Approdo di Manto sulle rive del Mincio
dipinto murale,
Costa Lorenzo Il Giovane (attribuito)
1535/ 1583
Jacopo Di Ughetto (notizie 1576)
notizie 1576
Dipinto murale su superficie leggermente inclinata (espediente per evitare il deposito di particellato atmosferico); la cornice in stucco, originariamente dorata, reca motivo a foglia d'acanto e fila di perline
- OGGETTO dipinto murale
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MATERIA E TECNICA
stucco/ modellatura a stampo
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ATTRIBUZIONI
Costa Lorenzo Il Giovane (attribuito): pittore
Jacopo Di Ughetto (notizie 1576): scultore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Collaboratore Di Bertani Giovanni Battista (?)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Ducale/ D, 1, 1/ Sala di Manto
- INDIRIZZO p.zza Sordello, 40; p.zza Paccagnini, 3, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto apre il ciclo di otto scene della sala, la cui lettura procede in senso orario. Il soggetto consiste nell'approdo di Manto sulle rive del fiume Mincio, primo episodio della fondazione ed edificazione di Mantova, cui il ciclo è dedicato. Tratto caratteristico dell’invenzione sottesa agli otto dipinti della sala è il ricorso a più fonti letterarie, da alcuni studiosi individuate con particolare precisione (Carpeggiani 1993, pp. 133-136; Berzaghi in Algeri 2003, p. 232; Koering 2009; Koering 2013, pp. 326-333) e concordemente accettate dalla critica: innanzitutto l’ “Eneide” virgiliana (libro X) e la “Commedia” di Dante (Inferno, canto XX); inoltre, il poema intitolato “Cronica de Mantua”, redatto a fine XIV-inizio XV secolo da Bonamente Aliprandi (“De edificazione civitatis Mantue”, capitolo III) e, tra le fonti rinascimentali, l’opera di Mario Equicola “Chronica de Mantua” (Mantova, 1521). Il tema del ciclo, come evidenziato da una lettera del conte Teodoro Sangiorgio al duca Guglielmo (16 aprile 1574, in Cottafavi 1936 [1963], pp. 26-27), avrebbe dovuto ricalcare e riproporre, benchè in forma diversa, la “medesima historia” già ideata da Giovan Battista Bertani per la sala della Mostra, anche detta loggia dei Frutti, dell’appartamento Estivale (1561 post- 1573 ante). Se tre delle scene della sala di Manto – relative alla costruzione di due porte e di un ponte – illustrano analoghi episodi già dipinti sulla volta del primo ambiente, più problematico è il rapporto che intercorre tra i riquadri che nell’una e nell’altra sala visualizzano la nascita mitica della città: la critica ha opportunamente sottolineato che buona parte del racconto mitologico narrato nella decorazione della sala della Mostra è espunto dal ciclo di Manto, focalizzato piuttosto sulla costruzione materiale di Mantova, in un'ottica di esaltazione delle opere edilizie promosse a garanzia stessa dell'esistenza della città (Koering 2013, p. 332). Parimenti, la componente celebrativa del passato medievale e comunale di Mantova percepibile nel primo ambiente subisce, nella sala di Manto, un ridimensionamento in nome dell'esplicito, determinante ingresso nella storia cittadina della casa regnante Gonzaga (Berzaghi 2002, p. 552). Il dipinto in esame illustra il momento dello sbarco di Manto sulle rive del Mincio: se Carpeggiani (1993, p. 134) individua nei versi danteschi dedicati all’arrivo in terra straniera dell’indovina tebana, “Vergine cruda”, la fonte letteraria della scena (Inferno, canto XX, vv. 82-93), Koering (2009, p. 36) sottolinea che l’episodio, narrato da vari autori, trova nelle parole di Aliprandi una particolare consonanza visiva. Manto, la lunga veste e il capo velato – segno del suo sacerdozio dedicato ad Apollo –, è appena discesa dall’imbarcazione con la quale ha risalito, dalla costa adriatica, la via fluviale del Po e del Mincio. La precede un drappello di uomini in armi, mentre in primo piano appare la poderosa figura distesa e di spalle del fiume Mincio, accompagnata dai consueti attributi iconografici del timone, della canne palustri e, all’estrema sinistra del dipinto, del cigno. La “Cronica” aliprandina rielabora una materia mitologica tramandata da più autori. Varie, infatti, sono le fonti letterarie greche narranti il mito della tebana Manto: pur nelle varianti tra l’una e l’altra versione, è possibile riconoscere nella maga la figura di una donna in fuga da Tebe, caduta in mano agli Argivi (durante la guerra detta dei Sette contro Tebe), e da questi ultimi inviata come bottino presso il santuario di Delfi. Per volere di Apollo la sacerdotessa si sarebbe quindi diretta in Ionia, a Claro, per fondarvi un oracolo e, da lì, infine, verso la costa adriatica della penisola italica, dalla quale mosse risalendo il fiume Po e approdando sulla riva del Mincio, nel cuore di una fertile pianura. Come per tutti gli altri dipinti del ciclo, la responsabilità della scelta del soggetto spetterebbe all'architetto e pittore Giovan Battista Bertani che, ricorda Berzaghi (2014, pp. 282-283, nota 58), già fece ricorso al tema della fondazione di Mantova, oltre che nella citata sala della Mostra, per l'allestimento degli apparati alla porta del Castello in vista dell'ingresso nel 1549 di Caterina d'Austria, sposa di Francesco III Gonzaga. L'esecuzione, mediante tecnica a secco (forse olio), è assegnata da Tellini Perina (1974) a Lorenzo Costa il Giovane, artista mantovano subentrato all'ignoto pittore “forestiero” cui si riferisce la citata lettera di Teodoro Sangiorgio del 16 aprile 1574. L'attribuzione è pressochè unanimemente accettata dalla critica (cfr. Gozzi 1976, pp. 37-38; 47-48; Bazzotti, Berzaghi 1986, pp. 11-12; Tellini Perina 1998, p. 120-124; Berzaghi 2002, p. 552; Berzaghi in Algeri 2003, pp. 232-233; Koering 2009, Koering 2013, pp. 326-333): di diversa opinione, per quanto riguarda esecuzione e ideazione della scena, è L'Occaso (2007, pp. 71-72), che individua nell' “Approdo di Manto” e nel successivo%
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267673-2
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0