Latona e i contadini della Licia. Metamorfosi
L'affresco rappresenta il mito di Latona, che tramuta in rane i contadini della Licia, i quali le hanno impedito di abbeverarsi allo stagno, presso cui si è fermata a riposare con i neonati Apollo e Diana durante la sua fuga dall'ira di Giunone. La bionda dea è raffigurata in primo piano sulla destra, a piedi nudi, seduta a terra con la schiena poggiata al tronco di un albero inclinato verso destra, di cui si vedono solo il tronco e un paio di rami mozzi. La dea indossa una veste bianca di taglio classico, allacciata attorno al collo e con maniche corte a sbuffo, la quale le lascia scoperto il seno; un manto purpureo ricade dal braccio destro, sollevato verso il cielo palmo all'insù per lanciare la sua maledizione contro i contadini, e la avvolge posteriormente, fungendo anche da seduta. I capelli sono raccolti in una crocchia matronale. Il volto rivolto verso l'alto accompagna il movimento di supplica della mano destra. Diana le sta seduta in braccio, avvolta in una veste bianca più satura rispetto a quella della madre: volge la testa verso destra, come attratta da un elemento al di fuori della scena, mentre la mano sinistra è levata verso il seno di Latona in un gesto di rassicurazione tipicamente infantile. Anche Apollo sembra cercare riparo presso la madre: in piedi alla sua destra, si slancia verso di lei, sovrastandole la coscia con il busto, le braccia protese verso il suo petto. Biondo come la madre e la sorella, il piccolo dio indossa una veste cerulea, che nel movimento crea degli sbuffi attorno alla schiena e alla gamba sinistra protesa. Dalla parte opposta al trio, in secondo piano, con le gambe immerse nello stagno ricoperto di giunchi, sono raffigurati i contadini della Licia mentre subiscono la metamorfosi. Sono riconoscibili quattro figure a diversi gradi di trasformazione: il contadino più vicino alla riva, con la tunica giallo zafferano e le braccia protese in avanti, rivolge all'indietro verso i compagni il volto già tramutato in rana, al pari delle mani; alla sua sinistra un contadino, che dà le spalle all'osservatore e di cui si vede solo la gamba destra, indossa una tunica rossa e tiene un falcetto nella mano destra, e presenta anch'egli la testa di rana. Subito dietro di lui si riconosce la forma di un altro contadino, già mutato in rana nella testa e nelle braccia, come il contadino alle spalle del primo con la tunica gialla, che si aggrappa ai giunchi dello stagno con un braccio completamente anfibio e quello sinistro con solo accennato un tono verdognolo all'altezza della mano, mentre anche il volto è trasformato e di umano resta per il momento il corpo, ricoperto di una tunica celeste. Sopra il gruppo degli uomini-rana si libra su una nuvola Giove, accompagnato dall'aquila nera e reso ancor più riconoscibile dai fulmini, che tiene stretti in numero di tre con la mano destra, e dallo scettro nella sinistra, nonché dalla corona dorata sul capo. Indossa una veste color crema, che ondeggia al vento, e volge lo sguardo in direzione di Latona. Sullo sfondo della composizione le fronde di un boschetto appena accennato sono piegate dal vento verso sinistra
- OGGETTO affresco
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MATERIA E TECNICA
intonaco/ pittura a mezzo fresco
- AMBITO CULTURALE Ambito Veneto
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ATTRIBUZIONI
Primon, Michele (attribuito): pittore
- LOCALIZZAZIONE Complesso Cavalli
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Gli affreschi sono oggi unanimamente attribuiti al frescante padovano Michele Primon sulla scorta di un confronto stilistico con la produzione (siglata) in Villa Contarini a Piazzola sul Brenta. A confermare l'attribuzione interviene anche l'inventario delle collezioni della famiglia Cavalli, redatto il 6 luglio 1722 dal pittore Zuanne Scopin, oggi irrintracciabile ma pubblicato da Pompeo Gherardo Molmenti nel suo volume del 1880, il quale recita: "Dieci quadri dipinti a fresco, tre sopra porte, sei sottobalconi, dieci sotto ovadi, sei soprabalconi, due medaglie con puttini e fiori et adornamento alle due porte, una va sopra le mura, l’altra in giardin; il tutto di mano di Primon"
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
detenzione Ente pubblico non territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500699529-1.2
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso
- ENTE SCHEDATORE Università degli Studi di Padova
- DATA DI COMPILAZIONE 2018
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0