soggetto assente

dipinto, ante 1396 - post 1416

Trattasi della prima scena a sinistra del registro inferiore del lato est della Camera pinta. In questa scena, molto frammentaria, si vedono due donne che assistono al capezzale di un cavaliere. L’affresco è inquadrato in una cornice, definito attraverso un modulo a mascherina, presente in tutto il ciclo cavalleresco della metà settentrionale della Camera pinta

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • AMBITO CULTURALE Ambito Umbro
  • ATTRIBUZIONI Maestro Della Dormitio Di Terni (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale del Ducato di Spoleto
  • LOCALIZZAZIONE Rocca Albornoziana
  • INDIRIZZO piazza Campello, Spoleto (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Per la Benazzi, trattasi di una delle tre scene che concludono il ciclo pittorico, tuttavia, la leggibilità frammentaria dovuta alle lacune importanti, non ha permesso una lettura integrale dell’episodio (1997, p. 33). Nel 2004, Fratini, riprendendo quanto già affermato dalla Benazzi, sulla non facile interpretazione iconografica (ivi, p. 32), avanzò per gli episodi del lato nord, una fonte letteraria narrante le vicende della leggenda di Tristano e Isotta (2004, p. 263) ma non solo, la disamina che quest’ultimo fa a proposito del ciclo spoletino, mette in evidenza la presenza di una vera e propria bottega del Maestro della Dormitio di Terni, il cui numero di opere e la distribuzione nell’Umbria centro meridionale e nelle Marche, non possono che rilevare la presenza di diverse personalità che operavano presso di lui. Il ciclo spoletino, secondo Fratini, rappresenta un unicum, poiché da un lato, testimonia una committenza di alta levatura e dall’altra, tradisce “la presenza di diversi esecutori” (op. cit. p. 264). A tal proposito, su quest’ultimo aspetto, Fratini mette a confronto due scene del registro superiore della Camera pinta, la scena col “Duello di due cavalieri davanti alla fontana” e quella con “Il cavaliere addormentato destato da un rivale”; nel primo caso, lui evidenzia la presenza di un pittore dal tratto inciso, dedito alla descrizione “minuta dei dettagli” che identifica nel Maestro Grafico, nel secondo caso, invece, “l’inclinazione più sintetica” e la propensione all’utilizzo del chiaroscuro “piuttosto marcato” lo inducono ad identificarlo con il Maestro Sintetico, confermato dalla comparazione di elementi comuni alle due scene: i cavalli e le fontanine, trattati in modo diverso. Nel secondo affresco, tuttavia, il cavallo viene “condotto in modo più abbreviato con la criniera corta, rigida e compatta” mentre nel primo affresco è trattato “in modo minuzioso fin nella criniera ….arricciata”. Contestualmente al Fratini, Marilena Fiori nell'anno accademico 2003-2004, pubblicò nella tesi di laurea, uno studio sui contribuiti per la lettura iconografica della Camera pinta. Affermò che alcune scene dell'ambiente nord, si riferissero alla storia dei genitori di Tristano, Rivalin e Biancofiore, nella versione fornita da Gottfried von Strassburg. Nel 2013, la De Luca, tuttavia, smentisce le due interpretazioni fornite a distanza di dieci anni, poiché afferma nel primo caso, che nessun dei testi letterari che abbiano narrato le gesta di Tristano e Isotta, fornissero una lettura unitaria del ciclo spoletino. Proseguendo, parla anche dell’estraneità del ciclo anche rispetto ai volgarizzamenti italiani arricchiti dalla narrazione contaminata della storia di due amanti con quelle di Tristano e Isotta. A proposito della lettura della Fiori, invece, la De Luca, vuole far notare come le corrispondenze individuate in alcuni affreschi fosse "una lettura applicabile soltanto ad una parte degli episodi raffigurati" e collocati in modo non contiguo (2013, pp. 77-78). A questo punto, propone la sua lettura iconografica, supponendo che ad aver ispirato il ciclo spoletino della Camera pinta sia una fonte letteraria ben precisa, un'opera epica del Boccaccio, il Teseida. Proseguendo con la lettura iconografica dell’affresco preso in esame, la De Luca parla del frammento tratto dal libro IX del Teseide, raffigurante una donna che siede al capezzale di Arcita, con le mani alzate. L’episodio narra il momento secondo il quale Arcita viene trasportato nel palazzo di Teseo (op. cit., p. 102)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000196838-25
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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