compianto sul Cristo morto

dipinto,

Si tratta di un’unica asse con venatura orizzontale sul cui spessore rimangono tracce dell’assemblaggio originale. Gli elementi della cornice sono lavorati a parte e assemblati con colla e perni. Il disegno è a pennello con colore scuro, la lamina d’oro dello sfondo è applicata a guazzo su bolo rosso; la circonferenza delle aureole è tracciata a compasso e decorata con punzoni, l’area interna con girali, eseguiti in parte e a mano libera. Nella Deposizione l’aureola della Madonna, mancando di spazio sul piano, è stata fatta girare sulla cornice. Le iscrizioni e le minute decorazioni seriali sono dorate a missione, mentre la lamina di stagno dorato è usata nelle decorazioni delle cornici. La pellicola pittorica ha cromie particolarmente brillanti; nella sola Deposizione gli incarnati sono realizzati su base di verdaccio. Nel restauro nel 1954 il supporto dei due pannelli, che in origine dovevano essere di formato rettangolare, venne sagomato sull’andamento delle cornici. Di queste ultime sono originali gli archi trilobi e le colonnine laterali del Compianto, mentre non sono originali i vetri applicati sugli alveoli del lato inferiore sia della deposizione che del Compianto (cfr. Garibaldi, 2015, pp. 131-132)

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Maestro Di San Francesco (attribuito): esecutore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Margaritone D'arezzo
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Nazionale dell'Umbria
  • INDIRIZZO Piazza Giordano Bruno, 10, Perugia (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola, insieme alle altre quattro (inv. nn. 21, 22, 23, 1393), faceva parte di un paliotto dipinto su due facce, smembrato prima del 1793, proveniente dall’altare maggiore della chiesa di san Francesco al Prato e non dalla basilica di Assisi. Oltre ai dipinti conservati in questa Galleria, facevano parte del complesso: la tavola con san Simone e Bartolomeo nella collezione Lehman al Metropolitan Museum di New York, il san Giacomo minore e il san Giovanni evangelista della collezione Kress alla National Gallery di Washington e l'Isaia, conservato nel Museo del Tesoro della Basilica di san Francesco ad Assisi. La chiesa perugina di san Francesco al Prato assunse nel settimo decennio del XIII secolo una notevole importanza nel panorama artistico locale soprattutto a seguito della traslazione nel 1262 da san Francesco al Monte delle spoglie del beato Egidio, terzo compagno di san Francesco, accolte nell’antico sarcofago paleocristiano con le storie di Giona. A seguito di quell’evento, nel corso dei decenni successivi la grande chiesa conventuale fu arricchita di opere d'arte straordinarie, prima fra tutte la grande croce dipinta dal Maestro di san Francesco, anch’essa conservata in Galleria Nazionale dell’Umbria, che dall’inizio dell’ottavo decennio del XIII risultava ancorata ad un tramezzo a due terzi della navata. Sebbene non ci siano notizie certe sulla commissione del dossale è assai probabile che poco dopo la traslazione delle spoglie del compagno di san Francesco, questo venisse commissionato per ornare l’altare maggiore della chiesa e che qui sia rimasto fino alla sua rimozione avvenuta nel 1403 quando, a seguito di un complesso progetto di rinnovamento, venne posto sull’altare maggiore il grandioso polittico di Taddeo di Bartolo. La produzione pittorica convenzionalmente riunita sotto il nome di Maestro di san Francesco, non fu frutto di un'unica personalità, piuttosto di una bottega, che formatasi nello stimolante cantiere assisiate, esportò successivamente la propria cifra stilistica in altre chiese umbre, tra cui quella dei conventuali perugini. Qui la evidente derivazione dagli affreschi di Assisi (sia nel paliotto, che nella Croce del 1272) sembra suggellare "artisticamente" il legame spirituale tra due importanti chiese francescane della regione. Essendo stato smembrato e disperso, oggi non è facile ricostruire la forma originaria del dipinto bifacciale, proposta tuttavia recentemente da M. Pierini in Arti del Medioevo, 2022. E’ probabile che il dossale potesse essere così composto: nel verso, rivolto verso il coro, gli apostoli (San Pietro, San Francesco, San Simone e San Bartolomeo, San Giacomo minore, San Giovanni evangelista, Sant'Andrea, San Paolo e altri apostoli perduti), inseriti in un’architettura dipinta continua, con archi impostati su colonnine di finto porfido e capitello a fogliami ai lati di un Cristo in trono, anch’esso perduto; mentre sul lato rivolto verso l’assemblea doveva trovarsi la Madonna in trono e le storie della Passione di Cristo e, ai lati, Sant'Antonio da Padova e il profeta Isaia. E’ probabile, infine, che da questo lato ci fossero altre due tavole con la Spoliazione di Cristo e l’Andata al Calvario. La resa pittorica fluida, anche se ancora memore dello stile bizantino, lo stile narrativo vivace, la preziosità e la raffinatezza di alcune soluzioni decorative, l’accentuato, ma mai scomposto, pathos faranno di questa opera uno dei capisaldi dell’arte locale (cfr. Garibaldi, 2015, pp. 128-134). Per la ricostruzione dell'insieme vedi M. Pierini in Arti del Medioevo, 2021, scheda 1, pp. 68-71, con bibliografia precedente
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000220562
  • NUMERO D'INVENTARIO 22.2
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Galleria Nazionale dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Galleria Nazionale dell'Umbria
  • ISCRIZIONI dietro l'Angelo - R(ece)damus/ ab his sedibus - Giuseppe Flavio -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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