San Carlo Borromeo comunica un appestato

dipinto,

Entro un'ampia stanza, davanti a una parete scura, un malato ignudo è adagiato su un lettuccio posto obliquamente, di scorcio; sulle lenzuola è stesa una coperta di color ruggine spento. L'infermo ha le mani al petto e volge il viso a destra, verso San Carlo (piviale e stola rossi, camice bianco) che, accanto al letto, con il calice in una mano, sta per porgergli l'ostia. Attorno al santo vi sono tre chierici dalle lucide calvizie e dalle lunghe cotte bianche: quello davanti, inginocchiato, regge un bicchiere di vino e un lungo cero acceso; degli altri due alle spalle del santo, uno regge un altro cero, ha l'altra mano al petto e tiene il volto chino sul malato, l'altro ha in mano una pezzuola rossa. Di fianco a quest'ultimo, all'estrema destra, un fanciullo avvicina al viso, che è illuminato dal bagliore della brace, un turibolo aperto per soffiarvi sopra. All'estrema sinistra, sull'altro lato del letto, due fantesche dai copricapi di tela bianca e un bambino conversano fra loro, sottovoce, e accennano al malato con un gioco di mani abilmente scorciate. Nello sfondo, a sinistra, un'apertura nel muro lascia intravedere lo stipite e l'architrave di una porta e una parte di finestra; in una stanza che continua sulla destra vi sono cinque persone al capezzale di un altro malato

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Saraceni Carlo (1579 Ca./ 1620)
  • LOCALIZZAZIONE Cesena (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Francesco Arcangeli (1966), in base a considerazioni stilistiche, ha attribuito il dipinto al Saraceni. Giuseppe Sirotti, maestro cesenate morto nel 1971, nelle sue notizie dattiloscritte sul santuario, ivi conservate, a pp. 11-12, parla del cardinale Francesco Albizzi (1593-1684), proprietario dell'altare, e del suo testamento rogato l'1 ottobre 1684, in cui la tela in esame è menzionata come "opera di Carlo Veneziano". All'inizio del XIX secolo anche l'erudito cesenate Carlo Antonio Andreini riferisce come l'opera, di mano del Saraceni, venne posta per ordine del cardinale Albizzi, nel contesto della realizzazione dell'ancona nell'altare già in possesso del casato cesenate. Ciò avvenne tra il 1677 e il 1683. Non è nota la destinazione originaria del dipinto, per la quale è stata ipotizzata, fra le altre, la chiesa dei Mercedari a Roma (Gallo 2007); la tela è stata altresì ipoteticamente identificata nel "San Carlo che communica un ammalato" di mano di Carlo Veneziano, registrato nell'eredità del cardinale Gerolamo Farnese nel 1668 (Francucci 2013). Certo è che fu il cardinale Albizzi a condurre la tela da Roma, ove risiedeva, alla sua città natale. Gli studi hanno rilevato come non potè tuttavia essere lui il committente originario, in quanto solo nel 1623, allorché Saraceni era già morto, egli allacciò veri e propri contatti con Roma. Opera di alta qualità, la pala appartiene agli anni finali dell'attività dell'artista veneziano, e "mostra, nella felicità dei suoi esiti, quanto gli obiettivi del pittore siano distanti da quelli caravaggeschi; non vi è dramma, non concitazione di gesti, ma la solennità di un momento dal quale ogni crudezza è stata abolita" (Savini 1998). A Cesena il dipinto non sortì conseguenze di rilievo, poiché, quando vi giunse, il suo linguaggio appariva ormai superato
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800078488
  • NUMERO D'INVENTARIO 27
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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