Strategie di comunicazione di un gelatiere zoldano, Germania anni Trenta Memorie familiari

XX anni trenta

Dario Oliver, ex gelatiere in Germania, Presidente dell’UNITEIS, Unione Gelatieri Italiani Artigianali in Germania, tiene in mano la riproduzione di una fotografia di famiglia e la spiega. Precisa che la foto è stata scattata il 5 maggio 1930 e vi sono ritratti il nonno materno, Giovanni De Lorenzo, e il cognato del nonno, Giacomo Lazzarin, davanti alla vetrina di una gelateria. Giacomo Lazzarin aveva una gelateria a Hagen (Germania) dove suo nonno aveva lavorato due anni per imparare la lingua e fare esperienza. Dopo tale periodo il cognato lo ha aiutato ad aprire una propria gelateria, che è quella davanti alla quale i due uomini sono ritratti. Questa gelateria era ubicata a 12 chilometri da Hagen, a Witten. Il narratore precisa che, anche se la foto si riferisce a due persone in particolare, è una immagine che può benissimo rappresentare molti altri gelatieri delle vallate bellunesi, perché permette di capire la mentalità e la progettualità che quest’ultimi avevano in quel periodo. Inizia quindi ad esplicare meglio tutta una serie di connotazioni: i gelatieri si recavano in Germania (il narratore usa la prima persona plurale «noi gelatieri andavamo») non per lavorare in fabbrica, un lavoro ripetitivo, intendendo con questa espressione un lavoro senza possibilità di autonomia, ma per iniziare un lavoro, nel settore del gelato, che consentisse di essere indipendenti. Continua illustrando il modo in cui suo nonno aveva deciso di proporsi, di comunicare la sua attività all’esterno, e precisa che non crede che allora vi fosse una conoscenza di cosa fosse il marketing o libri che spiegassero quali strategie utilizzare per proporsi al pubblico. Racconta che il nonno aveva la quinta elementare, come tutti gli altri, e che, «nella sua semplicità», si era proposto in un modo ben preciso: la bottega era piccola, larga circa 3 metri e mezzo, e presentava una scritta in tedesco “Speise Eis Fabrik” ovvero fabbrica di gelato, per dare l’idea al consumatore di trovarsi in un luogo importante. Il grande numero 5 vicino alla scritta era il numero civico. Continua indicando e traducendo un’altra scritta a lato della vetrina: una parte recita “erste wittener Eisfabrikation” ovvero la prima fabbrica di gelati di Witten, e la seconda parte della scritta “nur aus Naturprodukten” che significa solo prodotti naturali. Specifica subito dopo che già nel 1930 esistevano dei coloranti non solo naturali, ma anche artificiali e che questi venivano usati soprattutto nel settore della pasticceria, perché le gelaterie pure, in quel periodo storico, erano poche, stavano iniziando ad aprire in varie località. In Germania c’era allora una tradizione di pasticceri che facevano anche il gelato ma in modo molto diverso. Prosegue nel racconto indicando sulla vetrina una scritta e spiegando che suo nonno, stranamente, aveva deciso di chiamare la sua gelateria Nordpole, Polo Nord. Questa scelta è insolita perché vi era la diffusa consuetudine di chiamare l’attività con il proprio cognome. Illustra il motivo sotteso a tale scelta: il nonno, che iniziava una attività in un luogo dove non era conosciuta («non esisteva»), pensava che la parola Nordpole rendesse bene l’idea del freddo e del ghiaccio. Sotto la scritta Nordpole vi è la scritta Speise Eis Salon: gelateria. Il narratore descrive, indicandola, una delle due figure ritratte sulla porta della gelateria: il nonno «tirato a lucido, si vede anche dai capelli» indossa una falda bianca, una camicia bianca e un papillon. Si presentava quindi al cliente in modo molto pulito per comunicare, per estensione, che il suo prodotto è genuino e sicuro. Indica anche il collaboratore, ritratto dietro la vetrina: anche lui è vestito in bianco e le tende del locale sono aperte. Quest’ultimo aspetto ha un significato: permette di vedere, dalla strada, il gelatiere che produce il gelato con il mantecatore, collocato in bella vista proprio dietro al vetro. Il narratore evidenzia questo aspetto: un’idea, quella che i passanti potessero vedere direttamente dentro il mantecatore, che anticipa quella della “cucina a vista”, che attualmente è una tendenza molto utilizzata in vari settori della ristorazione e della preparazione di alimenti. Il nonno, in un certo senso, «nella sua semplicità», lo aveva già percepito. Aveva intuito che le persone avrebbero apprezzato che il gelatiere e il suo collaboratore si presentassero in modo impeccabile e che le fasi di realizzazione del prodotto venduto fossero ben visibili. Il narratore conclude riportando un ultimo aspetto: in quel periodo non era troppo difficile trovare un locale in affitto per avviare l’attività, era invece più difficile trovare un alloggio, vi era una certa diffidenza: i locatori erano restii ad affittare un appartamento. Indica l’immagine, in particolare la grata sotto la vetrina, e aggiunge: «Si presentava in una certa maniera… e la famiglia viveva in cantina»

