San Michele Arcangelo combatte il drago

rilievo, 1150 - 1199
Riccio (notizie Seconda Metà Sec. Xii)
notizie seconda metà sec. XII

Altorilievo con Arcangelo Michele

  • OGGETTO rilievo
  • MATERIA E TECNICA marmo/ scultura
  • MISURE Altezza: 100 cm
    Lunghezza: 49 cm
    Larghezza: 43 cm
  • ATTRIBUZIONI Riccio (notizie Seconda Metà Sec. Xii)
  • LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
  • INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'Arcangelo è nella posa canonica, mentre, ritto in piedi, schiaccia il drago, personificazine del maligno, e lo colpisce con la lancia (una posa analoga ha l'Arcangelo conservato nella pieve di Groppoli [Pistoia] e quello nell'architrave con l'entrata in Gerusalemme firmato da Biduino, conservato nella raccolta Mazzarosa di Lucca, entrambi opere della seconda metà del XII secolo); la figura sta con il corpo e la testa di "tre quarti", rivolti a sinistra, con le gambe arcuate per sottolineare la pressione sul mostro e il volo; le braccia sono piegate: quella destra, lontana dal corpo, con la mano che impugna l'asta della lancia (perduta), quella sinistra, appoggiata sul petto, con la mano aperta che regge un fiore, tenendolo sul cuore. La presenza del fiore, a prima vista strana, si può spiegare sia come attributo frequente delle schiere angeliche (ad esempio, in un capitello proveniente dal campanile del Duomo, oggi in una collezine privata di Torino: Castelnuovo 1990, pp. 11-15), sia come richiamo all'arcangelo Gabriele, che si presentava a Maria con un giglio, secondo un uso non raro di fondere in un unico personaggio attributi di più angeli, come si verifica nell'architrave Mazzarosa già ricordato, dove l'arcangelo Michele reca nella mano sinistra il disco crucifero, attributo di Raffaele, e negli arcangeli presenti nella fontana di Roberto, in San Frediano a Lucca (seconda metà del XII secolo). Il drago, dai pochi resti visibili (una piccola parte del corpo con un pezzo di coda e di ala e una zampa), si presenta con particolari morfologici non molto consueti, come le due file di "bottoncini", che evidenziano la spina dorsale dell'animale, al posto di quella sola usuale a Pisa, e l'assenza di squame sul corpo liscio, attraversato, come nell'ala, da incisioni orizzontali (qualche analogia con questo drago presenta quello nel "Fregio delle cacce"). Si noti che l'arcangelo non venne eseguito per una destinazione diversa dall'attuale, come rivela il taglio a cuneo per inserirlo tra le due arcatelle, che non ha intaccato parti della figura e presenta la rosetta, che faceva parte della decorazione della ghiera dell'arcata a destra del rilievo. L'opera, sebbene rovinata, mostra ancora i caratteri originali; il personaggio indossa una lunga tunica che ricopre, lasciandolo visibile, tutto il corpo, dalla corretta resa anatomica e dagli arti ben proporzionati; la testa, leggermente inclinata (un espediente per la visione dal basso, come il braccio destro a tutto tondo e la grande mano sinistra che tiene il fiore), presenta gli zigomi lisci, la bocca sfettata, gli occhi dalle palpebre con doppia incisione e i capelli sciolti in singole ciocche, gonfie e corpose, terminanti in riccioli; si notino anche i complessi panneggi della veste, che presenta scanalature parallele, leggermente arcuate, dal profilo largo e ondulato sul petto e sulle braccia (dove si infittiscono) e, nella parte inferiore, un andamento curvilineo e sovrapposto, dai solchi più superficiali che seguono la linea delle gambe. L'arcangelo, essendo il pezzo originale dimaggiore mole pervenuto dalla facciata del Duomo, è sempre stato presente nel dibattito critico sulla scultura romanica pisana; esposto alla mostra della scultura pisana del Trecento e alla Mostra Trésors d'art du moyen-Age en Italie, venne attribuito dapprima a biduino (Toesca 1927, p. 899, nota 45), quindi è stato accostato più genericamente alla maestranza di Guglielmo da Sanpaolesi (1956-1957, pp. 330-33), Carli (1974, pp. 13-14) e Baracchini (1986 b, pp. 70-71), che lo ritengono di un suo allievo. La nota stilistica caratterizzante di quest'opera è il modo di fare gli occhi, con le palpebre incise più volte, un uso che non si riscontra in alcuna delle opere attribuite a Guglielmo, a partire dal pulpito oggi a Cagliari, e che invece si ritrova in altre parti della facciata, come nelle protomi delle imposte del primo e del quarto ordine di arcate (purtroppo tutte copie ottocentesche), oltre che nelle opere di Biduino (di qui l'antica attribuzione); tuttavia, in facciata non si può riconoscere pienamente la mano di Biduino, come ad esempio appare completamente sviluppata nei rilievi del primo piano del campanile del Duomo pisano, la prima opera nota di lui e quasi sicuramente contemporanea all'esecuzione delle parti terminali della facciata. Abbiamo elementi che sono presenti nel repertorio biduinesco, come le palpebre incise e ben rilevate; ma la squadratura dei volti, ben proporzionata (vicina in questo ai modi di Guglielmo e, ad esempio, al vicino angelo -cfr. 00000233), l'assenza della smascellatura e delle gote rigonfie, il sistema di pieghe, vario e complesso, pieno di vortici e molto mosso (del tutto diverso sia dal panneggiare di Guglielmo che da quello, molto monotono a semplici striature parallele, del Biduino dell'Entrata in Gerusalemme di San Casciano a Settimo [Pisa], del 1180 circa) ci induce a ritenere che si sia di fronte a un altro maestro. [Continua in OSS]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà persona giuridica senza scopo di lucro
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665595
  • NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00665595
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • DATA DI COMPILAZIONE 1995
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
    2014
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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