archibugio a pietra focaia di Michele Lorenzoni - produzione fiorentina (fine/ inizio XVII/ XVIII secc)

archibugio a pietra focaia, post 1691 - ante 1709

Arma da fuoco portatile. Canna in acciaio a tre ordini: tonda, sfaccettata e quadra, filettate ai congiungimenti; sottomano in ferro scolpito a volute

  • OGGETTO archibugio a pietra focaia
  • MATERIA E TECNICA Bronzo
    ARGENTO
    radica di noce
    FERRO
    ACCIAIO
  • AMBITO CULTURALE Produzione Fiorentina
  • ATTRIBUZIONI Michele Lorenzoni (notizie Dal 1684 Al 1733)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Musei del Bargello - Museo Nazionale del Bargello
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo del Bargello
  • INDIRIZZO via del Proconsolo. 4, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Arma da caccia appartenuta al Gran Principe Ferdinando, come suggerische lo stemma con corona granducale chiusa. Al Bargello il monogramma FM si trova sugli archibusi AM 87 e AM 134 (canne firmate da Cristoforo Leoni di Pistoia), AM 119 (piastra firmata da Sebastiano Acquafresca), AM 68 (piastra firmata da Michele Lorenzoni). Inoltre si trova sulla coppia di pistole della ex collezione Odescalchi (inv. 32-33 firmate da Matteo Acquafresca, figlio di Sebastiano); su due archibusi della collezione Terenzi (canne firmate da Cristoforo Leoni di Pistoia); sulla coppia di pistole della collezione Hallwyl di Stoccolma (inv. A 24); sulla canna dell'archibuso conservato nella collezione Scheremetew di San Pietroburgo (canna firmata da Giovanni Battista Leoni di Pistoia e piastra da M. Botti, probilmente esponente della famiglia di archibugiari di Lumezzane). Inoltre, il monogramma si riscontra, intarsiato in argento, sul calcio dell'archibuso a due colpi T 105 dell'Armeria Reale di Torino, firmato dall'archibugiaro inglese Andrew Dolep, proveniente dall'armeria medicea e appartenuto a re Vittorio Emanuele II, che probabilmente l'aveva preso dalla collezione del nonno materno, il Granduca di Toscana Ferdinando III. La corona è una semplificazione a cinque punte della corona granducale, sicuramente per le dimensioni ridotte del punzone (unica eccezione è il monogramma sul calcio dell'archibuso di Torino T 105 che, essendo di grandi dimensioni, riporta la corona granducale completa). La corona chiusa era stata concessa a Cosimo III dall'imperatore Leopoldo il 5 febbraio 1691, come era stato precedentemente concesso ai Savoia: fu riconosciuta da Spagna e Francia, dal Papato nel 1699 e Cosimo III ottenne ufficialmente il titolo di altezza reale solo nel 1702. Tuttavia sulla sua tomba nelle Cappelle Medicee campeggia lo stemma con corona aperta. In passato le lettere del punzone sono state interpretate come AM per A(rmeria) M(edicea) o A(rsenale) M(ediceo), ma tale ipotesi fu scartata dal Boccia dal momento che non è mai esistito un Arsenale Mediceo così denominato e che l'Armeria Medicea propriamente detta non ha mai marcato le armi in deposito. Priva di fondamento fu l'ipotesi che vedeva nel monogramma la firma di Matteo Acquafresca: infatti, lo stesso punzone si trova in armi le cui canne sono firmate da altri armaioli (come quelle di Cristoforo Leoni), ed inoltre gli Acquafresca non costruirono mai le canne nella loro officina ai Pianacci. Osservando meglio le lettere ci si accorge che in realtà si tratta di una M e di una F in una elegante corsiva maiuscola calligrafica, intrecciate tra loro e con l'aggiunta di una F specularmente simmetrica. L'ipotesi quindi più probabile è che si tratti di un punzone di proprietà. Trattandosi di armi prodotte tra gli anni Sessanta del XVII secolo e gli anni Dieci del secolo successivo, il punzone può essere del gran principe Ferdinando (nato nel 1663 e morto, prima del padre, nel 1713 di conseguenza non divenendo mai granduca) oppure del cardinale Francesco Maria (nato nel 1660 e deceduto nel 1711). Tuttavia la presenza della corona e il trofeo d'armi militari, che accompagna il monogramma sull'archibuso del Bargello firmato dal Lorenzoni, porterebbe ad escludere il cardinale Francesco Maria come proprietario di queste armi. Pertanto il periodo di produzione dovrebbe rientrare in una forbice cronologica che comprenda almeno il 1673, quando il gran principe aveva dieci anni ma si cimentava già in battute di caccia al daino con la carabina, e il 1709, l'anno in cui fu colpito dalla emiplegia, che lo rese inabile e poco dopo lo portò alla morte. Questo archibuso funzionava con il cosiddetto sistema misto: inserite le palle nel calcio (che ha una capacità