Termoli, Contrada Porticone (area ad uso funerario necropoli)

Termoli, VI a.C

La necropoli in località Contrada Porticone fu scoperta nel 1978, quando l’area fu interessata da sbancamenti per lavori di edilizia urbana. Negli anni tra il 1978 e il 1983, la zona fu indagata da scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza Archeologica del Molise, che portò alla luce 149 sepolture, di cui 141 recuperate intatte. Il sito, a circa 50 – 60 m. slm, è posto lungo un costone che degrada lungo la piana alluvionale formata dal torrente Sinarca. Le tombe rientrano nella tipologia “a fossa” e sono scavate nello strato sabbioso a profondità diversa dall’una all’altra. Sono riempite generalmente con ciottoli di fiume e terra e ricoperte da lastre di arenaria o conglomerato, che probabilmente andavano a creare un tumulo visibile sul piano di campagna, ma non più individuabile a causa delle arature e degli sterri operati dai mezzi meccanici. Gli inumati sono deposti in posizone supina, con gli arti superiori distesi lungo il corpo, o, talvolta, con gli arti, sia inferiori che superiori, incrociati. Si documentano almeno due sepolture con defunto in posizione rannicchiata, tipico delle genti a sud del Fortore, ma attestato anche nelle tombe picene, mentre, è presente, solo in caso, il rito della cremazione. Le fosse terragne sono di forma rettangolare, con fondo ricavato nel banco naturale, mentre, in due casi, il piano deposizionale è formato da uno strato di ghiaia. La copertura della fossa, invece, generalmente, è costituita da lastroni o ciottoli fluviali. Nel caso della tomba 5, tuttavia, si documenta una doppia copertura consistente, a un livello superiore, in lastre di conglomerato e frammenti di grossi dolia, mentre, nella parte inferiore, in una serie di tegoloni deposti direttamente sull’inumato e tali da far sembrare che si trattasse di una tomba a cappuccina. Riguardo all'organizzazione interna della necropoli, si precepisce una sorta di disposizione anulare delle fosse, che fa supporre una divisione in vari nuclei, o in gruppi familiari. Tuttavia, la stratigrafia, fortemente compromessa, non permette una chiara lettura della struttura organizzativa interna del sepolcreto, né la presenza di aree riservate alla sepoltura di personaggi eminenti, elementi utili a una ricostruzione del livello sociale delle comunità che popolavano la zona. L’orientamento delle fosse non si può inquadrare in uno schema fisso e ricorrente, perché risulta variabile. Generalmente, i defunti sono disposti a SE, ma non mancano orientamenti a NE, a N e a E. In base al corredo sono state individuate tre fasi diverse della necropoli: 1) VII –VI secolo a.C., caratterizzata dalla ceramica d’impasto o di argilla depurata; 2) V secolo a.C., con presenza di ceramica geometrica di tipo daunio; 3) IV –III secolo a.C, con un numero più esiguo di sepolture, e caratterizzato dalla scarsezza di materiale ceramico, ascrivibile al tipo a fasce o di Gnathia. In base agli oggetti che fanno parte del corredo, e alla percentuale di tombe, il momento di massimo utilizzo del sepolcreto è stato individuato nel VI secolo a.C. Purtroppo, in base agli studi condotti nella zona fino ad oggi, ancora non è possibile definire a che tipo di abitato facesse riferimento la necropoli, e soprattutto, la posizione esatta dell’insediamento. La presenza di una seconda necropoli a una distanza ridotta, e in condizioni geomorfologiche simili a quelle di Contrada Porticone, cioè nella zona di Difesa Grande di cui, ancora una volta, mancano notizie riguardo l’abitato, può suggerire la presenza di un insediamento di tipo sparso. Il corredo è, generalmente, disposto ai piedi della fossa e allo stesso livello del piano di deposizione del defunto. In alcuni casi, però, all’interno della fossa si nota la presenza di un gradino sopraelevato, su cui era posto il corredo vascolare, o anche la presenza di una lastra posta perpendicolarmente alla fossa, che la separa dal corredo stesso. Alcune tombe della necropoli sono state definite “distinte” poiché rispettano rituali di inumazione in posizione rannicchiata o a incinerazione, pratiche estranee al costume locale, e sembrano, pertanto, relative a individui provenienti da diverse culture, o forse aventi un ruolo di prestigio all’interno della comunità . In generale, il corredo maschile si riconosce dalla presenza di rasoi di bronzo, armi come cuspidi di lancia e giavellotto in bronzo e ferro, del tipo comune a lama foliata a sezione romboidale, con innesto a cannone; si rinvengono inoltre coltelli a codolo, spiedi in ferro, un solo esempio di spada a lingua di presa, tipicamente picena, e nelle sepolture più recenti, probabilmente anche cinturoni di bronzo, di cui è attestato solo un unico esempio. Presente anche lo spiedo, oggetto diffuso nelle necropoli coeve del centro Iatlia, quale simbolo di ricchezza, legata al banchetto e al consumo della carne, tipici del mondo aristocratico. Le fibule sono abbastanza rare e presenti solo nella tomba 12 e 131: nel primo caso si tratta di una fibula di ferro “a bozze”, nel secondo di un esemplare “ad arco” con apofisi. Il corredo femminile, invece, comprende fibule di bronzo e di ferro, armille, pendenti d’ambra e in ferro del tipo a “batacchio”, vaghi di pasta vitrea e raramente fuseruole. Notevolmente documentata la presenza di ambra, rappresentata dai pendenti a forma di mascherine o in semplici vaghi di collana. Numerosi, poi, sono gli anelloni da sospensione in bronzo, posti, di solito, sul bacino dell’inumata quale simbolo di fertilità femminile. Sono documentate anche tombe di bambini, con un corredo molto scarso, costituito da un numero esiguo di fibule, a volte una sola, dello stesso tipo di quelle indossate dagli adulti, mentre per gli adolescenti è frequente la fibula ad arco rivestita d’ambra od osso. La creamica, invece, è rappresentata da grossi contenitori, olle, e da attingitoi, solitamente decorati con motivi geometrici a imitazione di quelli della Daunia. A Termoli,infatti, la produzione vascolare sembra essere di tipo locale, e per l’età arcaica trova confronti con la ceramica catalogata da E. De Juliis come “subgeometrico daunio I e II”

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