SPOSALIZIO DI MARIA VERGINE
dipinto,
1518 - 1523
Marti Agostino Di Francesco (1482/ Post 1543)
1482/ post 1543
Dipinto raffigurante Sposalizio di Maria Vergine
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Marti Agostino Di Francesco (1482/ Post 1543)
- LOCALIZZAZIONE Lucca (LU)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Almeno fino al 1899 l'opera rimane al primo altare della navata sinistra, dedicato a S. Giuseppe, per il quale era stata commissionata, perché è lì che la vede il Ridolfi nel 1898, mentre, nel 1912, il Campetti e il Barsotti nel 1923 la descrivono nella cappella del transetto sinistro, dedicata al SS. Sacramento, assieme alla S. Apollonia di Antonio Franchi e ai SS. Girolamo, Sebastiano, Rocco e Elena di Filippino Lippi; specifica il Barsotti che fra le due tavole era stato inserito un bassorilievo in marmo raffigurante la Madonna col Bambino ovvero quanto restava del demolito monumento funebre, scolpito da Raffaello da Montelupo in onore del vescovo Silvestro Gigli. Aggiunge anche che le rientranze centinate ricavate nel muro, presenti in entrambi i bracci del transetto, nei quali poi saranno collocate le due opere, erano stati decorate un decennio prima. Probabilmente è nel corso di questi spostamenti che viene tolta la lunetta con l' Eterno, recentemente acquisita dallo Stato e conservata al Museo di Villa Guinigi. Nel 1518, forse su pressione del padre di Agostino, Francesco, orafo e architetto nonché operaro della chiesa stessa, la Compagnia di S. Giuseppe, che reggeva l'altare, commissiona l'opera al pittore, anzi, questa è l' unica commissione che sembra essere rimasta da parte di una confraternita, che, stando alle scarse notizie che risultano a suo riguardo, accoglieva personaggi ragguardevoli per ceto sociale e economico. Dalla lettura del lungo e assai dettagliato contratto, redatto nel luglio del 1518 e pubblicato per la prima volta da Michele Ridolf inel 1879, si ricava che il Magnifico Anziano Gaspare di Matteo Carincioni, a nome della Società si impegna a dare al pittore la somma di 100 ducati d'oro in cambio di una tavola - da consegnarsi entro il febbraio successivo - in cui avrebbe dovuto rappresentare Maria, S. Giuseppe, S. Simeone "et aliis figuris necessariis et requisitis", secondo il disegno conservato presso Baldassarre Barili, " camerario della Società". La pala doveva essere coronata da una lunetta con l' Eterno, in linea con la tipologia già adottata da Agostino anche nel1517 per la Madonna col Bambino fra i santi Bartolomeo e Martino della Badia di Cantignano. Alla data stabilita l'opera non è ancora terminata tanto che gli viene concessa una proroga, proroga che viene ugualmente disattesa, rendendone indispensabile una seconda; nell'aprile del1521, Lorenzo Bartolini e Giacomo Luporini, rispettivamente priore e vicepriore della Società, si adoperano percambiarne lo statuto in modo che possa essere eretto un nuovo altare più adatto e più consono ad ospitare la pala. Il dipinto, che sarà portato a termine nel'23, mostra che il Marti aveva messo a frutto nuove esperienze, maturate nel corso di un viaggio, posteriore al 1517 ma terminato entro il '18, condotto" erga exteras regiones" (ASL, Testamenti38, Ser G. Piscilla, c.64 r/v), che lo proiettano verso un nuovo tipo di linguaggio, in cui la linea modulata edolce, quasi sentimentale di Fra' Bartolomeo, cui in precedenza siera mostrato fortemente debitore, si fa più secca e tagliente mentre le tonalità dei colori riflettono risoluti barbagli metallici. Indizi questi che evidenziano la sua particolare propensione nei confronti della cultura figurativa emiliano-bolognese, propensione che non è solo episodica ma che si ritrova con costanza soprattutto nelle opere del terzo decennio del secolo. E' pertanto assai probabile che il suo viaggio si sia svolto in territorio emiliano, per approfondire la conoscenza proprio di quella cultura figurativa con cui comunque anche in patria, grazie alle opere lasciate da Amico Aspertini e da Francesco Francia all'aprirsi del secolo, aveva potuto avere eccellenti approcci. In questa composizione, che rappresenta un unicum nel catalogo delle sue opere, per complessità e numero di personaggi, non dimentica tuttavia il pittore certe sue caratteristiche peculiarie che si identificano in un deciso indulgere ai particolari decorativi - con un'attenzione speciale alle acconciature complicate, ai tessuti preziosi, agli ornamenti -si vedano quelli indossati dal sacerdote al centro del dipinto - che rivela appieno la frequentazione con la bottega del padre orafo. Elementi questi già messi opportunamente in rilievo dalla Filieri nel 1996, che se ne serve anche per supportare con ulteriori prove la paternità da lei proposta, ma suggeritagli da Andrea De Marchi, dello Sposalizio mistico di Santa Caterina, già a Dortmund nella coll. Cremer. Dall'osservazione del quadro si deduce quanto al Marti stesse a cuore dare una connotazione dotta e attuale all'opera, eliminandoquell'aura di sacralità con cui viene descritto l' episodio nel Libro di Giovanni,uno dei Vangeli apocrifi, e poi passato nel sec. XIII nella Legenda aurea
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900424005
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
- DATA DI COMPILAZIONE 1995
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DATA DI AGGIORNAMENTO
1999
2000
2006
- ISCRIZIONI in basso nel cartiglio - AUGUSTINUS DE MARTIS FACIEBAT MDXXIII// - a pennello - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0