di circa 25 palle), la polvere nel serbatoio, e il polverino nell'astuccio della piastra, si doveva ruotare il manubrio in senso orario, tenendo la canna del fucile inclinata verso il basso. Una palla cadeva nel tamburo e, di qui, nella camera tronco-conica della canna e, dietro di essa, la polvere si raccoglieva nella camera di scoppio e il polverino nel bacinetto. La rotazione antioraria del manubrio sistemava nella corretta posizione camera di scoppio e bacinetto. Inoltre, nella rotazione, il nottolino fissato al tamburo azionava cane e batteria, predisponendo l'arma per il fuoco. Rispetto al meccanismo “a tutto indietro”, il sistema “misto” riduceva notevolmente la probabilità di ferite al volto del tiratore in caso di scoppio del serbatoio della polvere, proprio per questo alloggiato sotto la canna. Michele Lorenzoni fu archibugiaro senese attivo a Firenze dal 1684 e morì nel 1733, producendo soprattutto archibusi da caccia firmati e datati tra il 1684 e il 1711. Celebre è la sua produzione di armi con sistema “a tutto avanti”, tanto che per lungo tempo è stato considerato l'ideatore di tale tipologia (il Boccia lo chiamava ancora nel 1995 “sistema Lorenzoni”). Oggi sappiamo che archibusi con sistema simile a quello “a tutto avanti” erano già stati brevettati nel 1641 da Caspar Kalthoff di Copenhagen. Databile al 1665-1670 è un archibuso a ripetizione con sistema Kalthoff firmato da Francesco Berselli, esponente di una famiglia di archibugiari bolognesi noti per aver sperimentato nuove soluzioni tecniche, e forse è proprio costui il vero ideatore del sistema “a tutto indietro” in anni non lontani dal brevetto di Kalthoff. Pietro Parreaux produsse a Verrua un vero e proprio modello “a tutto avanti” (opera esposta in Armeria Reale a Torino e inventariata M 66), mentre archibusi con il sistema “a tutto indietro” probabilmente furono ideati da Giacomo Berselli già negli anni Ottanta del XVII secolo. I sistemi a ripetizione attirarono molto gli archibugiari italiani, come i bolognesi Berselli, Bondioli e Costantini, gli Acquafresca dei Pianacci, il torinese Bartolomeo Cotel, il già citato Pietro Parreaux, i Lefer di Valenza Po e l'orologiaio Pietro Callin di Genova. Altri archibusi firmati dal Lorenzoni sono conservati in Armeria Reale a Torino (M 64 a “sistema misto”; M 63 con sitema “a tutto avanti”), nella Hofjagd-und Rustkammer del Kunsthistorisches Museum di Vienna (D 371 archibuso a focile; D 372 con sistema “a tutto avanti”); sono presenti a Vienna anche due pistole firmate dal Lorenzoni (la coppia A 1446 e A 1447). Al Museo Nazionale del Bargello sono conservati altri due archibusi a ripetizione del Lorenzoni (AM 67 e AM 69) e una piastra firmata e montata sull'archibuso AM 176. Al Museo di Storia della Scienza di Firenze erano conservate altre due armi firmate dal Lorenzoni, oggi però perdute. Nell'Armeria Reale di Torino si conservano, sempre firmate dal Lorenzoni, l'archibuso “a tutto avanti” M 63 e l'esemplare “a sistema misto” M 64. Al Victoria and Albert Museum di Londra si conserva la pistola a tre canne rotanti, proveniente dal Guardaroba Mediceo, M 546-1924; mentre al Töjhunsmuseet di Copenhagen è conservato l'archibuso “a tutto indietro” B 1006. Trascrizione dall'Inventario del 1878: «Archibuso simile al sopra descritto avente in fondo alla canna un cilindro o disco disposto verticalmente nel piano dell'arma, il quale girando dall'innanzi all'indietro per mezzo di un manubrio esterno, viene a ricevere in due incavi praticati nella periferia, e da due serbatoi esistenti nel calcio una palla ed una carica di polvere, e all'opposto movimento abbandona il proiettile nella canna il quale trattenuto da un restringimento esce forzato, e dietro di esso la polvere. L'asse del cilindro girando solleva ed arma il cane, abbassa la martellina e per mezzo di un altro piccolo magazzino sistemato accanto allo scudetto ne rinnova l'esca. Appena sparato il colpo un movimento di manubrio in andata e ritorno basta a ricaricare e a disporre l'arma per il tiro. Lung. della canna m 0,82, lung. totale m 1,30.»
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0901142963
  • NUMERO D'INVENTARIO AM 68
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA I Musei del Bargello - Museo Nazionale del Bargello
  • ENTE SCHEDATORE I Musei del Bargello - Museo Nazionale del Bargello
  • DATA DI COMPILAZIONE 2019
  • ISCRIZIONI sul tamburo di bronzo - Firenze - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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