miracolo del fanciullo resuscitato

dipinto murale 1616 - 1619

In questa sua seconda lunetta Giovanni da San Giovanni descrive il momento conclusivo dell'evento miracoloso del bambino morto in una caldaia e resuscitato da San Francesco. La storia, tratta dal testo di Marco da Lisbona (Conigliello 1989), racconta di un fanciullo che, per negligenza della nutrice, cade in una caldaia e muore. I genitori depongono il corpo del piccolo in soggiorno, in una cassa adibita alla frutta, e, nonostante la sofferenza per la perdita del figlio, si sforzano di non affliggere con il proprio dolore il Santo, invitato dai due coniugi per pranzare con loro. Durante il banchetto Francesco esprime il desiderio di mangiare della frutta indicando il baule dove è deposto il piccolo: con grande stupore e gioia dei presenti è il bambino che va incontro al Santo porgendogli le mele; questo è il momento di festa che il pittore ha scelto di rappresentare. La scena è scandita dalle figure in primo piano: dal personaggio di spalle che ruota il busto verso il piccolo resuscitato, allo stesso che, con un movimento impetuoso fuoriesce dalla cassa, e, in particolar modo dal gesto concitato della madre che, a braccia aperte, corre verso il figlio tanto da essere ritratta con l'abito svolazzante (continua in annotazioni)

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • ATTRIBUZIONI Mannozzi Giovanni Detto Giovanni Da San Giovanni (1592/ 1636): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'intero ciclo decorativo venne commissionato dai frati minori al veronese Jacopo Ligozzi, autore, come attesta la firma autografa nella seconda e quinta scena, della parete meridionale, di quella occidentale e degli episodi quali "L'incontro di San Francesco, San Domenico e Sant'Angelo Carmelitano in San Giovanni in Laterano" e "San Francesco riceve le stimmate". A lui subentrarono, in un secondo momento, Giovanni Mannozzi, Galeazzo Ghidoni, Filippo Tarchiani e Nicodemo Ferrucci che portarono a compimento la parte restante del ciclo, avvalendosi, per alcune scene (è questo il caso della "Cacciata dei diavoli"), di disegni preparatori che lo stesso Ligozzi aveva lasciato. Il 1599, anno di edizione delle "Rime" di Andrea Grillo, testo da cui il Ligozzi avrebbe tratto le citazioni presenti sotto ogni singolo episodio entro cartigli o cornici, è stato fissato come termine post quem per l'inizio dei lavori del ciclo (Conigliello 1989). Ipotesi avvalorata dalla presenza di due date trascritte dal pittore veronese negli episodi de "Il dono del mantello" e "La rinuncia ai beni paterni", rispettivamente 1600 e 1602. Se poi consideriamo un pagamento avvenuto nel 1605 da parte di un certo Balì Roberto Pucci per una della lunette del chiostro e che la sesta storia venne ripresa tra il 1604 e il 1607 dal Poccetti in uno degli affreschi dell'Annunziata (Conigliello 1989), possiamo proporre anche un arco cronologico per le prime scene ligozziane compreso tra il 1600, anno tradizionalmente riconosciuto dalla letteratura (a partire da Giuseppe Richa) come inizio della decorazione, e il 1607. A distanza di quasi un decennio subentrò, nella parete settentrionale, il pittore Toscano in arte conosciuto come Giovanni da San Giovanni che dipinse le prime cinque storie (Baldinucci 1846). Fu la volta di Galeazzo Ghidoni con l'episodio del "San Francesco che resuscita un bambino annegato" e di Filippo Tarchiani con il "Miracolo di San Francesco che converte l'acqua in vino". Le successive scene, ventitre e ventiquattro, si devono nuovamente al Ligozzi che lasciò definitivamente il posto a Nicodemo Ferrucci, autore delle cinque lunette conclusive del ciclo francescano. Il termine della decorazione può essere considerata, come riferisce il Terrinca (1691), la data 1624 (Matteoli 1973; Conigliello 1990). Come sottolinea la studiosa Lucilla Conigliello (1989), gli affreschi del Ligozzi si differenziano non solo dalla tradizione cinque-seicentesca di Andrea del Sarto piuttosto che Bernardo Poccetti per spazi meno scenografici e figure che si proiettano in primissimo piano, ma anche per una grande attenzione ai particolari che denotano il gusto per l'ornato (elemento distintivo della sua attività di decoratore) e per l'introduzione di elementi di novità che creano nello spettatore effetto di meraviglia. La sua pittura nitida e arcaizzante, che bene si fonde con la vita francescana e costituisce un modello per il fedele, si rivolge piuttosto, nell'organizzazione degi spazi riprodotti come scatole prospettiche e nelle tipologie fisionomiche, agli artisti del secolo XV (Ghirlandaio, Signorelli)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655765-17
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI in basso, al centro della lunetta entro una finta cornice - HAVEA FERVOR BOLLENTE/ UN PARGOLETTO IN FIERA GUISA ESTINTO/ L'HUMIL SERVO DIVIN DA PIETA' VINTO/ IN VITA LO RITORNA IMMANTINENTE./ OH VIVA FEDE, E PIU CHE L CIEL POSSENTE/ SOLA TU L'INVISIBILE RIMIRI/ E DOVE IL CIEL NON PUO LA VITA SPIRI - Marco da Lisbona (Chronicas da Ordem dos frades menores do Serafico Padre Sam Francisco) - lettere capitali - a pennello nero - volgare
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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