soggetto assente

dipinto, ante 1396 - post 1416

Trattasi dell'affresco che occupa la parte superiore dell'arco centrale della zona nord della Camera pinta, adiacente e in contiguità alla parete ovest. In un'ambientazione analoga a quella della zona sud, la scena si svolge su di un prato verdeggiante e fiorito, al cui centro una fanciulla seduta, dalla tunica elegante e raffinata di colore chiaro, intreccia una corona di fiori. La tunica presenta sulle pieghe interne e sul colletto, della stoffa di differente colore che ne esalta la preziosità. L'acconciatura, presenta delle intrecciature che rendono visibile il viso e che la avvicinano alla sposa dell'ambiente sud. Dalla spalla destra della figura femminile, si diparte un cartiglio vuoto che termina nella parete ovest. Nella parete ovest, si erge un palazzo fortificato caratterizzato da molti particolari: le torri angolari a forma quadrangolare, la merlatura sommitale che corre lungo il perimetro della struttura e le decorazioni architettoniche delle cornici. Sul fronte del palazzo, sia sulla torre destra che sul corridoio centrale, si aprono delle finestre che presentano una bifora decorata. Sulla torre di sinistra, le finestre sono quadrangolari e presentano delle grate. Sotto alle finestre, una finestra a tutto sesto si apre su di un ballatoio, probabilmente utilizzato per

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • AMBITO CULTURALE Ambito Umbro
  • ATTRIBUZIONI Maestro Della Dormitio Di Terni (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale del Ducato di Spoleto
  • LOCALIZZAZIONE Rocca Albornoziana
  • INDIRIZZO piazza Campello, Spoleto (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Per la Benazzi, trattasi dell'affresco che raffigura la "Dama che intreccia un serto di fiori e foglie", infatti, "una donna assisa in un hortus conclusus come una "Madonna dell'Umiltà" intreccia un serto di fiori in vista di un castello che richiama nel suo aspetto la stessa rocca albornoziana di Spoleto" (1997, p. 32; p. 45, fig. 12). Fin dal 1997, proprio con la Benazzi, si è cominciata a fornire una lettura iconografica degli affreschi spoletini, tuttavia, la stessa ammise la non facile interpretazione della narrazione, nello scioglierne il significato degli episodi e soprattutto la mancata rintracciabilità della fonte d'ispirazione letteraria non nota. Tuttavia, ella stessa affermò, che il pittore o i pittori che lavorarono al ciclo "rappresenti eventi in chiave simbolica, facendosi prendere dalla illustrazione di episodi fissati nel fluire della vita e descritti sullo sfondo di città, castelli, luoghi naturali" (ivi, p.32). Nel 2004, Fratini, riprendendo quanto già affermato dalla Benazzi, sulla non facile interpretazione iconografica, avanzò per gli episodi del lato nord, una fonte letteraria narrante le vicende della leggenda di Tristano e Isotta (2004, p. 263) e al contempo, attribuì l'esecuzione dell'affresco "Giovane seduta con la corona di fiori" al Maestro Sintetico (op. cit. pg. 264). Contestualmente al Fratini, Marilena Fiori nell'anno accademico 2003-2004, pubblicò nella tesi di laurea, uno studio sui contribuiti per la lettura iconografica della Camera pinta. Affermò che alcune scene dell'ambiente nord, si riferissero alla storia dei genitori di Tristano, Rivalin e Biancofiore, nella versione fornita da Gottfried von Strassburg. Nel 2013, la De Luca, tuttavia, smentisce le due interpretazioni fornite a distanza di dieci anni, poichè afferma nel primo caso, che nessun dei testi letterari che abbiano narrato le gesta di Tristano e Isotta, fornissero una lettura unitaria del ciclo spoletino. Proseguendo, parla anche dell’estraneità del ciclo anche rispetto ai volgarizzamenti italiani arricchiti dalla narrazione contaminata della storia di due amanti con quelle di Tristano e Isotta. A proposito della lettura della Fiori, invece, la De Luca, vuole far notare come le corrispondenze individuate in alcuni affreschi fosse "una lettura applicabile soltanto ad una parte degli episodi raffigurati" e collocati in modo non contiguo (2013, pp. 77-78). A questo punto, propone la sua lettura iconografica, supponendo che ad aver ispirato il ciclo spoletino della Camera pinta sia una fonte letteraria ben precisa, un'opera epica del Boccaccio, il Teseida. Ultima opera napoletana dell'autore risalente al 1339-41 e forse terminata a Firenze, è un poema in ottave di dodici libri secondo il modello classico, ispirato alla Tebaide di Stazio che narra le gesta di Teseo contro le Amazzoni e la città di Tebe. La vicenda, tuttavia più importante tratta una storia d'amore che vede coinvolti due amici, Arcita e Palemone che si invaghiscono della stessa donna, l'amazzone Emilia e per lei si sfideranno a duello; Arcita, vincitore ma colpito a morte, cederà l'amata all'amico. L'opera che non può considerarsi un vero e proprio poema epico, può essere invece considerata come mirabile esempio dell'enciclopedismo boccacciano per la vasta conoscenza del mondo e di miti classici. La De Luca suppone la stretta aderenza del soggetto classico trasposto, tuttavia nel mondo cortese e feudale delle scene della Camera pinta, diretta emanazione della cultura napoletana neofeudale della corte angioina, alimentata dai rapporti diretti con Avignone, di cui il committente, il Tomacelli, ne era stato a stretto contatto e che aveva portato con sè a Spoleto. La coincidenza "sorprendente" a detta della De Luca, tra alcuni episodi del Teseide è riscontrabile tra le scene dell'ambiente nord della Camera, disposte sui due registri superiore e inferiore, in particolare negli episodi che narrano la storia di Emila, Palemone e Arcita dal libro terzo fino al dodicesimo. La scena che raffigura l’episodio, secondo la De Luca, corrisponde a quanto Boccaccio riporta all'inizio del terzo libro del Teseide, quando in un giardino fiorito primaverile si suppone, avvenga l'innamoramento di Arcita e Palemone per Emilia che attratti dalla voce melodiosa si affacciano dalle loro celle, restando colpiti dalla sua bellezza. Anche se la parte destra dell'affresco, in corrispondenza della torre del palazzo è andata perduta, si intravedono, tuttavia nella superstite zona di sinistra, due finestre quadrangolari con delle grate che alludono o alle celle dei due cavalieri tebani o alla presenza di altre finestre carcerarie. Il pittore, secondo la De Luca, ha voluto concentrarsi, a differenza di altri che hanno riprodotto l'episodio, "l'esatta trasposizione del testo boccacciano". (De Luca, op. cit. pp. 83-91)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000196838-13
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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