Madonna col Bambino, San Leonardo e due committenti. Madonna con Bambino e altri personaggi

dipinto,
Curia F (attribuito)
notizie dal 1588/ 1608

La tela centinata mostra in alto, in posizione centrale, un gruppo formato dalla Madonna con il Bambino. La Vergine è caratterizzata da un mantello di colore verde scuro che le ricade sul ginocchio sinistro, una veste di colore rosa acceso ed un velo bianco. In primo piano vi è la statuaria figura di San Leonardo con l'abito caratteristico dei frati minori di colore bianco, costituito dalla nozzetta e dalla stretta dalmatica di colore nero, leggermente rigonfio a causa del vento autore della tempesta raffigurata sul fondo Il Santo ha nella mano sinistra una catena. In basso a sinistra sono raffigurati a mezzo busto i due committenti: Angelo di Pizio vestito di scuro con gorgiera e polsini bianchi e la moglie Giovannella Panevino vestita con un abito di colore verde e arancio, gorgiera, polsini e velo bianco. Sul fondo vi è raffigurato una fuga dal carcere e gli evasi scampati alla successiva tempesta. La scena è immersa in un'atmosfera dai toni arancio e rosso che investono la spessa coltre di nubi grigie

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Curia F (attribuito): pittore
  • LOCALIZZAZIONE Museo Diocesano Tursi-Lagonegro
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Importante esempio dell'attività pittorica di Francesco Curia, figlio del più famoso Michele, attivo per lo più a Napoli qui documentata in una fase già avanzata della sua maturità Questo gruppo, infatti, composto dalla Madonna con Bambino, San Leonardo e due committenti fu realizzato nel 1595, periodo in cui il Curia dipinge la "Madonna dell'Arco" a Carbonara a Napoli e il "San Francesco di Paola e Sant'Antonio da Padova" di San Giovanni a Napoli; opere stilisticamente molto vicine per qualità pittoriche e per la resa vigorosa del modellato soprattutto se si confronta il San Leonardo con il Sant'Antonio Abate della tavola napoletana, così come appaiono assai simili le tipologie del bambino e dei committenti. La qualità di lume "vaga e visionaria", la presenza di figure "sfatte ed ombrate" ricorda molto il pittoricismo vivace dell'Imparato con il quale l'artista certamente venne a contatto. Il Curia propone, infatti, una stesura dei volumi "riassuntiva, accompagnata da sfrangiature cangianti e delicate che sostengono la trama chiaroscurale". La struttura compositiva, con la rigida separazione fra "terreno" e "divino", induce a collocare l'autore tra i rappresentanti della "resistenza" al nuovo stile naturalista senza tradire sì l'esigenza di decoro e convenienza dei suoi committenti ma attestando nel suo vivace cromatismo i moderni portati luministici aggiornati sui pittori fiamminghi come Cornelis Smet, anche lui presente a Colobraro con un dipinto oggi disperso. Il Curia formatosi sui maestri di Caprarola quali Taddeo e Federico Zuccari, Jacopo Bertoia, Giovanni de' Vecchi e Raffaellino da Reggio, attento successivamente al pittoricismo di Teodoro D'Errico e rivolto a modelli e schemi più consoni al clima della Controriforma, realizza per la cittadina lucana un'opera di straordinario valore attraverso la quale ottiene con pennellate veloci, tocchi sintetici, cromatismo abbagliante, saldezza e monumentalità del disegno una "tensione, come sostiene la Grelle, al limite della rottura d'uno spazio metafisico e metastorico che riassorbe in un unico vortice umano e divino, presente e passato". La tela in esame proviene dalla Chiesa di San Nicola a Colobraro che risale al XII secolo, ristrutturata ed ampliata più volte nel corso del tempo fino ad assumere l'odierno impianto, tipicamente settecentesco. Del dipinto, di medio formato, ne fa menzione per la prima volta la Grelle nel catalogo della mostra Arte in Basilicata (1981) anno in cui l'opera fu oggetto di un accurato restauro. La presenza nella cittadina lucana di ben due opere del Curia, così emblematica per la studiosa, può oggi essere spiegata solo tenendo conto del profondo legame che univa il feudo a una delle prestigiose casate della capitale. A partire dalla metà del Quattrocento e per circa un secolo, Colobraro fu un possedimento dei Sanseverino del ramo dei principi di Salerno. Il feudo appartenne a questa famiglia, nonostante alterne vicende che videro subentrare per brevi periodi casati illustri, fino a quando, per via matrimoniale passò ai Carafa della Stadera che lo mantennero per quasi due secoli con una certa stabilità. Tra gli esponenti della famiglia Carafa, giunti in Basilicata già nel 1522 come principi di Stigliano, si contano lungo il corso di tutto il XVI secolo i vescovi della potente diocesi di Anglona e Tursi di cui Colobraro faceva parte. Il dipinto certamente votivo colpisce notevolmente soprattutto per la posa della Madonna che accenna un leggero movimento rotatorio, accentuato dal corpo del Bambino. Questo movimento crea una diagonale che accompagna lo sguardo dell'osservatore per tutta la tela fino al luogo in cui sono allocate le figure dei committenti. La composizione è basata su un triangolo che ha il vertice di una ideale piramide nella figura della Vergine e il lato inferiore occupato da quella di San Leonardo e i committenti. Le figure divine, compatte e squadrate sono ridotte a puri volumi sottolineando maggiormente l'importanza del loro intervento nella scena che si svolge in fondo e per il quale i due committenti ringraziano. Sul fondo, infatti, cupo, rotto da squarci di luce e tonalità calde tendenti al rosso che s'irradiano dall'alto, si svolge la scena della fuga dal carcere (San Leonardo è infatti protettore dei carcerati) ed il conseguente scampo dalla tempesta. Degno di attenzione è l'artificio usato dall'artista per rappresentare le vesti del Santo che sembrano rigonfiarsi a causa di un'improvvisa folata tempestosa che spira dal fondo. Lo stile assai personale dell'artista, la sua eccentricità che lo inserisce tra gli autori dell'ultima stagione manierista lo si coglie ancora nella grande manica bianca che va a concludersi con un risvolto rigido, quasi a "disco", tipico del modo di panneggiare del Curia. La tela ha una forma centinata, forse per essere adattata alla nicchia dell'altare dal quale proviene ed oggi non più esistente
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1700167858
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Museo Nazionale di Matera - Palazzo Lanfranchi
  • ENTE SCHEDATORE Museo Nazionale di Matera - Palazzo Lanfranchi
  • ISCRIZIONI in basso al centro - HOC OPUS FIERI FECERUNT NOTARIUS ANGELUS PITIUS DE TERRA COLO/ BRARI ET IOANNELLA DE PANE ET DE VINO DE/ TURSIO EIUS UXOR A BEATE MARIAE/ SEMPER VIRGINIS ET S. LEONARDI 1595 - Curia Francesco - corsivo - a pennello - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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