Manta della Madonna del Carmelo. Manta della Madonna del Carmelo

custodia di icona 1650 - 1650

La manta o coperta di immagine sacra è costituita da una base in legno di abete a traverse su cui sono inchiodate in senso orizzontale tre ampie lamine in argento sbalzato e cesellato. Attraverso una apertura ovale emerge il volto della Vergine del Carmelo dipinto ad olio su tela (cm 36x27), attribuito al pittore messinese Giovan Battista Quagliata. In basso ai piedi della Madonna, sotto la mezzaluna, è incisa la data 1650

  • OGGETTO custodia di icona
  • MATERIA E TECNICA ARGENTO A SBALZO
    argento/ bulinatura
    argento/ cesellatura
    tela/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Messinese
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Interdisciplinare Regionale di Messina
  • INDIRIZZO Viale della Libertà, 465, Messina (ME)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera proviene probabilmente dalla chiesa di Santa Maria del Carmine Maggiore di Messina. Il culto verso il profeta Elia e il suo fedele allievo Eliseo si diffuse in Occidente per opera dei Carmelitani e divenne una ricorrenza festiva per l’Ordine a partire dal 1399. Elia è il profeta del Dio vivente e il suo simbolo è il fuoco per lo zelo e l’ardore che ha manifestato nella sua vita verso la Fede. Nella manta d’argento viene pertanto raffigurato come un saggio dalla folta barba, con il capo adorno del nimbo mentre impugna una spada fiammeggiante. Diversamente dalle fonti bibliografiche che riconoscono nell’altro personaggio la figura di Eliseo, rappresentato con la brocca in mano riversa verso il basso come nell’atto di versare del liquido, si ipotizza una nuova identificazione con Sant’Alberto. La riflessione nasce dal confronto con l’icona venerata nella cappella del Noviziato di Monte Carmelo (Villasmundo - Siracusa), realizzata secondo la tecnica della tradizione iconografica bizantina. Nella tavola, oltre ai segni legati alla vita e fede del Santo, è dipinta accanto ai suoi piedi una piccola anfora colma d’acqua, la cui presenza è dovuta al rito della benedizione “dell’acqua di Sant’Alberto”. Nelle chiese carmelitane viene, infatti, ancor oggi, perpetrato nel giorno della festività del Santo l’immersione di una sua reliquia nell’acqua benedetta, molto usata, specialmente in passato, contro le febbri. Anche le frecce impugnate da Dio Padre potrebbero significare i principali precetti della Regola dei Frati Carmelitani Scalzi, messi in pratica da Sant’Alberto quali intoccabili doni della volontà divina: Fede-Obbedienza, Purezza-Castità, Carità-Povertà. La sua missione apostolica è legata alla città di Messina che lo venera come compatrono. Alberto operò nel convento carmelitano di Messina ottenendo ben presto grande considerazione poiché liberò la città dalla fame per l’assedio dal Duca di Calabria, con l’apparizione di alcune navi cariche di vettovaglie giunte miracolosamente. La sua fama si propagò rapidamente anche fuori di Messina per le sue predicazioni, per i prodigi, per la carità e per le numerose conversioni di Ebrei. Per la sua austerità e rettitudine venne così additato come esempio di vero carmelitano, e intorno al 1287, fu nominato Superiore provinciale dell'Ordine per la Sicilia. Morì a Messina il 7 agosto verso il 1307. Fu il primo Santo del Carmelo ad essere venerato e quindi venne insignito del titolo di Patrono e protettore dell'Ordine Carmelitano. Si potrebbe pertanto ipotizzare nella figura di Eliseo anche quella di Sant’Alberto quale a sua volta erede spirituale, riconosciuto tale da una devozione locale che ha voluto attribuire al Santo una chiara discendenza. La “manta” eseguita nel 1650, come si rileva dalla datazione incisa al centro sotto la figura della Vergine, è riconducibile per i caratteri stilistici ad un ignoto argentiere messinese. Il decoro delle vesti, raffinato e alquanto dettagliato nelle definizioni esecutive, riproduce moduli seicenteschi riscontrabili nell’arte serica messinese. Il variegato repertorio presente nelle diverse soluzioni compositive del disegno degli abiti lussuosi, costituisce un catalogo della produzione delle sete di qualità, in voga nella città di Messina intorno alla metà del XVII secolo e rivolta ai ceti più abbienti. Gli stilemi ornamentali spaziano dall’impostazione a griglia mistilinea che include una rosetta centrale, alla sequenza modulare trasversale dei singoli elementi floreali ormai liberi dalla cornice di contorno. La custodia racchiude solo il volto della Vergine, dipinto ad olio su tela, attribuito da fonti bibliografiche a Giovanni Battista Quagliata (Messina, 1603 - 1674)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1900382919
  • NUMERO D'INVENTARIO A42
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Centro Regionale per l'Inventario e la Catalogazione
  • ENTE SCHEDATORE Museo regionale
  • DATA DI COMPILAZIONE 2023
  • ISCRIZIONI in basso - 1650 - numeri arabi - a incisione - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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