Ritratto di Emanuele Filiberto di Savoia

busto, post 1601 - ante 1650

Il personaggio è rappresentato a mezzo busto, con taglio poco al di sotto della spalla, frontale. Lo sguardo è rivolto verso l’osservatore. Porta i capelli corti e mossi, lunghi baffi e barba. Indossa una cotta di maglia e, al di sopra, un petto di corazza privo di ornati. Al collo pende il collare dell’ordine della SS.ma Annunziata. Il busto poggia su un basamento a pianta quadrata con alto zoccolo su cui poggia un basso sostegno

  • OGGETTO busto
  • MATERIA E TECNICA gesso/ modellatura
    gesso/ patinatura
  • MISURE Profondità: 30 cm
    Altezza: 80 cm
    Larghezza: 60 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Castello Reale
  • INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La scultura raffigura Emanuele Filiberto di Savoia (Chambéry, 1528-Torino, 1580), figlio del duca Carlo II e di Beatrice del Portogallo. La sua formazione e la sua carriera politico-militare ebbero luogo alla corte cosmopolita dello zio, l’imperatore Carlo V d’Asburgo, in una fase delicatissima per lo stato sabaudo, per la maggior parte occupato dall’esercito di Francesco I di Valois, nell’ambito del conflitto che travagliò l’Europa per mezzo secolo tra Francia e Impero. Divenne duca di Savoia nel 1553. Sei anni più tardi, con la pace di Cateau-Cambresis, ottenne la restituzione dello stato. Il nuovo equilibrio internazionale venne garantito anche attraverso il matrimonio con Margherita di Valois, figlia del re di Francia. Durante gli anni di governo, pose le basi per la ricostruzione amministrativa e militare del ducato, eterogeneo al suo interno e collocato in un’area di confine preziosa per entrambe le compagini politiche. Ciò gli permise di consolidare la propria posizione di prestigio nelle dinamiche delle alleanze e della diplomazia internazionale. In quest’ottica prese corpo il progetto di un ribaricentramento delle aree di espansione e di consolidamento dello stato sul fronte dell’Italia settentrionale, si pensi all’annessione nel 1575 della città di Asti, culminato nello spostamento della capitale da Chambéry a Torino. Questo evento determinò la necessità che la città si configurasse con un nuovo assetto urbano e militare e si dotasse di palazzo per la famiglia ducale e il suo seguito. Il principe avviò anche la costruzione di una serie di residenze suburbane complementari ad essa, a partire dall’avito castello di Rivoli, ove di fatto risiedette tra il 1650 e il 1562, la cosiddetta “corona di delizie” che diverranno nei secoli successivi teatro dei rituali della vita di corte. Il busto, come il pendent raffigurante la consorte, riproduce esattamente l’esemplare marmoreo conservato al Museo Civico di Arte Antica di Palazzo Madama, datati tra il 1570 e il 1572. Questi ultimi sono stati identificati con quelli inventariati nel 1631 su un camino della Grande Galleria del Palazzo Ducale. I busti lapidei si apparentano direttamente, nella frontalità della posa, nella ricerca di verosimiglianza fisiognomica, per quanto attiene agli aspetti più evidenti del volto e nei caratteri dell’abbigliamento con una serie di cinque sculture raffiguranti, oltre ai duchi in esame, Carlo Emanuele I, Vittorio Amedeo I e Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia. Il gruppo, pur con varianti qualitative, può essere ricondotto, sulla base delle testimonianze d’archivio, alla produzione di artisti provenienti dall’area dei laghi lombardo-ticinesi, quali i diversi esponenti della famiglia dei Vanelli di Grancia e dei Carlone di Rovio, risalente alla fine del XVI-primi decenni del XVII secolo. Più complesso appare indicare la corretta datazione degli esemplari in gesso derivati dai marmi, dal momento che la produzione di repliche presso la corte si protrasse sino all’Ottocento, al fine di creare nuove serie funzionali ai cambi di allestimento e agli spostamenti nelle diverse residenze sabaude. L'opera è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale. L’allestimento della Galleria cosiddetta dei ritratti, collocata nel padiglione di levante con prosecuzione nell’attigua galleria dei cardinali, è attestato nell’inventario stilato da Noemi Gabrielli all’inizio del sesto decennio del Novecento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100399646
  • NUMERO D'INVENTARIO R 2681
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Castello di Racconigi
  • ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • ISCRIZIONI verso, spalle - XR 784 (nero) - maiuscolo/ numeri arabi - a matita - non determinabile
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - post 1601 - ante 1650

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE