morte di San Francesco d'Assisi

dipinto murale, ca 1620 - ca 1624

L'affresco, episodio conclusivo della vita del Frate, segue fedelmente, secondo quanto ha stabilito Anna Maria Amonaci (1989), la descrizione della morte del Santo narrata da Marco da Lisbona (1582, II, p. 260). Francesco è rappresentato disteso in primo piano sulla terra nuda, ricoperto soltanto da un piccolo lembo di lenzuolo in vita e con la testa riversa su una pietra, tutte componenti che evidenziano ancora una volta la sua condotta di vita incentrata sulla miseria, l'umiltà e la penitenza. La sua mano sinistra poggia umilmente sulla ferita del costato, mentre con la destra accenna a un gesto di benedizione. Raffigurati in parte ginocchio in parte in posizione eretta, due gruppi di confratelli e funzionari religiosi si stringono in raccoglimento attorno al Santo. Sullo sfondo altre figure, tra cui spicca quella femminile riconosciuta nella nobildonna romana Iacopa de' Settesoli, e, nella parte alta della lunetta, in un volo composto ed equilibrato due angioletti porgono l'ultimo saluto al frate portando con se, una corona di fiori e la palma del martirio. La scena, dal tono solenne e al contempo moderato, è trattata dal Ferrucci con quella pacatezza e semplicità formale che contraddistinguono non soltanto il suo stile pittorico, ma il genere della pittura devota

  • OGGETTO dipinto murale
  • ATTRIBUZIONI Ferrucci Nicodemo Di Michelangelo (1574/ 1650): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'intero ciclo decorativo venne commissionato dai frati minori al veronese Jacopo Ligozzi, autore, come attesta la firma autografa nella seconda e quinta scena, della parete meridionale, di quella occidentale e degli episodi quali "L'incontro di San Francesco, San Domenico e Sant'Angelo Carmelitano in San Giovanni in Laterano" e "San Francesco riceve le stimmate". A lui subentrarono, in un secondo momento, Giovanni Mannozzi, Galeazzo Ghidoni, Filippo Tarchiani e Nicodemo Ferrucci che portarono a compimento la parte restante del ciclo, avvalendosi, per alcune scene (è questo il caso della "Cacciata dei diavoli"), di disegni preparatori che lo stesso Ligozzi aveva lasciato. Il 1599, anno di edizione delle "Rime" di Andrea Grillo, testo da cui il Ligozzi avrebbe tratto le citazioni presenti sotto ogni singolo episodio entro cartigli o cornici, è stato fissato come termine post quem per l'inizio dei lavori del ciclo (Conigliello 1989). Ipotesi avvalorata dalla presenza di due date trascritte dal pittore veronese negli episodi de "Il dono del mantello" e "La rinuncia ai beni paterni", rispettivamente 1600 e 1602. Se poi consideriamo un pagamento avvenuto nel 1605 da parte di un certo Balì Roberto Pucci per una della lunette del chiostro e che la sesta storia venne ripresa tra il 1604 e il 1607 dal Poccetti in uno degli affreschi dell'Annunziata (Conigliello 1989), possiamo proporre anche un arco cronologico per le prime scene ligozziane compreso tra il 1600, anno tradizionalmente riconosciuto dalla letteratura (a partire da Giuseppe Richa) come inizio della decorazione, e il 1607. A distanza di quasi un decennio subentrò, nella parete settentrionale, il pittore Toscano in arte conosciuto come Giovanni da San Giovanni che dipinse le prime cinque storie (Baldinucci 1846). Fu la volta di Galeazzo Ghidoni con l'episodio del "San Francesco che resuscita un bambino annegato" e di Filippo Tarchiani con il "Miracolo di San Francesco che converte l'acqua in vino". Le successive scene, ventitre e ventiquattro, si devono nuovamente al Ligozzi che lasciò definitivamente il posto a Nicodemo Ferrucci, autore delle cinque lunette conclusive del ciclo francescano. Il termine della decorazione può essere considerata, come riferisce il Terrinca (1691), la data 1624 (Matteoli 1973; Conigliello 1990). Come sottolinea la studiosa Lucilla Conigliello (1989), gli affreschi del Ligozzi si differenziano non solo dalla tradizione cinque-seicentesca di Andrea del Sarto piuttosto che Bernardo Poccetti per spazi meno scenografici e figure che si proiettano in primissimo piano, ma anche per una grande attenzione ai particolari che denotano il gusto per l'ornato (elemento distintivo della sua attività di decoratore) e per l'introduzione di elementi di novità che creano nello spettatore effetto di meraviglia. La sua pittura nitida e arcaizzante, che bene si fonde con la vita francescana e costituisce un modello per il fedele, si rivolge piuttosto, nell'organizzazione degi spazi riprodotti come scatole prospettiche e nelle tipologie fisionomiche, agli artisti del secolo XV (Ghirlandaio, Signorelli)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655765-29
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI in basso, a sinistra della lunetta entro un cartiglio - SOVRA'L TERRENO IGNUDO/ NUDE LE MEMBRA ESAMINATE BRAMI/ OH D ASPRA POVERTA' RIGIDO SCUDO [---] MEDESIMO DI [---]/ [---] NOSTRO ANCO [---]/ [...]M[..]IVI IN ABISSO/ SEPOLTO FU CHI SI VESTIA [......] - Marco da Lisbona (Chronicas da Ordem dos frades menores do Serafico Padre Sam Francisco) - lettere capitali - a pennello nero - volgare
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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