episodi dell'Antico Testamento

dipinto, 1190 - 1199

Ciclo di affreschi raffiguranti Storie dell'Antico Testamento, disposte su tre registri. Il registro superiore comprende: Creazione del Mondo; Creazione di Adamo; Creazione di Eva; Adamo da un nome agli animali; Peccato originale; Ammonimento di Adamo ed Eva; Cacciata dal Paradiso. Nel registro intermedio: Sacrificio di Caino e Abele; Caino uccide Abele; Avviso a Noè; Costruzione dell'arca; Noè con famiglia nell'arca; Abramo e i tre angeli; Sacrificio di Isacco; scena assai frammentaria il cui soggetto risulta di difficile identificazione; Isacco benedice Giacobbe. Registro inferiore: l'unica scena leggibile è l'episodio di Giuseppe in Egitto. Altre quattro scene sono pervenute allo stato di frammenti. Il ciclo è concluso in alto da una cornice decorativa. Le singole scene sono inquadrate da colonnine dipinte e commentate da un titulus esplicativo. Il ciclo veterotestamentario continua nella fascia superiore della parete destra, dove sono raffigurati Patriarchi e Profeti

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Umbro-laziale
  • LOCALIZZAZIONE Ferentillo (TR)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Fino al 1869 il ciclo pittorico delle pareti laterali, raffigurante Scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, rimase ignorato perché coperto da una scialbatura di calce. Fu Guardabassi (1872) il primo a citare gli affreschi, da poco liberati dalla calce e fatti restaurare per interessamento degli Ancajani al pittore spoletino G. Catena. Il ciclo pittorico ha suscitato attribuzioni e datazioni contrastanti. Guardabassi (1872), che lo data al sec. XII, vi riscontra "un carattere assolutamente bizantino" e ritiene "che questi dipinti emanino dalla scuola degli alluminatori umbri fondata dai monaci che vennero d'Oriente". De Rossi (1875), assegnandoli al sec. VIII o IX, li giudica di stile "più italiano che bizantino" e vi vede un carattere tenacemente tradizionale. Per Schmarsow (1905), il ciclo è un'opera del più puro stile romanico in territorio italiano. Van Marle (1923), rilevando la vicinanza degli affreschi a quelli di S. Giovanni a Porta Latina a Roma, ritiene che essi siano da classificarsi "con il gruppo romano anziché con quello di Spoleto che prese uno sviluppo diverso". Lo studioso spiega così, con la derivazione dalla rinascita dello stile paleoromano, la monumentalità delle figure e gli attegggiamenti maestodi, ossia una concezione classica, che rileva nelle scene di Ferentillo con maggiore evidenza di quanto non avvenisse negli affreschi di S. Giovanni. Con Toesca (1927) la datazione del ciclo si fissa alla fine del sec. XII. Gaeta (1954) nota un evidente riferimento alle miniature locali dei secc. XI e XII, all'antica tradizione paleocristiana (S. Pietro e Paolo Fuori le Mura a Roma) e alle pitture più o meno contemporanee di S. Giovanni a Porta Latina a Roma e di S. Paolo Inter Vineas a Spoleto. Matthiae (1966) afferma che gli affreschi, pur traendo materia da un fondo umbro-romano della prima metà del sec. XII, sono tipicamente umbri ed estranei all'ambiente romano. Demus (1969), concordando con la lettura di Gaeta, asserisce che il ciclo è riconducibile a influssi paleoromani e databile all'ultimo terzo del sec. XIII. Fabbi (1971) attribuisce gli affreschi alla scuola spoletina di ascendenza romana precavalliniana. Borsellino (1974) riscontra nel ciclo la mano di diversi artisti, due dei quali definisce "Maestro della Creazione" e "Maestro del Ringraziamento di Noè". Egli nota un evidente riferimento alla miniatura locale dei secc. XI e XII (confronto con le Bibbie atlantiche di Perugia, di Todi, di S. Cecilia, del Pantheon, di Parma) e alla tradizione paleocristiana. Lo studioso ripropone il confronto con il ciclo di S. Giovanni a Porta Latina (valido solo sul piano iconografico, perché il ciclo manca dell'impostazione monumentale e della ricchezza di Ferentillo) e con quello di S. Paolo Inter Vineas (concezione più povera della composizione e minore qualità stilistica). Esclude invece nei dipinti gli influssi bizantini: gli affreschi si distaccano anzi nettamente dalla tradizione bizantina per la salda campitura delle figure nello spazio, per le forti linee dei contorni, elementi che si richiamano invece alla tradizione della pittura romana. Parlato (1994) preferisce separare il discorso relativo alle scelte iconografiche e alle soluzioni formali - spesso mutuate da codici minati - da quello stilistico. Mentre infatti l'elemento distintivo del ciclo, la scenotecnica adottata, si rivela quale retaggio antichizzante, frequente nella tradizione pittorica medievale romana e comune ai cicli di S. Giovanni a Porta Latina e di Marcellina, il tipo di pittura appare diverso e quasi opposto a quello adottato in quest'ultimo esempio. Anche Bertelli (1994) sposta l'attenzione su questioni iconografiche, notando come nel sec. XII la situazione romana appaia stagnante, mentre l'impegno della pittura in Umbria, dove rivivono i cicli delle grandi basiliche romane, dimostra il grande prestigio storico del patrimonio di immagini dell'Urbe. L'importanza del ciclo di Ferentillo supera dunque quella degli affreschi di S. Giovanni a Porta Latina, i quali riprendono in modi superficialmente decorativi il grande esempio umbro, che dimostra al contrario di essere frutto della capacità di rivivere con consapevole impegno il grande patrimonio culturale romano. Un'interessante osservazione - relativa alla tecnica pittorica, ma con risvolti pertinenti al discorso della distinzione delle diverse mani che avrebbero partecipato all'impresa pittorica - è quello che riguarda il modo di campire gli incarnati delle figure. Nonostante il fatto che lo stato di abrasione degli intonaci e il frequente inscurimento degli strati pittorici determinato dall'alterazione degli antichi fissativi applicati non ne permettano sempre una perfetta lettura, risulta evidente che l'esecuzione degli incarnati avviene secondo modi differenti: si va da un canonico uso della tecnica del "verdaccio", all'impiego di un impasto di colore rosato lumeggiato con sfumature più chiare, a una tecnica che cerca di conciliare queste due diverse pratiche
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000003864-0
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 1977
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 1997
    2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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