stemmi araldici con elementi decorativi vegetali, zoomorfi e antropomorfi

pavimento a mattonelle,

Dell’originario pavimento in maiolica dipinta della Grotta di Diana si conserva solo una porzione circoscritta attorno alle due fontane nella camera interna del ninfeo. L’insieme è splendido, ricco di soggetti e di allegorie derivate dal cospicuo formulario medievale, vario nelle forme e nelle dimensioni, giocato sulla modularità delle mattonelle maggiori ad esagono, attorno a cui si dispongono sia formelle rettangolari, sia a poligono a sei facce. Le maioliche presentano una struttura a cellula autonoma dove ogni mattonella esibisce un disegno indipendente rispetto al complesso decorativo. Ricorrono negli esagoni le raffigurazioni di tre tipologie (pur non esaurendone i soggetti): il pomo dorato delle Esperidi, il giglio d’oro e l’aquila estense poggiata su rami incrociati carichi degli stessi pomi. Tutt’attorno nelle mattonelle rettangolari e poligonali (a volte anche nelle esagonali) l’inventiva corre libera nella creazione di infiniti motivi decorativi aniconici ad intreccio, a scacchiera, a girali, cui si alternano iscrizioni (Amore) e anche nomi di città (Cremona, Roma, Napoli), putti, cherubini, animali (pesci, conigli, araldici leoni rampanti), cavalieri di profilo, tradizionali ritratti delle “Belle”, figure di religiosi inginocchiati in preghiera, draghi, labirinti, imprese con motto. Infine, in un piccolo riquadro è dipinta, sopra un cartiglio, la data 1572. Una cornice composta da diverse fasce di mattonelle dipinte a rilievo contorna i limiti della pavimentazione verso ovest e verso nord (probabilmente aggiunta in seguito alla perdita della porzione restante di pavimento originario), ricomparendo anche a lato della fontana minore nel braccio sinistro e nella battuta che porta alla loggia coperta

  • OGGETTO pavimento a mattonelle
  • MATERIA E TECNICA Maiolica
  • LOCALIZZAZIONE Villa d'Este
  • INDIRIZZO Piazza Trento, 5, Tivoli (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La Grotta di Diana, parte di quel meraviglioso complesso che è il giardino di Villa D’Este voluto dal cardinale Ippolito II (1509-1572) e costruito sulle possenti sostruzioni dei terrazzamenti digradanti con alti salti di quota nel luogo di captazione delle acque dell’Aniene, trova collocazione nell’angolo di sud-ovest del giardino, sotto la Gran Loggia. La creazione dell’articolato e vasto insieme incontrava precise rispondenze in un programma iconologico unitario del palazzo e del giardino, secondo costanti riferimenti alla mitologia classica con temi simbolici, allegorici e celebrativi volti ad esaltare le virtù del governatore di Tivoli e della sua casata. Eppure “la coerenza e l’unità sostanziale tra contenuti simbolici e forma visibile” esistente nel complesso cinquecentesco è andata via via perdendosi nei secoli seguenti per l’abbandono e le modifiche avvenute, così il tessuto iconologico dei “numerosi filoni interrelati” risulta oggi di difficile lettura (Paquini Barisi in Cazzato/Fagiolo/Giusti 2001). Sin dall’anonima Descrittione di Tiuoli, manoscritto databile al 1571 ca. con il piano originario dei lavori giunto in doppia copia nelle biblioteche nazionali di Parigi e Vienna (si farà riferimento alla versione francese edita nel 1960 da Coffin), la Grotta di Diana, “dedicata al piacer honesto et alla Castità” viene contrapposta a quella di Venere “dedicata all’appetito, et al piacere voluttuoso” (Coffin 1960, Appendice A, f. 252r). Da questo legame presentato nella menzionata fonte diretta, Coffin elaborò il tema allegorico del conflitto tra Virtù e Vizio, contrapponendo - tramite la celebre immagine dell’Ercole al bivio - la salita all’isolata Grotta di Diana, collocata all’estremità sud-ovest del giardino, alla facile passeggiata piana verso l’opposto fianco di nord-ovest dove si apre la Grotta di Venere. Alla lettura di Coffin si è affiancata la proposta di Marcello Fagiolo con la messa in luce, accanto al bivio di Ercole, del “trivio” che scompone la figura di Venere in celeste, terrestre e lussuriosa; secondo l’interpretazione di Fagiolo: “per la sua posizione e per il suo significato, la Grotta di Venere […] non va identificata con la lussuria bensì con la Venere generante, per le sue connessioni con la Sibilla in quanto Mater Matuta e con la Diana Efesina che trionfano nelle maggiori fontane del settore orientale, il quale dunque si colloca per intero sotto il segno della Virtù” (Fagiolo 1981, p. 182). La proposta di Coffin è stata inoltre messa in discussione da Maria Luisa Madonna, che, sulle premesse di Fagiolo, ha evidenziato la vicinanza della Grotta di Venere alle fontane della stessa dea eponima e di Bacco nel piazzale antistante l’accesso: “Le due divinità [Afrodite e Dioniso] sono state fin qui erroneamente assimilate, sulla base della Descrittione, al piacere disonesto e all’ebrezza (opposti al piacere honesto rappresentato, sempre secondo questa fuorviante interpretazione, dalla Grotta di Diana). Ma in primo luogo Venere è qui divinità salutifera connessa col materno elemento dell’acqua […] generante come Ino, come Diana sive natura genitrix” (Madonna in Fagiolo 1981, p. 208). A ben vedere risulta perfettamente credibile che in una supposta opposizione tra Diana e Venere, debba giocarsi non già una netta contrapposizione ma piuttosto identificarsi una via per la complementarità speculare delle due figure. [IL TESTO PROSEGUE IN OSSERVAZIONI]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201254204-3
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Villa d'Este-Tivoli
  • ENTE SCHEDATORE Villa d'Este-Tivoli
  • ISCRIZIONI su di una mattonella rettangonale - 1572 -
  • STEMMI sulle mattonelle esagonali - GENTILIZIO - Stemma - casato degli Este - giglio dorato
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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