Morte di Eliogabalo

dipinto,

Il dipinto ritrae la scena di un'uccisione che si svolge davanti a uno sfondo architettonico; la vittima è riccamente vestita e già costretta a terra con la destra sollevata quasi a trattenere la soldataglia che sta per colpirla. I colori sono vivi predominano il bianco e il rosso, il blu delle vesti. Senza cornice

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Romano
  • ATTRIBUZIONI Poussin Nicolas (e Aiuti): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE palazzo Prati Savorelli
  • INDIRIZZO corso Armando Diaz, 49, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La “Morte di Eliogabalo” e il suo pendant “L'uccisione di Geta tra le braccia della madre Giulia” sono tra le testimonianze più interessanti di quello che è rimasto della collezione Savorelli Prati. Innanzitutto per l’attribuzione a Poussin, ribadita in diversi inventari ottocenteschi pertinenti il guardaroba della famiglia forlivese. Concordanza non riservata, ad esempio, a un altro gruppo di piccoli dipinti con la “Passione di Cristo”, assegnato ora al pittore francese ora alla sua scuola. Fermo restando che dovrà essere un’indagine approfondita a confermare o meno la grafia, il dipinto con l’uccisione di Eliogabalo, pur nello stato lacunoso che non consente la piena identificazione dei personaggi, offre brani di indiscutibile qualità pittorica. Ad esempio, il panneggio bianco che avvolge il giovane imperatore romano, o la madre Giulia Someia, cattura l’attenzione sulla scena cruciale: la figura riversa a terra con le braccia aperte esprime lo sconcerto per l’imminente morte. L’illuminazione fortemente contrastata drammatizza l’atto che si sta compiendo sullo sfondo di un imponente colonnato. Nello stesso tempo, si percepisce un equilibrio registico che preannuncia la transizione dal classicismo barocco a quello settecentesco. Questi caratteri stilistici possono essere compatibili con la produzione degli anni trenta-quaranta, culminante con la seconda serie dei “Sette Sacramenti”, realizzati tra il 1644 e il 1648 su commissione di Paul Fréart de Chantelou: è ipotizzabile che Poussin sia responsabile dell’idea dei quadri dell’Istituto Prati, a cui ha dato forma pittorica forse con la collaborazione di un allievo. Nella “Nota dei quadri esistenti in Forlì”, stilata dopo il matrimonio fra Nicola Savorelli Prati Muti Papazzurri e Chiara Prati nel 1863, i due dipinti sono inventariati tra le proprietà dello sposo, quindi potrebbero provenire dai romani Muti Papazzurri. Si consideri che il tema storico raffigurato ben si collega a un certo gusto collezionistico capitolino. Cercando una sorta di filo conduttore, il tema del regicidio fa infatti pensare, con diversi intenti moralistici, alle ‘morti stoiche’. Queste sono raffigurate da un gruppo di sovrapporte che Vincenzo Giustiniani commissiona per la sua “quinta Stanza Grande”: la “Morte di Seneca” a Joachim von Sandrart, la “Morte di Cicerone” a Francois Perrier, quella di Socrate a Josse de Pape detto Giusto Fiammingo e a Poussin la “Strage degli innocenti” del Musée Condé di Chantilly. Come avanzato da alcuni studiosi - Grautoff (1917), Moschetti (1922), Panofsky (1960) e Cropper (1996) - Poussin per quest'ultima composizione si è ispirato a un passo del poema dell’amico e protettore Giovanni Battista Marino (1632): “Né, di ciò pago ancor, l’uom crudo e rio / Con le piante calcandolo lo spezza.” (Strage de gl’Innocenti, III, 40, 1-2: cfr. C. Caruso, Un’ipotesi per la ‘Strage degli Innocenti’ di Nicolas Poussin (Chantilly, Musée Condé), in “Aprosiana”, 13 (2005), p. 19). Interessante notare come il brutale espediente del piede premuto sul piccolo innocente è adottato anche nella tela con Eliogabalo. L’uccisione di Eliogabalo, tramandata da Casso Dione (III sec. d. C.) e poi dall’Historia Augusta (IV sec. d. C.) con dettagli non proprio attendibili, pare un soggetto sostanzialmente inedito nel contesto figurativo emiliano-romagnolo. È un episodio storico d'altronde singolare in quanto richiama la vita dissoluta del giovane discendente di Settimio Severo e cugino di secondo grado di Caracalla. Questi, ricordiamolo, è protagonista indiretto del succitato pendant poiché fratricida di Geta. Nato in Siria, devoto al culto del dio sole El-Gabal, da cui il soprannome, amante dei travestimenti femminili e di una sessualità disinibita, nonché istitutore di un “Senato delle donne”, l’imperatore adolescente è troppo trasgressivo per i pretoriani che ne decreteranno la morte. Negli anni centrali del Seicento, l’ambiguità commisurata all’effeminazione riceve una crescente attenzione intellettuale e gli “eroi effeminati” trovano spazio nel nascente melodramma, tra cui proprio Eliogabalo. Venezia è il centro propulsore di questo teatro anticonformista “e, in particolare, l’ambiente di musicisti e librettisti che gravita intorno all’Accademia degli Incogniti, fondata dal patrizio veneziano Gian Francesco Loredan nel 1630” (A. Melis, «Sei troppo effemminato. / Di femmina son nato». Infrazione di codici e fluidità di genere in alcuni libretti d’opera del Seicento veneziano, in “Storia delle Donne”, 16 (2020), pp. 104-105). Loredan, essendo autore della biografia di Marino (1633), potrebbe essere quindi uno dei collegamenti tra Poussin e un contesto accademico che in questi anni domina la scena culturale sotto vari punti di vista. Ritornando infine sulla committenza della presente coppia di dipinti, non è ancora documentabile e non si hanno notizie su uno scambio culturale tra i Giustiniani e i Muti Papazzurri (risulta tuttavia dalle carte d’archivio un importante rapporto di tipo economico, dato che questi ultimi hanno venduto ai primi tenute e case nel viterbese; cfr. S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani, Inventari II, Torino 2003, p. 125). D’altro canto, come Vincenzo Giustiniani, il marchese Giovanni Muti Papazzurri è particolarmente sensibile alla pittura francese. Una predilezione confermata dagli importanti lavori richiesti a Charles Mellin e a Simon Vouet (cfr. Y. Primarosa, Giovanni Battista Muti Papazzurri e Charles Mellin: un “nobile dilettante” e un pittore lorenese alla Corte dei Barberini, in “Storia dell’arte”, 127 (settembre - dicembre 2010), pp. 41-92)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800052272
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 1992
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
    2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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