Costruzione di Porta Leona

dipinto murale, post 1574 - ca 1579

Dipinto murale su superficie leggermente inclinata (espediente per evitare il deposito di particellato atmosferico); la cornice in stucco, originariamente dorata, reca motivo a foglia d'acanto e fila di perline

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA stucco/ modellatura a stampo
  • MISURE Altezza: 4,00 m
    Lunghezza: 4,60 m
  • ATTRIBUZIONI Costa Lorenzo Il Giovane (attribuito): pittore
    Jacopo Di Ughetto (notizie 1576): scultore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Ducale/ D, 1, 1/ Sala di Manto
  • INDIRIZZO p.zza Sordello, 40; p.zza Paccagnini, 3, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto, terza scena della parete meridionale, rappresenta la costruzione di porta Leona. Il soggetto si inserisce nel tema della fondazione ed edificazione di Mantova, cui il ciclo della sala di Manto è dedicato. Tratto caratteristico dell’invenzione sottesa agli otto dipinti della sala è il ricorso a più fonti letterarie, da alcuni studiosi individuate con particolare precisione (Carpeggiani 1993, pp. 133-136; Berzaghi in Algeri 2003, p. 232; Koering 2009; Koering 2013, pp. 326-333) e concordemente accettate dalla critica: innanzitutto l’Eneide virgiliana (libro X) e la Commedia di Dante (Inferno, canto XX); inoltre, il poema intitolato Cronica de Mantua, redatto a fine XIV-inizio XV secolo da Bonamente Aliprandi (De edificazione civitatis Mantue, capitolo III) e, tra le fonti rinascimentali, l’opera di Mario Equicola Chronica de Mantua (Mantova, 1521). Il tema del ciclo, come evidenziato da una lettera del conte Teodoro Sangiorgio al duca Guglielmo (16 aprile 1574, in Cottafavi 1936 [1963], pp. 26-27), avrebbe dovuto ricalcare e riproporre, benchè in forma diversa, la “medesima historia” già ideata da Giovan Battista Bertani per la sala della Mostra, anche detta loggia dei Frutti, dell’Appartamento Estivale (1561 post- 1573 ante). Se tre delle scene della sala di Manto – relative alla costruzione di due porte e di un ponte – illustrano analoghi episodi già dipinti sulla volta del primo ambiente, più problematico è il rapporto che intercorre tra i riquadri che nell’una e nell’altra sala visualizzano la nascita mitica della città: la critica ha opportunamente sottolineato che buona parte del racconto mitologico narrato nella decorazione della sala della Mostra è espunto dal ciclo di Manto, focalizzato piuttosto sulla costruzione materiale di Mantova, in un'ottica di esaltazione delle opere edilizie promosse a garanzia stessa dell'esistenza della città (Koering 2013, p. 332). Parimenti, la componente celebrativa del passato medievale e comunale di Mantova percepibile nel primo ambiente subisce, nella sala di Manto, un ridimensionamento in nome dell'esplicito, determinante ingresso nella storia cittadina della casa regnante Gonzaga (Berzaghi 2002, p. 552). La scena è concordemente identificata sulla base dei versi aliprandini e per analogia con il dipinto sulla volta della sala della Mostra. Nella ricostruzione storica offerta da Stefano Davari (1903, p. 62), la porta detta Leona, la più antica della città, fu il risultato del restauro dell’antica Porta delle Quattro Porte (“dalla cui denominazione si può congetturare che fosse costituita da quattro arcate”) collocata tra i quartieri di Santo Stefano e di San Giacomo, voluto dal Comune nella prima metà del secolo XIV. La nuova costruzione fu dotata di un leone in pietra rossa in facciata, dal quale prese il nome l’intera contrada “del Leone vermiglio”. Davari sottolinea che la Porta detta delle Quattro Porte era certamente una delle più antiche della città, forse anche risalente all’epoca romana imperiale; attorno all’anno Mille essa segnava l’estremo confine occidentale di Mantova. Come nella scena della sala della Mostra – su disegno di Bertani –, anche nel riquadro della sala di Manto dedicato alla costruzione di porta Leona si assiste al proliferante lavoro di operai e garzoni, alcuni in atto di scavare, altri di salire i ponteggi; l'ignoto personaggio centrale, seduto, è affiancato da due segretari, in atto di sottoporgli e discutere documenti e progetti. La scena è completata da figure secondarie, tra cui vari soldati vestiti alla romana. Il riferimento ai versi dell’Aliprandi è riscontrabile, per questo riquadro, in quasi tutte le letture del ciclo (cfr. Koering 2013, p. 329, con bibliografia precedente). Come per tutti gli altri dipinti del ciclo, la responsabilità della scelta del soggetto spetterebbe all'architetto e pittore Giovan Battista Bertani che, ricorda Berzaghi (2014, pp. 282-283, nota 58), già fece ricorso al tema della fondazione di Mantova, oltre che nella citata sala della Mostra, per l'allestimento degli apparati alla porta del Castello in vista dell'ingresso nel 1549 di Caterina d'Austria, sposa di Francesco III Gonzaga. L'esecuzione, mediante tecnica a secco (forse olio), è assegnata da Tellini Perina (1974) a Lorenzo Costa il Giovane, artista mantovano subentrato all'ignoto pittore “forestiero” cui si riferisce la citata lettera di Teodoro Sangiorgio del 16 aprile 1574. L'attribuzione è unanimemente accettata dalla critica (cfr. Gozzi 1976, pp. 37-38; 47-48; Bazzotti, Berzaghi 1986, pp. 11-12; Tellini Perina 1998, p. 120-124; Berzaghi 2002, p. 552; Berzaghi in Algeri 2003, pp. 232-233; L'Occaso 2009, pp. 66-67; Koering 2009; Koering 2013, pp. 326-333). L'opera ha subito alcuni restauri nel corso del XX secolo (v. RST): da parte di Arturo Raffaldini tra 1926 e 1927 e di Marcello Castrichini nel 1990 (Valli 2014, pp. 494-495). Non pare rientrare tra i riquadri della sala sottoposti a restauro tra 1954 e 1955 (G. Gregorietti),%
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267673-5
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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