Vir dolorum. Cristo sofferente con braccia incrociate e testa reclinata

Clipeo post 1491 - ante 1510

Il brano frammentario marmoreo raffigura Gesù Cristo stante e ritratto fino alla cintola, precisamente fino al perizoma. Egli è sofferente e ha la testa reclinata cinta dalla corona di spine. La sua espressione è mesta ed è sottolineata dal cadere stanco delle braccia incrociate sul panneggio del perizoma che delimita la parte bassa del clipeo, secondo una iconografia consolidata e che più frequentemente prevedeva le braccia aperte mostrando i segni della crocifissione. Qui tali segni sono assenti poiché, nonostante la figura presenti gli occhi chiusi in segno di dolore e non di morte, essa corrisponde all'iconografia consueta dell’Ecce Homo

  • OGGETTO Clipeo
  • MATERIA E TECNICA Marmo
  • AMBITO CULTURALE Ambito Napoletano
  • ATTRIBUZIONI Malvito, Tommaso (bottega): scultore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Giovanni Da Nola
    Ambito Siciliano
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Lapidario
  • LOCALIZZAZIONE San Francesco d'Assisi
  • INDIRIZZO Via Grotte, 4, Cosenza (CS)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’opera è stata registrata nel 1940 dalla Soprintendenza ai monumenti di Cosenza (allora afferente al Ministero della Pubblica Istruzione) come proveniente dalla raccolta dell’Antico Museo Civico di Cosenza e da qui sarebbe passata al primitivo ufficio ministeriale sito in Via Galeazzo di Tarsia, dove si trovava anche il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza. Nei primi anni Ottanta tale Laboratorio e tale raccolta civica furono trasferiti nella nuova sede del complesso monumentale di San Francesco d’Assisi in Via Grotte. Ad oggi non si registra la presenza di notizie di archivio che facciano chiarezza sulla provenienza di questo brano scultoreo che è comunque tra i più antichi della raccolta attuale. È stata avanzata l’ipotesi che la provenienza originale sia dall’Opera della Cattedrale, a seguito dei lavori di rifacimento eseguiti tra la fine del XIX e il primo trentennio del XX secolo, e che hanno ridato all’edificio l’antica fisionomia federiciana. Un’ulteriore probabilità sarebbe quella di considerare la configurazione dell’opera vicina ad un clipeo destinato a poggiare su una cornice come suggerisce il taglio della parte bassa e i raccordi laterali, che ci fa pensare a una cimasa di un sepolcro o di un altarolo. La stessa peculiare concezione del rilievo fatto per essere visto da sotto in su comproverebbe l’assunto. Giorgio Leone ha ipotizzato che il Cristo in passione sia vicino alle realizzazioni della bottega di Giovanni da Nola, mentre Pierluigi Leone de Castris considera il suo carattere espressivo comune ad alcuni crocifissi lignei della regione, quali quelli di Morano Calabro, della Cattedrale di Tropea e del santuario del Crocifisso di Terranova Sappo Minulio, tutti prodotti afferenti all’ambito dell’attività di un’unica bottega dalle spiccate radici nordiche, forse radicata sul territorio calabrese. Lo studioso inoltre, sottolinea assonanze col volto Cristo crocifisso di Terranova per cui è stata avanzata la proposta che esso sia un prodotto siciliano, ipotesi avvalorata da recenti restauri di opere di questo ambito. Le specifiche qualità stilistiche del manufatto lapideo trovano inoltre delle tangenze con l’ambiente artistico napoletano degli inizi del Cinquecento. In particolare, alcuni dettagli quali la lavorazione del torso e delle mani, sembrano afferire ai modi dello scultore comasco Tommaso Malvito, attivo a Napoli a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Nondimeno le fattezze marcate del volto di Cristo, che ne esaltano l’espressione triste, solo per alcuni aspetti possono confrontarsi con alcune opere prodotte dagli ateliers dei due scultori, come alcune figure dei clipei del soffitto del succorpo della Cattedrale di Napoli, nel quale Tommaso Malvito e il figlio Giovan Tommaso ebbero un ruolo di rilievo; delle analogie si riscontrano con il clipeo di Sant’Aspreno attribuito a Giovan Tommaso oppure col rilievo del Vir dolorum del paliotto d’altare della famiglia Recco della chiesa di San Giovanni a Carbonara nel modo di scolpire la capigliatura e la barba. In questo contesto va inoltre considerata un’inedita statua del Redentore dell’atrio della chiesa confraternale di Santa Maria Succurre Miseris o dei Bianchi della Giustizia, riconducibile secondo Mario Panarello alla medesima cerchia come evidenza il carattere calligrafico del panneggio della figura. Il Vir dolorum cosentino, secondo Giorgio Leone, come è stato detto, trova assonanze notevoli con talune caratterizzazioni figurative di Giovanni da Nola (1478-1559), scultore che ebbe contatti con la bottega malvitesca: si consideri l’espressività del San Girolamo del Palazzo Vescovile di Nola e dello stesso volto di Cristo verso il quale il santo anacoreta si volge, o ancora con quello di San Giuseppe del gruppo ligneo, oggi al Museo di San Martino a Napoli e proveniente dalla chiesa di San Giuseppe Maggiore
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà mista pubblica/ecclesiastica
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1800166917
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone
  • DATA DI COMPILAZIONE 2020
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - post 1491 - ante 1510

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE