ritratto di Carlo Emanuele I di Savoia

busto, post 1863 - ante 1864

Il personaggio è ritratto a mezzo busto, con taglio al di sotto della spalla. Volto ruotato di lieve tre quarti. Porta i capelli corti e mossi, baffi e barba appuntita. La fronte, corrugata, è scoperta. Indossa un petto di corazza da battaglia e spallacci. Al collo pende il collare dell’ordine dinastico della SS.ma Annunziata. La scultura poggia su un basamento in marmo composto da un elemento a rocchetto, dalle estremità modanate, e da un elemento, più sottile, a pianta quadrangolare. L’insieme è posto su una mensola in stucco

  • OGGETTO busto
  • MISURE Altezza: 100 cm
  • ATTRIBUZIONI Giani Vincenzo (1831/ 1900): scultore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo di Palazzo Reale
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale
  • INDIRIZZO piazzetta Reale, 1, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’attuale assetto dello scalone monumentale di accesso al piano nobile del Palazzo Reale di Torino si deve al progetto di Domenico Ferri, regio pittore e decoratore e all’architetto dell’Ufficio Tecnico del Ministero della Real Casa, Pietro Foglietti, su commissione di Vittorio Emanuele II, ormai prossimo a divenire re d’Italia. L’incarico per la progettazione di questo importante ambiente di rappresentanza fu conferito a Ferri nel 1857. Il professionista ideò un percorso celebrativo dinastico e insieme evocativo della storia d’Italia e della sua imminente e poi recente unificazione, dovendo combinare modalità diverse di decorazione, pittorica e scultorea, con particolare attenzione anche al contenimento degli aspetti economici. I primi lavori sulle murature vennero avviati nel 1862. Negli anni seguenti, via via, vennero ingaggiati professionisti già attivi per la corte per l’esecuzione dei diversi elementi d’arredo: da Gabriele Capello, detto il Moncalvo, per le parti lignee, alla famiglia Gaggini per la fornitura di tutte le parti in marmo, a partire dal rivestimento della stessa gradinata di accesso. Ferri previde una serie di statue a figura intera e a mezzo busto di principi sabaudi e di personaggi significativi per la storia dinastica che armonizzassero con i grandi riquadri dipinti, raffiguranti episodi narrativi legati a questi stessi temi. Tra queste si inserisce il busto di Carlo Emanuele I di Savoia (Rivoli, 1562-Savigliano, 1630), duca di Savoia dal 1580. L’opera venne affidata, per commissione diretta, a Vincenzo Giani. Quando ricevette la commissione per il busto, lo scultore comasco stava frequentando la scuola di Vincenzo Vela all’Accademia Albertina di Torino, analogamente agli altri professionisti coinvolti nell’esecuzione della serie dei busti delle più significative figure di principi sabaudi dal basso medioevo al Settecento a integrazione delle statue poste nelle nicchie. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta espose ripetutamente alla Promotrice Torinese e partecipò anche ad altre rassegne espositive annuali in Italia e in Europa, proponendosi come specialista nel ritratto. Nel 1862 aveva già eseguito un’opera di committenza pubblica, il monumento a Gian Battista Perasso detto “il Balilla”, il fanciullo ritenuto l’iniziatore della rivolta popolare scoppiata a Genova nel 1746 contro gli occupanti austriaci, eseguita con evidente richiamo alla situazione internazionale in età risorgimentale. L’opera fa parte di una serie di sei sculture a mezzo busto, affidate a quattro diversi professionisti, che dovevano completare, con un gioco opportuno di rimandi a seconda della loro posizione rispetto alle statue, il ciclo dinastico sabaudo. La sottomissione per la serie di busti, tra cui quello in oggetto, venne stipulata il 22 aprile 1863 e stabiliva che tutti e sei dovessero essere “omogenei secondo indicazione di Domenico Ferri”, eseguiti in marmo di Carrara delle cave di Ravaccione, dell’altezza di 110 cm e consegnati entro il settembre 1864. Ciascuna scultura fu pagata 800 lire. Il principe, figlio di Emanuele Filiberto e di Margherita di Valois, sposando nel 1585 Caterina Micaela d'Asburgo, nipote dell’imperatore Carlo V, proseguì inizialmente l’indirizzo filoasburgico paterno. Nel corso dell’ultimo decennio del Cinquecento avviò, dando concretezza a quella “Ragion di Stato” teorizzata da Giovanni Botero, un'ambiziosa politica estera che ambiva a svincolarsi dal controllo asburgico, ma che di fatto oscillò costantemente, con repentini cambi di alleanza, tra Francia e Spagna. Sul fronte della penisola italiana, l’intraprendenza militare di Carlo Emanuele I, seppure non sempre coronata dal successo, indusse gli stati confinanti, in particolare i principati padani, a riconsiderare il ducato nelle relazioni politico-diplomatiche, come dimostra il doppio matrimonio celebrato nel 1608 delle due figlie Margherita e Isabella, rispettivamente con i duchi di Mantova e di Modena. Già nel 1601, dopo un’occupazione decennale, l’annessione del marchesato di Saluzzo, in cambio della cessione alla Francia del Bugey, della Bresse, della Valromey e del Gex, aveva consolidato i confini occidentali dello stato. Sul fronte meridionale lo scontro con la Repubblica di Genova (1625-1634) si rivelò rovinoso, mentre su quello orientale complessa e gravosa fu la situazione determinatasi con le due guerre di Monferrato (1613-1618 e 1627-1631), pur risoltasi positivamente un anno dopo la morte del duca con il trattato di Cherasco che determinò l’annessione di 74 terre già sotto il controllo del marchesato monferrino, comprese le città di Trino e di Alba. Ampio fu il fronte del mecenatismo culturale, dalla creazione di una quadreria ducale alle iniziative letterarie, basti pensare al sostegno di poeti come Giambattista Marino, e dell’impegno finanziario per la creazione e l’ampliamento dei progetti per le residenze principesche
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100401116
  • NUMERO D'INVENTARIO 19
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali - Palazzo Reale
  • ENTE SCHEDATORE Musei Reali - Palazzo Reale
  • DATA DI COMPILAZIONE 2018
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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