La caduta di Icaro

dipinto, (?) 1536 - (?) 1536
Giulio Romano (cerchia)
1499 ca./ 1546

dipinto privo di cornice

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Giulio Romano (cerchia)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto sembra notato dal Vasari, già nella Torrentiniana (1550 [1984, V], pp. 68-69), seppure collocato per errore in Palazzo Te, (Vasari 1568 [1984, V], pp. 68-69). Il disegno in questione, conservato attualmente al Louvre, viene anche dato per disperso e identificato nel foglio già Ellesmere che mostra Dedalo e Icaro in una fase preliminare al volo (Collobi Ragghianti 1971, p. 27). Nel 1979 la Collobi Raggianti e la Monbeig-Goguel rapportano invece il disegno vasariano coll’inv. 3499 del Cabinet des Dessins del Louvre; una copia parziale di questo grande disegno è stata recentemente segnalata dalla Ashton (in Olszewski 2008, II, p. 375) al Cleveland Museum of Art (inv. 1992.90). Il nostro dipinto viene smontato dopo il 1714 dal soffitto della sala dei Cavalli (L’Occaso 2008, p. 124); nel 1787 è conservato nell’Armeria anche se è correttamente descritto come “dipinto a plafone dalla mano di Giulio rappresentante la caduta d’Icaro”. Il quadrone rimane per tutto l’Ottocento nei depositi del Palazzo e solo nel 1928 Cottafavi lo fa restaurare e ricollocare nella sua attuale ubicazione, dove è descritto da Hartt (1958, p. 168) e Paccagnini (1969, pp. 148 e 220 nota 257; 1973, p. [48]), il quale suppone che Vasari possa aver fatto confsione tra i due edifici mantovani e menzionato quindi quest’opera come in Palazzo Te. Qualche anno più tardi Berzaghi (in Giulio Romano 1989, p. 394) stabilisce l’esatto nesso tra la tela e il disegno parigino, data la composizione al 1536, quando l’equipe giuliesca termina i lavori nella sala dei Cavalli (Ferrari, Belluzzi 1992, p. 707), l’attribuisce dubitativamente a Luca Scaletti da Faenza, detto il “Figurino”, e afferma che essa è menzionata dal Vasari nei passi trascritti. Agosti (1995b, p. 82 nota 7) dubita persino che Vasari sia entrato in Palazzo Ducale, per la laconicità e l’imprecisione delle descrizioni. L’interpretazione fornita da Berzaghi è stata in seguito unanimamente accolta: solo Pierguidi (2003, pp. 159-161) ha recentemente tentato di ridiscutere l’iconografia della nostra opera e del foglio parigino: qui Giulio avrebbe mescolato due temi, la Caduta di Icaro e la Caduta di Fetonte, cui rimanda la presenza dell’eclittica; Pierguidi suppone inoltre che la figura a destra sul carro non sia Apollo ma Fetonte, a braccia alzate e nel momento di cadere. Nel nostro dipinto la figura vicina al carro del Sole ha un’aureola, che si confà alla divinità, ossia ad Apollo e non a Fetonte, e inoltre la figura è sul carro e non sta cadendo da esso: non giurerei pertanto che ci sia realmente una fusione dei due temi. La Ashton (in Olszewski 2008, II, p. 375) identifica erroneamente il nostro plafone con “Un quadro dipinto, sopra l’asse, l’istoria d’Icaro che vola per aera, stimato lire 480. V” presente nell’inventario gonzaghesco del 1626-1627 (Morselli 2000, n. 899); se ciò non è naturalmente possibile, se non altro per l’indicazione del supporto, si potrebbe tuttavia ipotizzare che i Gonzaga possedessero anche una versione “da cavalletto” dell’invenzione giuliesca. La Morselli (2008, p. 143) tende però ad accostare a quella voce dell’inventario gonzaghesco un dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio conservato a Bruxelles (Musée des Beaux-Arts). L’attribuzione a Luca da Faenza si basa sul confronto con le pitture della sala di Troia, dove si suppone, a partire dagli studi della Carpi (1920, pp. 64-65), che la parete sud e quella est spettino al Figurino. Berzaghi riscontra affinità stilistiche e morfologiche tra la Caduta di Icaro e le pitture della parete sud. Il faentino è, assieme a Rinaldo Mantovano, l’allievo prediletto di Giulio in questi anni; i documenti d’archivio lo menzionano con continuità dai primi giorni del 1531 fino al 1534 e poi tra maggio e giugno 1538. È possibile che egli sia morto a breve, poiché in seguito non si hanno più sue notizie e inoltre Vasari, già nella Torrentiniana (1550 [1984, V], p. 81), ci narra che tanto il faentino quanto Rinaldo Mantovano vengono pianti dal maestro, fornendo un evidente termine ante quem del 1546. Se Rinaldo è certamente morto nel 1540 (L’Occaso 2007, p. 65), Luca potrebbe essere morto entro il 1541, quando Vasari è di passaggio per Mantova e raccoglie i dati che pubblicherà nel 1550; forse non molto il giugno 1538, quando egli risulta affetto da malattie veneree. CONTINUA NEL CAMPO OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151975
  • NUMERO D'INVENTARIO St. 100967
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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