busto virile
La cosiddetta ‘Grotta di Venere nel giardino’, presso il recinto sud-est della Fontana dell’Ovato, è articolata in un ninfeo con fontana e in due ambienti attigui privi di decorazione, ricavati entro un terrapieno. La fontana è collocata nella parete di fondo della camera principale (a sviluppo longitudinale), racchiusa dall’arcone voltato che inquadra l’estremità terminale, entro cui si colloca lo stesso grande bacino mistilineo (con sporgenza semicircolare centrale). La parete di fondo è articolata in una profonda nicchia (in origine vi era collocata la statua di Venere): l’insieme monumentale della fontana presenta una medesima partizione architettonica scandita da alti pilastri e da specchiature cassettonate ricavate entro cornici. La stessa orditura è ripetuta anche nelle pareti laterali del ninfeo, creando quattro piccole nicchie sospese e contrapposte ai lati, dove sono collocate altrettante fontanine. L’insieme composto dalla piccola nicchia con conchiglia sommitale e dal bacino sospeso di raccolta dell’acqua si replica nella grande nicchia di fondo con due fontanine laterali. Al centro del bacino è collocata una scogliera di concrezioni in pietra spugnosa che funge da supporto ad un busto maschile, molto deteriorato. Dell’apparato decorativo pittorico della Grotta di Venere rimangono poche sporadiche tracce, soprattutto i motivi geometrici che scompartiscono lo spazio dei cassettoni: sia lungo l’intradosso dell’arcone sia nell’estradosso della nicchia si leggono ancora le specchiature dipinte con ovali, cerchi e forme polilobate. Nella parete a sinistra della nicchia, entro un cassettone, compare anche una raffigurazione narrativa a monocromo di difficile lettura iconografica: a destra una figura femminile nuda, vista da tergo in bilico tra due tori, si slancia verso sinistra dove si scorge una figura maschile bicaudata che suona un doppio aulos. Tra i due personaggi sembra trovar spazio una terza figura
- OGGETTO decorazione plastico-pittorica
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MATERIA E TECNICA
pietra spugnosa/ incrostatura
Stucco
- AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
- LOCALIZZAZIONE Villa d'Este
- INDIRIZZO Piazza Trento, 5, Tivoli (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La Grotta di Venere, parte di quel meraviglioso complesso che è il giardino di Villa D’Este voluto dal cardinale Ippolito II e costruito sulle possenti sostruzioni dei terrazzamenti digradanti con alti salti di quota nel luogo di captazione delle acque dell’Aniene, trova collocazione nel piazzale davanti alla Fontana dell’Ovato incuneandosi dentro la collina nella parte nord-est del giardino. La creazione dell’articolato e vasto insieme incontrava precise rispondenze in un programma iconologico unitario del palazzo e del giardino, secondo costanti riferimenti alla mitologia classica con temi simbolici, allegorici e celebrativi volti ad esaltare le virtù del governatore di Tivoli e della sua casata. Eppure “la coerenza e l’unità sostanziale tra contenuti simbolici e forma visibile” esistente nel complesso cinquecentesco è andata via via perdendosi nei secoli seguenti per l’abbandono e le modifiche avvenute, così il tessuto iconologico dei “numerosi filoni interrelati” risulta oggi di difficile lettura (Paquini Barisi in Cazzato/Fagiolo/Giusti 2001). Sin dall’anonima Descrittione di Tiuoli, manoscritto databile al 1571 ca. con il piano originario dei lavori giunto in doppia copia nelle biblioteche nazionali di Parigi e Vienna (si farà riferimento alla versione francese edita nel 1960 da Coffin), la Grotta di Diana, “dedicata al piacer honesto et alla Castità” viene contrapposta a quella di Venere “dedicata all’appetito, et al piacere voluttuoso” (Coffin 1960, Appendice A, f. 252r). Da questo legame presentato nella menzionata fonte diretta, Coffin elaborò il tema allegorico del conflitto tra Virtù e Vizio, contrapponendo - tramite la celebre immagine dell’Ercole al bivio - la salita all’isolata Grotta di Diana, collocata all’estremità sud-ovest del giardino, alla facile passeggiata piana verso l’opposto fianco di nord-ovest dove si apre la Grotta di Venere. Alla lettura di Coffin si è affiancata la proposta di Marcello Fagiolo con la messa in luce, accanto al bivio di Ercole, del “trivio” che scompone la figura di Venere in celeste, terrestre e lussuriosa; secondo l’interpretazione di Fagiolo: “per la sua posizione e per il suo significato, la Grotta di Venere […] non va identificata con la lussuria bensì con la Venere generante, per le sue connessioni con la Sibilla in quanto Mater Matuta e con la Diana Efesina che trionfano nelle maggiori fontane del settore orientale, il quale dunque si colloca per intero sotto il segno della Virtù” (Fagiolo 1981, p. 182). La proposta di Coffin è stata inoltre messa in discussione da Maria Luisa Madonna, che, sulle premesse di Fagiolo, ha evidenziato la vicinanza della Grotta di Venere alle fontane della stessa dea eponima e di Bacco nel piazzale antistante l’accesso: “Le due divinità [Afrodite e Dioniso] sono state fin qui erroneamente assimilate, sulla base della Descrittione, al piacere disonesto e all’ebrezza (opposti al piacere honesto rappresentato, sempre secondo questa fuorviante interpretazione, dalla Grotta di Diana). Ma in primo luogo Venere è qui divinità salutifera connessa col materno elemento dell’acqua […] generante come Ino, come Diana sive natura genitrix” (Madonna in Fagiolo 1981, p. 208). A ben vedere risulta perfettamente credibile che in una supposta opposizione tra Diana e Venere, debba giocarsi non già una netta contrapposizione ma piuttosto identificarsi una via per la complementarità speculare delle due figure. [IL TESTO PROSEGUE IN OSSERVAZIONI]
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201254205
- ENTE SCHEDATORE Villa d'Este-Tivoli
- DATA DI COMPILAZIONE 2019
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0