Madonna dell'umiltà. Madonna con il bambino
dipinto
ca 1420 - ca 1430
Badile Giovanni (1379 Ca./ 1449 Ca)
1379 ca./ 1449 ca
Il dipinto raffigura l'immagine della Madonna dell'umiltà, con la Vergine adagiata per terra sopra a un cuscino rosso con nappe; Gesù bambino le si avvicina cingendole il collo; il fondo è oro
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
ORO
tavola/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Badile Giovanni (1379 Ca./ 1449 Ca)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola fu acquistata da Adone Durelli presso un rigattiere di vicolo Cavalletto e, successivamente, venduta a Vittorio Leoni per essere in fine acquisita dal Comune nei primi anni del Novecento. “Lo scambio obliquo degli sguardi e il gesto del bambino che si avvicina affettuosamente alla gota della madre cingendole il collo, come nelle antiche glycophilouse bizantine, rappresenta una tenera variante delle immagini canoniche della Madonna allattante e della Madonna con il bambino benedicente. Considerate le dimensioni contenute, è probabile che la tavola costituisse un’ancona singola per la devozione privata ovvero lo scomparto centrale di un trittico, piuttosto che il pannello centrale di un polittico. Segnalata da Trecca nel 1912 e considerata di pittore ignoto, l’opera fu avvicinata a Giovanni Badile da Evelyn Sandberg Vavalà (1926) nel suo ampio studio dedicato alla pittura a Verona del Trecento e del primo Quattrocento. L’opera passò quindi a Stefano, all’epoca considerato «da Zevio» (Degenhart 1937), in un momento in cui il suo catalogo crebbe a dismisura e la sua figura artistica divenne il polo d’attrazione per tutte le opere anonime del tardogotico veronese. In anni più recenti (Lucco 1986; 1989) l’opera in esame è stata scorporata sia dal catalogo di Stefano, sia da quello di Giovanni Badile, cui comunque gli inventari del Museo continuavano a riferirla, e assegnata ad un diverso ‘Maestro della Madonna Suida’, attivo nel corso degli anni trenta e autore di una Madonna con il bambino nell’omonima collezione di New York e di un’altra tavola, assai affine stilisticamente e formalmente, conservata al Museo di Castelvecchio e proveniente dalla collezione Monga. Allo stesso gruppo, entro cui sarebbero da considerare, a dire di Lucco, anche la Madonna con il bambino, san Giacomo e un donatore nella cappella Salerni in Sant’Anastasia a Verona e la tavola resa nota da Osano (1989, pp. 77-78) e Cova (1989, p. 101) raffigurante la Vocazione di Pietro e Andrea della raccolta Acquarone a Verona (Marini 1996, pp. 108-109), viene collegata anche la tavola in esame, in effetti assai simile nella definizione massiccia della figura del bambino o nell’identica decorazione punzonata dei nimbi, dettaglio quest’ultimo che accomuna però molte opere, anche di fasi diverse, della prolifica bottega del pittore (Guzzo 1989, pp. 47-48 nota 54; De Marchi 2003, pp. 115-116 nota 16, p. 120, fig. 8). Premesso che la carenza di opere datate rende particolarmente difficoltosa la ricostruzione del percorso artistico del pittore, e in particolare la sicura collocazione delle opere più strettamente micheliniane, come il Polittico dell’Aquila e la Pala della Levata (inv. 152-1B0373, 233-1B0364), situate ora nel terzo ora nel quarto decennio (Lucco 1989c, p. 341; Osano 1989, p. 78), credo siano tuttavia da confermare le impressioni di Lucco circa le strette affinità tecnico-stilistiche dell’opera in esame con le due Madonne di Castelvecchio e in collezione Suida a New York e la loro possibile collocazione cronologica nel corso degli anni trenta del secolo, ossia in una fase intermedia tra le inflessioni più dichiaratamente micheliniane e la tarda attività rappresentata dagli affreschi del presbiterio (1441: Osano 2003, pp. 13-16) e da quelli nella cappella Guantieri (1443-1444) con Storie di san Girolamo in Santa Maria della Scala (ma per una datazione più precoce, agli anni venti, vedi Marini 1996c, p. 108; Osano 1989, pp. 77-78). (...) Si consideri inoltre come certe soluzioni neo-gentiliane e pisanelliane, percepibili nel giro ondulato delle pieghe dei manti, talora dal risvolto in morbida pelliccia, o nei tratti più addolciti e quasi intorpiditi, siano in linea con l’indirizzo assunto dalla pittura veronese, e più in generale veneta, proprio a partire dagli anni trenta del secolo. Alcuni confronti stringenti mi pare possano essere effettuati dagli occhi leggermente stirati verso le tempie, l’andamento sinuoso delle pieghe del velo e del manto o l’aspetto un po’ goffo e disarmonico del bambino, tra la nostra tavola e quella conservata in una collezione privata di recente pubblicata da Osano (2003, fig. 13), nonché con le sante Lucia e Caterina raffigurate a lato di una Imago pietatis dipinta in una nicchia sulla parete destra del presbiterio di Santa Maria della Scala a Verona, rinvenuta sotto gli stalli del coro nel 1999. (...) Credo che gli affreschi entro la nicchia possano essere precedenti rispetto a quelli contigui raffiguranti un Santo vescovo, San Giuliano (...) e un Sant’Antonio abate e un devoto, databili attorno al 1441 a giudicare dalla data segnata alla base del trono, dal momento che alcuni lacerti di incorniciatura di un ulteriore riquadro a sinistra, che forse includeva e incorniciava la nicchia stessa, sembrano riemergere solo a seguito delle cadute dell’intonaco soprastante su cui è dipinto il fregio a girali floreali dell’immagine con la figura frammentaria di sant’Antonio abate” (da Guarnieri 2010, cat. 63)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717493
- NUMERO D'INVENTARIO 175
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0