pala d'altare - ambito marchigiano, ambito romano (prima metà XVII)

pala d'altare, 1600 - 1649

dipinto ad olio raffigurante la Vergine, con lo sguardo rivolto verso il basso, e il Bambino in atto benedicente; sotto san Giuseppe con l’attributo della verga fiorita, S. Anna in ginocchio e San Giovanni Battista, in ginocchio con il consueto simbolo del lungo bastone sormontato da una croce

  • OGGETTO pala d'altare
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Marchigiano Ambito Romano
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Chiesa di S. Bernardino
  • INDIRIZZO Via dei Cappuccini, 2, Amandola (FM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’attuale pala d’altare raffigura la Madonna con il Bambino in atto benedicente, sotto San Giuseppe, S. Anna e S. Giovanni Battista. Sull’altare maggiore era in origine collocata una tela di Pietro da Cortona (1596-1669), raffigurante la Madonna con Gesù Bambino in braccio, S. Giovanni Battista, S. Felice da Cantalice, S. Caterina e S. Andrea. La presenza di quest’opera sull’altare maggiore della chiesa dei cappuccini in Amandola, attestata in un inventario del 1728 cui accenna il Ferranti, può ricondursi al principe Antonio Barberini, cappuccino e fratello di Urbano VIII, il quale fu vescovo di Senigallia dal 1625 al 1629. La tela di Pietro da Cortona può dunque essere ricondotta al 1629 su base stilistica e può essere considerata come un omaggio dei confratelli di Amandola alla fine del mandato del Barberini nelle Marche. Purtroppo la tela fu portata via dai napoleonici nel 1797, insieme a molte altre opere ed è ora conservata presso la biblioteca milanese di Brera. La tela che attualmente orna l’altare maggiore, anch’essa di fattura seicentesca, non fu dunque realizzata per questa collocazione, ma semplicemente riadattata. Secondo i rari studi che la riguardano, essa sarebbe opera di un artista romano. Il Ferranti la giudica di “grande vividezza di colori, pur essendo povera nel disegno”. Purtroppo allo stato attuale si presenta molto rovinata a causa della persistente umidità degli ambienti che ne rende più difficoltosa la lettura. Nonostante ciò, la figura della Vergine e quella del Bambino in particolare rievocano in modo anche puntuale le eteree analoghe figure dipinte da Federico Barocci (1535-1612), come quelle della fuga in Egitto della Pinacoteca Vaticana (1573) o la Madonna del Rosario del Palazzo Vescovile di Senigallia, dipinta dall'artista tra il 1588 e il 1593. Indubbiamente diverso è il cromatismo, il che lascia supporre che la tela di Amandola sia opera di un cultore del Barocci, il cui stile ebbe una grande risonanza in molte regioni, non ultime le Marche. Ricordiamo che nel 1565 il Barocci, dopo una importante sosta romana, fece ritorno a Urbino dove rimase per molti decenni e che l’esperienza romana lo aveva portato ad accostarsi alle correnti artistiche locali, ma anche alle correnti più innovatrici dei Francescani e dei cappuccini facendo propri gli ideali di semplicità e comprensibilità. Possiamo solo ipotizzare il nome di Claudio Ridolfi (Verona 1570 circa- Corinaldo 1644), pittore veronese naturalizzato marchigiano, delicato interprete di suggestive atmosfere baroccesche sostanziate da una persistente maniera veneta. Fu restaurata nel 1995 a Urbino da Osvaldo Pieramici. Purtroppo non esistono notizie documentarie per cui è impossibile stabilire l’esatta provenienza dell’opera e come essa sia giunta nel convento dei Cappuccini
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1100264408
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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