veduta topografica di Roma

dipinto, (?) 1534 - (?) 1540

Il dipinto è privo di cornice. Presenta numerose iscrizioni identificative dei monumenti della città di Roma

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Romano Ambito Fiammingo
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo S. Sebastiano
  • INDIRIZZO Largo XXIV Maggio, 12, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le prime notizie su quest'opera risalgono solamente alla metà dell'Ottocento. La Veduta di Roma viene infatti notata attorno al 1866 da Portioli, presso l'Intendenza di Finanza di Mantova, che ha sede dal 1785 ca. presso l'ex convento del Carmine. Il 30 agosto 1866, con dispaccio n. 32183, l'Intendenza Provinciale di Finanza fa gratuita cessione del dipinto al Museo Civico, dove viene trasportato il 14 ottobre (PORTIOLI 1868, p. 108; ASMn, AP, b. 19); qui rimane sino al 1917, quando è trasferito per motivi di sicurezza a Roma; al suo ritorno a Mantova, nel 1920, è destinato al palazzo Ducale (TAMASSIA 1996, p. 16), da dove giunge infine, nel 2004, al Museo della Città nel palazzo di San Sebastiano. La collocazione presso il convento del Carmine potrebbe non essere quella originaria: la mancata attestazione della Veduta nell'inventario di soppressione della chiesa (ASMn, DU, II serie, b. 51, fasc. 31) fa sorgere il sospetto che l'opera sia arrivata all'ex-convento nel corso dell'Ottocento, assieme al patrimonio dell'Intendenza di Finanza o meglio come deposito da parte del Demanio. Non è supportata da documentazione l'affermazione di VENTURA (2005, p. 86) che la tela facesse parte di uno dei cicli di vedute topografiche conservati nelle residenze gonzaghesche, per quanto ciò non si possa escludere a priori. Il dipinto rappresenta una veduta della Città Eterna, con un forte squilibrio tra le parti urbane, fitte di costruzioni, e le deserte zone extra moenia; il punto di vista sembra cambiare tra il primo piano, con la veduta urbana a volo d'uccello, e il secondo piano, che digrada in profondità. La costruzione topografica è stata infatti definita a "mezzo volo" (EHRLE 1911, p. 8) o meglio un "montaggio o mosaico di una serie di vedute da punti di vista concatenati" (FAGIOLO 2000, p. 75). Il dipinto è realizzato con una tavolozza ridotta, limitata ai pigmenti rosa e bianco nella descrizione degli edifici interni alla città, molti dei quali identificati da scritte. Altre iscrizioni e raffigurazioni sono nel margine inferiore della composizione. La lupa allatta Romolo e Remo nel tondo di sinistra, che ha nella cornice la scritta "EN TAM MIRACULOSUM TANTAE URBI PRINCIPIUM DEBEBATUR", allusiva all'origine della città. Al centro, in un riquadro più piccolo, sopra la porta cittadina è rappresentata la fuga di Enea da Troia; le due bandiere che garriscono al di sopra - nonostante la scritta S.P.Q.R. - mostrano le insegne asburgiche (?). Davanti a due rami di palma e d'olivo, il tondo di destra ha nella cornice una scritta ripresa dalle Lamentazioni dette "di Geremia" (1, Alef), riferite alla distruzione di Gerusalemme del 587 a.C.: "È divenuta come vedova la grande fra le genti! La principessa fra le province è divenuta tributaria!". All'interno del tondo è apparentemente una scena di vassallaggio dei popoli a Roma e su un filatterio soprastante si legge "QUANTA EGO IAM FUERIM SOLA RUINA DOCET". Sulla destra, un Kronos è posto vicino a un cartellino con la lunga iscrizione (ormai illegibile) che principia con "U' son, Roma, gli honor de' tempi prisci?", secondo il topos medievale dell'ubi sunt e forse con uno sguardo indietro al petrarchesco "U' son gli honori" del Trionfo della morte, ulteriore allusione al Tempo edax. Il cartiglio di destra è su una specie di pennone che in alto sembra tenere una sfera armillare. Mi sembra quindi evidente che il dipinto è, prima ancora che una semplice rappresentazione topografica, un memento mori e un'illustrazione allegorica del sacco di Roma del 1527. Nella vasta bibliografia sul dipinto, mi pare che questo aspetto sia stato lambito dal solo THOENES (1989, p. 18 nota 40). PORTIOLI (1868, p. 108-113 n. CXXXIII.14) è il primo a pubblicare il quadro, appena giunto nel Museo Civico. L'opera sarebbe databile, a suo dire, ai primi anni del pontificato di Urbano VI (1378-1389); coeve sarebbero le scritte "a lettere latine maiuscole" mentre quelle in corsivo sarebbero databili al Cinquecento inoltrato. Una collocazione cronologica più adeguata arriva presto per merito di GREGOROVIUS (1874, p. 311 nota 4), che - avendo visto la tela a Mantova nel 1872 (GREGOROVIUS 1852-1889 [ed. 1991], p. 328; CHAMBERS 2001, p. 224) - propone di datarla tra il 1490 e il 1538, poiché nota la presenza della cupola di Sant'Agostino, che offre un termine post quem, ma anche della statua di Marc'Aurelio ancora presente davanti a San Giovanni in Laterano e quindi prima del trasferimento, nel 1538, in Campidoglio. Gli studi a lungo si muovono entro questi due estremi cronologici. D'altronde, i riferimenti che la Veduta offre sono controversi: la chiesa di Sant'Agostino è in effetti priva di copertura, con rimando a una situazione ca. 1484, e la basilica di San Pietro appare nella facies anteriore all'intervento bramantesco, a partire dal 1506; in capo al ponte di Sant'Angelo però sono le due statue lì poste nel 1534 (Mostra della città di Roma 1884, p. 61 n. 83) e infine una scritta segnala CONTINUA IN OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151976
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 6882
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • ISCRIZIONI in basso - en tam miraculosum tantae urbi principium debebatur - a pennello - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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