Convito di Manto

dipinto murale,

Dipinto murale su superficie leggermente inclinata (espediente per evitare il deposito di particellato atmosferico); la cornice in stucco, originariamente dorata, reca motivo a foglia d'acanto e fila di perline

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA stucco/ modellatura a stampo
  • ATTRIBUZIONI Costa Lorenzo Il Giovane (attribuito): pittore
    Jacopo Di Ughetto (notizie 1576): scultore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Collaboratore Di Bertani Giovanni Battista (?)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Ducale/ D, 1, 1/ Sala di Manto
  • INDIRIZZO p.zza Sordello, 40; p.zza Paccagnini, 3, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è il secondo del ciclo di otto scene della sala, la cui lettura ha inizio sulla parete orientale: il soggetto consiste nel “Convito di Manto”, uno degli episodi della fondazione ed edificazione di Mantova. Tratto caratteristico dell’invenzione sottesa agli otto dipinti della sala è il ricorso a più fonti letterarie, da alcuni studiosi individuate con particolare precisione (Carpeggiani 1993, pp. 133-136; Berzaghi in Algeri 2003, p. 232; Koering 2009; Koering 2013, pp. 326-333) e concordemente accettate dalla critica: innanzitutto l’ “Eneide” virgiliana (libro X) e la “Commedia” di Dante (Inferno, canto XX); inoltre, il poema intitolato “Cronica de Mantua”, redatto a fine XIV-inizio XV secolo da Bonamente Aliprandi (“De edificazione civitatis Mantue”, capitolo III) e, tra le fonti rinascimentali, l’opera di Mario Equicola “Chronica de Mantua” (Mantova, 1521). Il tema del ciclo, come evidenziato da una lettera del conte Teodoro Sangiorgio al duca Guglielmo (16 aprile 1574, in Cottafavi 1936 [1963], pp. 26-27), avrebbe dovuto ricalcare e riproporre, benchè in forma diversa, la “medesima historia” già ideata da Giovan Battista Bertani per la sala della Mostra, anche detta loggia dei Frutti, dell’appartamento Estivale (1561 post- 1573 ante). Se tre delle scene della sala di Manto – relative alla costruzione di due porte e di un ponte – illustrano analoghi episodi già dipinti sulla volta del primo ambiente, più problematico è il rapporto che intercorre tra i riquadri che nell’una e nell’altra sala visualizzano la nascita mitica della città: la critica ha opportunamente sottolineato che buona parte del racconto mitologico narrato nella decorazione della sala della Mostra è espunto dal ciclo di Manto, focalizzato piuttosto sulla costruzione materiale di Mantova, in un'ottica di esaltazione delle opere edilizie promosse a garanzia stessa dell'esistenza della città (Koering 2013, p. 332). Parimenti, la componente celebrativa del passato medievale e comunale di Mantova percepibile nel primo ambiente subisce, nella sala di Manto, un ridimensionamento in nome dell'esplicito, determinante ingresso nella storia cittadina della casa regnante Gonzaga (Berzaghi 2002, p. 552). Il dipinto in esame raffigura Manto, seduta su uno scranno, in atto di spiegare e discutere, spronando le genti autocnone alla fondazione di una nuova città; siedono attorno allo stesso tavolo sette figure maschili, tre delle quali, di spalle, accomodate su un’unica panca. La scena allude a una sorta di riunione condotta all’aperto, sotto un lungo drappo disteso a mo’ di tenda sui rami di un albero in secondo piano. Il disegno preparatorio conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (1504E) consente di leggere con più precisione i dettagli dell’abbigliamento delle numerose figure, le cui differenze paiono supportare l’ipotesi secondo cui siano qui raffigurati i maggiorenti delle più importanti tribù autoctone, invitati dalla stessa Manto a discutere della fondazione della città. L’episodio trarrebbe origine dai versi virgiliani: Mantova, infatti, è detta dal poeta città “ricca d’avi, ma non tutti di un’unica gente: ha una triplice stirpe; sotto ciascuna sono quattro popoli per zona” (Virgilio, Eneide, libro X, vv. 201-203). Tebani, Toscani e Veneti – precisa Koering (2009, p. 36 e 2013, p. 328) – sarebbero qui identificabili proprio sulla base del differente abbigliamento: copricapo orientale per i Tebani, di forma troncoconica per i Toscani, a tesa larga per i Veneti. Come per tutti gli altri dipinti del ciclo, la responsabilità della scelta del soggetto spetterebbe all'architetto e pittore Giovan Battista Bertani che, ricorda Berzaghi (2014, pp. 282-283, nota 58), già fece ricorso al tema della fondazione di Mantova, oltre che nella citata sala della Mostra, per l'allestimento degli apparati alla porta del Castello in vista dell'ingresso nel 1549 di Caterina d'Austria, sposa di Francesco III Gonzaga. L'esecuzione, mediante tecnica a secco (forse olio), è assegnata da Tellini Perina (1974) a Lorenzo Costa il Giovane, artista mantovano subentrato all'ignoto pittore “forestiero” cui si riferisce la citata lettera di Teodoro Sangiorgio del 16 aprile 1574. L'attribuzione è pressochè unanimemente accettata dalla critica (cfr. Gozzi 1976, pp. 37-38; 47-48; Bazzotti, Berzaghi 1986, pp. 11-12; Tellini Perina 1998, p. 120-124; Berzaghi 2002, p. 552; Berzaghi in Algeri 2003, pp. 232-233; Koering 2009, Koering 2013, pp. 326-333): di diversa opinione, per quanto riguarda sia l'esecuzione sia l'ideazione, è L'Occaso (2007, pp. 71-72), che individua nel “Convito di Manto” e nel precedente “Approdo di Manto” uno stile più scopertamente incline al magistero di Giulio Romano, distante dalle soluzioni compositive e pittoriche di Lorenzo Costa il Giovane dopo il suo soggiorno romano, presso i cantieri pontifici di Federico Zuccari e Federico Barocci (1561-1568 ca.). Nell'opera in esame ravvisa infatti uno stile fortemente radicato %
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267673-3
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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