convito di Assuero

dipinto,

Dipinto a olio su tela, raffigurante la scena del convito di Assuero

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Lomi Aurelio (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
  • INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela raffigurante "Il Convito di Assuero" è stata realizzata da Aurelio Lomi, così come attestano le fonti storico-critiche. Per quanto riguarda la datazione, Giampiero Lucchesi (1993) scrive realizzata intorno al 1595; mentre Roberto P.Ciardi nel suo saggio sul Museo dell'Opera del Duomo di Pisa (1986) la colloca intorno il 1595 ed il 1597, prima della partenza dell'artista per Genova. Nella composizione, se pur gremita, la cultura dominante è ancora quella del maturo manierismo toscano. L'impiego di una prospettiva frammentata, con fughe prospettiche sinuose, è del tutto diverso dalla contrappuntata chiarezza rappresentativa dei Semino o di Giovan Battista Castello, per non parlare del Cambiaso, ai quali si riferirà il Lomi nella sua seconda parte del percorso artistico. Quest'opera attesta il concludersi della prima esperienza pisana, come dimostra la diversa tenuta del colore che ha ormai corroso l'intenso, cristallino grafismo delle tre grandi tele sulla parete orientale del transetto nord del Duomo; segno che la pittura cromaticamente più preziosa e ricca di un Pagani, di un Passignano e di un Cigoli, aveva esercitato un fascino discreto al quale lo sperimentalismo del Lomi non aveva saputo sottrarsi. Al Cigoli lo legavano precisi rapporti: dall'emulazione del famoso tema dell'Ecce Homo, al fatto che il Cardi aveva stimato la prima opera del Lomi, i giovanili affreschi del Camposanto. Aurelio Lomi realizzò tre tele per il Duomo: "Il Convito di Assuero"; "Le nozze di Cana" e "Mosè che fa scaturire le acque"; tutte e tre si trovavano sino al terzo decennio dell'Ottocento (secondo Roberto P.Ciardi) sopra le porte interne del battistero, anche se sembra fosse tutt'altro che questa la collocazione originaria. Dai documenti rintracciati in archivio, invece si evince che le opere rimasero fino agli anni quaranta dell'Ottocento, periodo in cui sappiamo che furono trasportate nei matronei del Duomo ( AOP, Libro del magazzino 1839-42, c25 ), mentre nel testo di Giampiero Lucchesi si legge sino agli anni Cinquanta. Certo, in seguito al ripristino neogotico dell'edificio, le prime due furono rimosse e abbandonate nei matronei del Duomo. Della terza si è invece persa la traccia e ne resta soltanto una sfocata immagine in una tavola del Theatrum Basilicae Pisanae di Giuseppe Martini, che raffigura l'interno del battistero. "Il convito di Assuero", come "Le Nozze di Cana", sono opere che solo di recente sono tornate alla luce, nel Novembre del 1610 le due tele erano ancora allo stato di chiaroscuro, così i pittori Cosimo Gamberucci e Pietro Sorri le videro e stimarono. Non conosciamo con assoluta certezza la data in cui Aurelio le portò a compimento, sebbene numerosi pagamenti "per haver colorito le due tavole di Pitture fatte da lui [Lomi] più tempo fa di chiaro scuro", registrati agli anni 1617-18, indichino un sicuro termine per l'esecuzione. Pertanto, entrambe le due opere realizzate in un primo momento a chiaroscuro e poi colorito. Nonostante i documenti attestino che la tela sia stata eseguita tra il 1610 ed il 1617, periodo durante il quale sembrava volgersi una pittura meno artificiosa e più naturale, l'uso della prospettiva frammentata, ed in genere il gusto per il ricco e l'ornato, per i colori squillanti e dissonanti, in una pasta cromatica che si avvicina all'algido cromatismo di Maso da San Friano, manifestano la vicinanza alla pittura fiorentina degli anni '80 del Cinquecento. In questa direzione si inseriscono le citazioni vasariane del personaggio di spalle con il berretto piumato, ripreso dal San Rocco di Arezzo, ma assunto con una declinazione compositiva decisamente più accentuata, ed il re seduto sulla destra, memore del re moro nell'Adorazione dei Magi di Rimini, mentre il prezioso tessuto del baldacchino indica l'interesse sempre meno timodo per la pittura più ricca di un Pagani, di un Passignano, di un Cigoli
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900769106
  • NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00769106
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2014
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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