Visione di S. Tommaso d'Aquino. Visione di S. Tommaso d'Aquino
dipinto,
ca. 1731 - ca. 1731
Bazzani, Giuseppe (1690-1769)
1690-1769
Dipinto con cornice.
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Bazzani, Giuseppe (1690-1769)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo di Palazzo Ducale
- LOCALIZZAZIONE Museo di Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto proviene dalla Chiesa di S. Domenico, dove ornava l'altare dedicato a S. Tommaso d'Aquino: la relativa cappella viene costruita, sulla destra dell'altar maggiore, nel 1731 (Amadei 1957, IV, p. 440). Con la soppressione della chiesa, nel 1797 (?), il dipinto entra in Palazzo Ducale, dov'è menzionato per la prima volta in un inventario del 1803 (n. 168: " Un quadro per traverso di braccia 7 in larghezza e 6 in altezza rappresentante S. Tomaso d'Aquino dipinto dal Bazani") e, da allora, con continuità sino ai nostri giorni (R. Dugoni, scheda 20, in I dipinti 2002, pp. 106- 109) . La pala è segnalata come opera del Bazzani nel 1930 dai Pacchioni ( 1930, p. 151), che ne identificano il soggetto con una "Visione", mentre è dubbio il riferimento di Giannantoni (1929, p. 55) a non meglio precisati dipinti del pittore settecentesco conservati in Palazzo; nel 1937 è inventariato addirittura come Allegoria. Ozzola ritiene inizialmente (1946, p. 20 n. 89) che essa rappresenti l'Estasi di un santo, ma già nel 1949 (n . 182) ne chiarisce il soggetto: "San Tommaso, circondato da Angeli, che scrive davanti al Crocifisso". Per la precisione, il santo è a colloquio col crocifisso della chiesa di S. Domenico, a Napoli, che esclama "Thoma , bene scripsisti de me, quam recipies a me pro tuo labore mercedem?" (Guglielmo di Tocco CONTR o Ludovico da Valladolid). Né l'attribuzione né il soggetto - piuttosto raro, ma ricordo almeno la pala del 1591 di Jacopo Palma il Giova ne a Fano (Pinacoteca Civica) - sono più stati messi in dubbio. Un primo tentativo di definizione cronologica è tentato nel 1950 da Ivanoff (p. 39 n. 40), il quale peraltro usa un particolare del dipinto per la copertina del catalogo della monografica sull'artista. Nella difficoltà di trovare appigli cronologici nell'opera del pittore, riscoperto solo al principio degli anni Venti e in buona misura per merito di Pacchioni, Ivanoff ritiene che il dipinto spetti a una fase relativamente giovanile dell'artista, cioè verso la fine degli anni Trenta. Vi legge difatti analogia di esiti con le Storie di Alessandro Magno di Palazzo d'Arco, che si datano appunto al quarto decennio del XVIII secolo. La tavolozza è brillante e carica, soprattutto nei rossi e nell'azzurro della veste dell'angelo centrale, e la composizione è fitta come appunto in quel ciclo di tele, che però è rischiarato da una luce più veronesiana. In seguito la Tellini Perina (1970, p. 72 ) suggerisce, per analisi stilistica, che la nostra pala sia anteriore alla Traditio clavium del 1739 per la parrocchiale di Goito. La Dugoni infine propone di anticipare al principio del quarto decennio la datazione della pala, sulla scorta delle notizie sulla provenienza già anticipate. Non mi convince l'ipotesi che Bazzani abbia iniziato la sua carriera di pittore solo in tarda età e che di conseguenza vi sia un vuoto incolmabile nella produzione giovanile (Caroli 1988, p. 9); credo invece che si possa tentare una distribuzione più diluita nel tempo delle sue opere, considerando che già nel 1716 il pittore è in attività (L'Occaso 2004, p. 135), che la pala dell'altare di San Francesco in San Fortunato ad Acquanegra sul Chiese non sarà molto posteriore al 1727 (L'Occaso 200 7, p. 91 nota 3) e che gli affreschi di palazzo Cavriani - importante punto di riferimento cronologico - non sono del 1756-1758 (Caroli 1988, p. 16 9), ma del 1746-1754 (L'Occaso 2007, p. 96). Mi convince pertanto la datazione proposta dalla Dugoni, al 1731 circa. Caroli offre un utile confronto per il nostro dipinto, con una stampa su disegno del Bazzani ma incisa a Venezia da Nome? Wagner. Questa mostra Virgilio che scrive con vicino la personificazione del fiume Mincio e viene adoperata già nel 1741 come frontespizio all'opera Scipionis Gonzagae cardinalis commentariorum rerum suarum libritres. Molto simile è la figura dell'angelo in volo, che ritroviamo in controparte nel ben più tardo Martirio di san Lorenzo (?) del Muzeum Narodowe di Vasavia (Caroli 1988, p. 1988 n. 296). Anche il putto seduto di spalle, in primo piano, torna in altre composizioni dell'artista (Annunciazione già Palma di Cesnola, Assunta in Santa Maria delle Grazie, Santa Maria Maddalena de' Pazzi a Revere, Scena allegorica affrescata nel palazzo già Bianchi e ora Vescovile) ed è inoltre citato da Pietro Fabbri in una pala, databile alla fine degli anni Trenta, in San Barnaba (Grassi 19 98, p. 124 nota 49) (L'OCCASO 2011,pp. 387-388).
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- ENTE SCHEDATORE R03/ S23
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2009||2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0