Crocifisso d'Elci. Cristo crocifisso

scultura, 1290 - 1299
Giovanni Pisano (attribuito)
1248 ca./ 1314-1319

Soggetti sacri. Personaggi: Cristo. Abbigliamento religioso: perizoma

  • OGGETTO scultura
  • ATTRIBUZIONI Giovanni Pisano (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
  • INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il Crocifisso è menzionato da Cardosi e dal canonico Martini che ne indicano l'esistenza sulla parete orientale del transetto settendrionale del Duomo, a destra della porta, all'interno di un tabernacolo ligneo; secondo Cardosi e Da Morrona vi sarebbe stato trasportato nel 1678 per volontà dell'Operaio Venerosi; in precedenza si sarebbe trovato sull'altare del Sacramento, nel transetto opposto. Il Martini riferisce la leggenda, più volte ripresa da altri autori, che lo identifica col Crocifisso che sarebbe stato sul pulpito del Duomo quando vi avrebbe predicato S. Tommaso d'Aquino. Secondo Enzo Carli, questa ipotesi è dubbia, poichè S. Tommaso morì nel 1274 mentre il nostro Crocifisso sembra essere stato eseguito verso la fine del XIII secolo, durante il soggiorno nella città tra il 1285 ed il 1326. Pertanto, le fonti attestano che sia stato conservato prima sul pulpito, successivamente tra il 1569 ed il 1678 sull'altare del Santissimo Sacramento ed infine viene documentato per più di due secoli, dal 1742 fino al 1986 (anno d'apertura del Museo dell'Opera Primaziale di Pisa), entro una nicchia sovrastante la tomba dell'Arcivescovo Francesco Pannocchieschi d'Elci, dove una fitta grata ne precludeva la vista. Proprio da questa collocazione prende il cosiddetto nome "Crocifisso d'Elci". Dal 1986 l'opera si trova esposta nel Museo dell'Opera del Duomo di Pisa, nella sala del Tesoro: per l'occasione è stata sottoposta ad un intervento di restauro da parte della Soprintendenza di Pisa. Il crocifisso è sempre stato scarsamente considerato dalla storiografia a causa della quasi impossibiltà di averne una chiara visione nell'ubicazione che ebbe per secoli. Papini lo riteneva vicino all'arte di Giovanni Pisano, alla cui scuola lo riferiva Toesca; secondo la Lisner si tratterebbe del lavoro di un capace allievo di Giovanni su disegno del maestro, da situarsi nel periodo della lavorazione del pergamo di Pisa ( primo decennio del Trecento ). Un più attento studio dell'opera è stato infine condotto da Max Seidel nell'ambito di una vasta ricerca sulla produzione di crocifissi lignei all'interno della bottega di Giovanni. Lo studioso ha distinto due gruppi di crocifissi all'interno di questa produzione; il primo si mostra tipologicamente vicino alle figure del Cristo sulla croce nei rilievi del pergamo di Pisa, composto da dai due Crocifissi oggi in S. Andrea a Pistoia, da quello di Prato e dal frammento dei Musei di Berlino. Il secondo mostra diversi stilemi ed è composto dal nostro Crocifisso e da quello conservato nel Museo dell'Opera del Duomo di Siena. Per Seidel questo secondo gruppo potrebbe risalire alla prima attività di Giovanni. Un'attenta lettura dell'opera mette in evidenza la croce, che raffigura un tronco d'albero i cui rami formanti le braccia, che non sono orizzontali ma rivolti in alto formano con l'orizzonte un angolo di circa 45°. Il Cristo magro e scarno vi è appeso ed inclina la testa alla sua destra: la faccia ha attitudine di dolore ed i capelli gli scendono a masse sugli omeri: un panno gli cinge i lombi e in cima alla croce sta il cartello con fondo rosso e lettere bianche in cui è iscritto INRI. Si colgono le analogie e le differenze con il Crocifisso di Giovanni, conservato nel Museo dell'Opera del Duomo di Siena, coevo al nostro, secondo Seidel. In entrambe le croci infatti, le gambe del Cristo volgono in direzione opposta al reclinarsi della testa ( peraltro in modo assai accentuato in quella di Siena ), secondo Max Siedel il nostro crocifisso è da ritenersi anteriore a quello del pulpito di Pistoia ( 1301 ), nel quale le ginocchia del Cristo avanzano decisamente verso sinistra determinando una forte incurvatura del ventre che quasi spezza il corpo al livello dei fianchi: questo si ritrova in altri crocifissi lignei di Giovanni, come quello conservato nei musei statali di Berlino, quello di Sant'Andrea di Pistoia e del Duomo di Prato appartenenti alla più tarda attività dello scultore. Forti analogie tra il nostro Crocifisso e quello di Siena si riscontrano in corrispondenza del modellato del torso, della gabbia toracica fortemente sporgente sopra il ventre smagrito e delle gambe. Certo si nota il rifacimento del braccio e della spalla destra realizzato durante un precedente restauro risalente agli anni ottanta prima dell'apertura del Museo medesimo. Qualche differenza si coglie in corrispondenza del perizoma, infatti in quello pisano è più largo e più morbido, addirittura lascia scorperto il ginocchio. Ciò che maggiormente si evince tra i due crocifissi è il diverso rapporto con il legno della croce, poichè quello pisano risulta rifatto mentre quello senese originale. Nel primo il corpo aderisce assai di più al tronco della croce, mentre nel secondo il corpo se ne distacca decisamente con una forte pendenza in avanti mentre le gambe obliquano sensibilmente sì che la figura assume una più vivace e spasmodica articolazione
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà persona giuridica senza scopo di lucro
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900769115
  • NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00769115
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2014
  • ISCRIZIONI in alto - I(esus) N(azarenus) R(ex) I(udaeorum) - a pennello/ bianco - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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