Borgani, evidentemente oggetto di studio ed emulazione. È lecito domandarsi se la tela in esame sia stata dipinta da un suo allievo, come il viadanese Camillo Motta o il figlio Valeriano Borgani
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152024
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 12587
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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