  • OGGETTO strategie di comunicazione di un gelatiere zoldano, germania anni trenta memorie familiari
  • CLASSIFICAZIONE memorie
  • LOCALIZZAZIONE Val di Zoldo (BL)
  • INDIRIZZO Europa, ITALIA, Veneto, BL, Val di Zoldo, Fornesighe, Val di Zoldo (BL)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il bene in esame si configura come una testimonianza delle modalità in cui alcuni gelatieri delle vallate bellunesi si rappresentavano e comunicavano all'esterno la propria attività, in Italia e all'estero. Per maggiore completezza e un corretto inquadramento del bene inventariato si riportano, in estrema sintesi, alcuni aspetti e tematiche in cui si è sviluppato l’ampio fenomeno della mobilità dei gelatieri bellunesi. Quest’ultima è sempre stata caratterizzata da percorso pianificato nei dettagli, basato su pratiche collaborative e forti legami intergruppo. È una mobilità praticata ancora oggi, perché è stata, ed è, di successo, a differenza di altre forme di migrazione specializzata che hanno interessato gli stessi territori ma non hanno avuto seguito. È una mobilità stagionale che coinvolge una grossa parte del nucleo familiare del gelatiere. Questo ampio coinvolgimento ha un peso importante nella pianificazione della propria vita, nella costruzione degli affetti e nelle relazioni sociali, spesso divise tra due luoghi: quello del lavoro e quello della pausa invernale. Dal XVIII secolo in diverse zone del Bellunese si è stratificata una corrente migratoria diretta verso i principali centri della Pianura Padana, Venezia in primis. Progressivamente si è allargata verso l’Impero Austro-Ungarico, con Vienna come centro di forte attrazione. La mobilità era inizialmente caratterizzata, come in altre zone alpine, per la maggior parte da uomini che migravano nel periodo invernale, dediti a diverse tipologie di lavori specializzati. Circa dalla metà del XIX secolo, nella Valle di Zoldo e in alcune zone del Cadore (es. Zoppè, Valle di Cadore, etc…) si sviluppò una predilezione per una peculiare attività lavorativa: la produzione di alimenti dolci (caldarroste, pere cotte, frutta caramellata, biscotti, in dialetto #scòti, percòt, caraméi, zalét#) e il loro commercio ambulante organizzato in gruppi di uomini, le “compagnie”. Verso la fine dell’Ottocento iniziò ad affermarsi una nuova opportunità: la produzione e la vendita ambulante di gelato. Non esistono fonti certe su chi fu il primo ad iniziare e da chi imparò questo nuovo saper fare. Molto probabilmente, grazie alle già presenti pratiche di mobilità lontano dai luoghi di origine e alla frequentazione di centri cittadini caratterizzati da un grande fermento culturale, alcuni pionieri vennero in qualche modo in contatto con questa nuova pratica e la fecero propria velocemente. Storicamente è documentato che proprio in questo periodo il consumo di gelato si stava sempre più affermando, uscendo da quel consumo esclusivo da parte di nobili e aristocratici che lo aveva caratterizzato fin dalle sue origini. La potenziale clientela era quindi in espansione e il mercato vasto. Un’ottima opportunità da cogliere che ben si coniugava con le modalità organizzative già consolidate: produzione in un laboratorio, vendita con il carretto ambulante e con le “compagnie”, materie prime, ghiaccio e sale facilmente reperibili nei grandi centri, forte propensione allo spostamento per motivi di lavoro. Il successo ottenuto fu tale che in pochissimo tempo la pratica si diffuse nei luoghi di provenienza di questa prima avanguardia di uomini, alimentando e stimolando sempre più partenze. A Vienna la diffusione era tale che nel 1894 fu emanata una legge che rendeva oneroso il commercio ambulante, ma questa stimolò i gelatieri a diversificare iniziando una attività di vendita fissa: nacquero le prime gelaterie e la concorrenza con i pasticceri locali continuò. Questa nuova modalità di commercio del gelato si diffuse sia all’estero che in Italia, spesso affiancando la vendita con i carretti. L’alta redditività dell’attività portò ad ampliare sempre più le destinazioni non solo in Italia e in Europa ma Oltreoceano, ad esempio in Argentina. Si delineò anche una sorta di “strategia di distribuzione” delle mete: alcune condivise da tutti, come la Germania e l'Ungheria, mentre per altre c’era la tendenza a orientarsi verso una determinata meta, quasi esclusiva, rispetto al singolo territorio di partenza. Questo a causa del passaparola tra abitanti della medesima frazione, alla propensione a costruire gruppi legati da relazioni di amicizia e parentela e per non saturare il mercato. Ad esempio Vienna per la Val di Zoldo e Zoppè; la Boemia, la Polonia, l’Olanda per i Cadorini. La Prima guerra mondiale segnò il declino della diffusione dei gelatieri zoldani e zoppedini in territorio austriaco ma non all'affermazione dell’attività dei gelatieri che ricollocarono le loro attività in altre città italiane o all’estero, soprattutto in Germania. Quest’ultima diventò la meta privilegiata, in particolare dal secondo Dopoguerra, per una serie di diversi fattori favorevoli: contiguità geografica, boom economico, familiarità con la lingua tedesca e tutt’ora è la meta preferita. Dopo il Primo conflitto mondiale i luoghi di provenienza dei gelatieri e la trasmissione del sapere si allargarono progressivamente: non più solo Val di Zoldo e Cadore, ma zone dell’Agordino, Longaronese, Coneglianese, Vittoriese, Trevigiano, dando vita a modalità di saper fare, di rappresentarsi e di comunicarsi condivise e riconoscibili. Notizie estratte dalla ricerca condotta da Claudia Cottica, Iolanda Da Deppo, Letizia Lonzi, Loris Serafini, su incarico del Comune di Val di Zoldo, per la redazione di un progetto museologico per la realizzazione del Museo del Gelato e dei Gelatieri a Pieve di Zoldo BL
  • TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
  • AUTORE DELLA FOTOGRAFIA Cottica, Claudia
    Cottica. Claudia
    Claudia Cottica
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 05-ICCD_MODI_6162563877461
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso
  • ENTE SCHEDATORE COMUNE VAL DI ZOLDO
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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