benedizione del fuoco e accensione del cero

miniatura,

La scena è divisa in più parti: al centro un frate accende il fuoco, sulla destra l'arcivescovo benedice le braci contenute in un bacile sorretto da un diacono, sulla sinistra un diacono accende il cero pasquale mentre un gruppo di donne osserva la scena

  • OGGETTO miniatura
  • AMBITO CULTURALE Ambito Pisano
  • LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
  • INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE canto della Resurrezione e nel contempo acceso il cero pasquale. Le raffigurazioni che illustravano il testo erano dipinte in senso contrario rispetto al cantore, che doveva leggere e intonare i canti in modo che potevano essere ben visibili dai fedeli. Generalmente queste proponevano scene dell'Antico e del Nuovo Testamento e i momenti più importanti legati strettamente alla liturgia di Pasqua. Il rotolo qui esaminato dovrebbe essere stato e seguito in ambito pisano intorno alla metà del XIII secolo in quel momento di rinnovo della suppellettile ecclesiastica che interessò il Battistero alla metà del secolo a partire dal fonte battesimale di Guido di Como fino al pulpito di Nicola Pisano. Sicuramente i miniatori locali furono influenzati dalla tradizione della produzione meridionale che era presente nel territorio pisano e lucchese con l'Ordine monastico degli Eremiti Pulsa nesi provenienti da Santa Maria di Pulsano, diocesi di Manfredonia, e che si erano trasferiti in Toscana a partire dalla seconda metà del secolo precedente. Gli studiosi si sono dibattuti a lungo sull'origine meridionale del rotolo o di una sua elaborazione in ambito pisano da parte di un artista in contatto con l'opera del Maestro di San Martino o all'attribuzione, almeno parziale, al Maestro stesso. Il Bertaux (1904) lo ritiene di un m iniatore toscano attivo agli inizi del '300; la Avery (1936) propende invece per l'Italia meridionale; il Muzzioli nel catalogo della Mostra della Miniatura del 1953 lo assegna genericamente all'Italia centrale e al XIII secolo; il Carli (1957, 1974) lo attribuisce a scuola pisana distinguendo due diverse mani nella esecuzione delle miniature attribuendone cinque al Maestro di San Martino; Il Degehnart e la Schmitt (1968) lo riconfermano ad un maestro pisano vicino al Maestro di San Martino datandolo all'ultimo decennio del secolo; la Dalli Regoli (1972, 1986) lo riconduce ad un miniatore diverso dal Maestro di San Martino che ripete a tratti le tipologie caratteristiche degli Exultet meridionali; la Calderoni Masetti (1984 , 1994) infine, lo ascrive ad ambito pisano ed eseguito intorno al 1240-1260 per la committenza di arcivescovi di grande rilievo quali Federico Visconti (1254-1277) o il suo predecessore Vitale (1218-1253). La studiosa, pur riscontrando legami con l'arte meridionale, individua nelle "slanciate figure avvolte in ampi mantelli dal panneggio fitto e pluridirezionale, per le masse cromatiche incise da strigliature luminose, per i bianchi volti appena caratterizzati nei lineamenti da sottili linee di inchiostro e da lievi ombreggiature all'acquerello" (1984, p. 216) anche un influenza europea derivante sia dall'arte dei maestri vetrai francesi e tedeschi attivi ad Assisi nelle vetrate della Basilica Superiore, sia dall'arte orafa dei maestri limosini le cui opere sono documentate nel territorio pisano fino dall'ultimo venticinquennio del XIII secolo. Lo stesso motivo a racemi e volute che incornici a tutto il rotolo deriva chiaramente dalla tradizione orafa. La studiosa riconosce comunque la presenza di due mani nella stesura del ciclo figurativo, ciclo che veniva illustrato prima della parte grafica e vede nello scriba l'autore del fregio che delimita il testo su tutti i lati. Il programma iconografico dell'Exultet è particolarmente selettivo e privilegia le i mmagini cristologiche e quelle relative alle funzioni del Sabato Santo, non concedendo spazio a temi naturalistici presenti invece in quasi tutti i rotoli conosciuti. Il rotolo è composto da otto parti incollate fra loro. La prima sezione fu sostituita, probabilm ente nell'ultimo ventennio del XIX secolo, con una copia su pergamena moderna. L'originale fu però fortunatamente conservato e rincollato al suo posto durante il restauro della fine degli anni Ottanta
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900769219-3
  • NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00769219_03
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2014
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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