Modena/ Duomo. La parte inferiore della facciata
Riprese del portale maggiore del Duomo e del Museo Lapidario del Duomo di Modena (3 lastre)

negativo servizio, 1923 - 1923

Il servizio fotografico è costituito da 3 lastre alla gelatina formato 21 x 27, 2 orizzontali (N_000857, N_000858) e 1 verticale (N_000859). In tutti i fototipi sono evidenti i segni del portalastre. Il negativo N_000858 presenta una vignettatura nei quattro angoli dovuta probabilmente all’utilizzo di un obiettivo con lunghezza focale inferiore rispetto alla dimensione della lastra. Tutti i negativi erano originariamente contenuti nella loro busta pergamina; tali custodie si conservano separatamente in una scatola

  • OGGETTO negativo servizio
  • SOGGETTO Musei diocesani – Sculture romane – Esposizioni
    Elementi architettonici – Portali
    Scultori italiani - Sec. 20. - Righi, Luigi
    Scultura romana - Sec. 5. – Restauri
    Italia - Emilia Romagna - Modena – Cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta e San Geminiano – Museo lapidario del Duomo
  • MATERIA E TECNICA VETRO
    gelatina ai sali d'argento
  • CLASSIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE DEL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO
  • ATTRIBUZIONI Studio Fotografico Orlandini (studio): fotografo principale
    Righi, Luigi (1810-1885): scultore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Dall'Armi Marescalchi
  • INDIRIZZO via IV Novembre, 5, Bologna (BO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il restauro della facciata del Duomo di Modena, realizzato negli anni 1893-94 per l’iniziativa congiunta del Genio Civile e dell’Ufficio Regionale, non aveva risolto un quesito di notevole interesse: se fosse o no opportuno ricollocare al loro posto i due leoni romani che sostenevano le colonne del protiro del portale centrale, e custodite nel Lapidario della Cattedrale. La rimozione delle due antiche sculture in pietra fu decisa dal Capitolo nel 1845, quando uno dei due leoni si spezzò. L’ingegnere Francesco Vandelli, interpellato per una consulenza, consigliò di togliere le sculture originali e di sostituirle con due copie in marmo di Verona, diverse dalle originali in numerosi dettagli. Il lavoro fu assegnato allo scultore modenese Luigi Righi. Una volta terminati, i leoni furono collocati nel 1849 nel portale maggiore della facciata del Duomo (N_000857). Il direttore dell’Ufficio Regionale, Raffaele Faccioli nel 1894, accolse la richiesta di ripristino degli antichi leoni stilofori avanzata da Tommaso Sandonnini, ma ne rimandò l’attuazione ad un progetto di restauro più completo che comprendesse innanzitutto l’isolamento del Duomo. Nel 1921, quando ormai era terminata l’impresa di ristrutturazione del presbiterio all’interno, il Sandonnini pubblicò un opuscolo per descrivere i restauri che si rendevano necessari alla valorizzazione della facciata: tra questi il ritorno dei leoni stilofori originali, lavoro che sarebbe stato finanziato dalla Cassa di Risparmio di Modena. Dopo una lunga serie di progetti volti a tutelare anche l’assetto statico del protiro, il Soprintendente Luigi Corsini non ritenne prudente reimpiegare le sculture romane e segnalò al ministero il suo dissenso. La posizione negativa del Soprintendente, fu contraddetta dal rappresentante della Giunta del Consiglio Superiore di Antichità e Belle Arti, lo scultore e architetto Lodovico Pogliaghi, che dopo un sopralluogo a Modena a settembre del 1923, autorizzò la ricollocazione degli antichi leoni (purché reintegrati nelle loro parti mancanti da un artista) in deposito presso il Lapidario del Duomo. Nel 1924 i due antichi leoni furono tolti dal museo e restaurati dallo scultore Amedeo Malagoli secondo l’assiduo consiglio dell’artista Giuseppe Graziosi. Nel luglio di quello stesso anno, le due sculture si trovavano già nella loro posizione originale: nel portale maggiore della facciata del Duomo. Il servizio fotografico in esame è stato realizzato dallo studio Orlandini nel 1923, come riporta la didascalia delle tre immagini pubblicate nel saggio di Cristina Acidini Luchinat nel capitolo XI “Il completamento dei lavori alla facciata: dal sagrato alle torrette” e della fotografia (N_000858) utilizzata anche a corredo della pubblicazione “Il Museo Lapidario del Duomo”. Lo Studio fotografico Orlandini fu il più importante e il più longevo tra gli atelier fotografici modenesi. Viene aperto intorno al 1878 da Pellegrino (che in precedenza aveva esercitato l'attività di fotografo a Correggio e Sassuolo) a cui succede il figlio Umberto e infine il nipote Carlo, fino al 1980. La prima carta intestata con l'indirizzo "via Bagni 19, palazzo Contessa Stoffi" risale al 1885. Nello stesso periodo il figlio primogenito di Pellegrino, Enrico, comincia a collaborare attivamente col padre che cambierà l'intestazione dello Studio in "Pellegrino Orlandini e Figlio". Nel 1894 il figlio minore Umberto, a soli quindici anni, inizia a collaborare in modo continuativo all’attività dell’impresa famigliare e la ragione sociale viene nuovamente mutata in "P. Orlandini e Figli". Nel 1899, grazie ad una foto di Umberto, la ditta riceve una medaglia al secondo Congresso Fotografico di Firenze e da allora si chiamerà "Premiata Fotografia P. Orlandini e Figli". Il salto di qualità ormai evidente dello studio, è sottolineato dall'inaugurazione il 31 maggio 1902, della nuova sede in via Castellaro. Nel 1903 Pellegrino è colto da paralisi e, pur conservando la qualifica di proprietario, lascia di fatto, la gestione ai figli Enrico e Umberto che manterranno l'intestazione "P. Orlandini e Figli" anche dopo la sua morte avvenuta nel 1910, quando lo studio conta già ben nove dipendenti. Mentre Enrico lascerà poche tracce della sua opera (muore nel 1921), è Umberto la personalità più elevata dello Studio che raggiunge sotto la sua guida il massimo splendore (anche con l'introduzione dell'attività editoriale che ne farà mutare l'intestazione in "Regia Fotografia Editrice Cav. Uff. Umberto Orlandini"). Umberto muore nel 1931 e lascia ai figli Carlo e Claudio la pesante eredità dell'atelier fotografico più prestigioso della città. Dopo la prematura scomparsa di Claudio, Carlo proseguirà da solo l'attività di fotografo titolare dello Studio (che mantiene l'intestazione del padre Umberto) per quasi mezzo secolo
  • TIPOLOGIA SCHEDA Fotografia
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800634106
  • NUMERO D'INVENTARIO da N_000857 a N_000859
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 2015
  • ISCRIZIONI sul verso della lastra da N_000857: in basso a sinistra - Inv. 3997 -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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