Undici santi. Santi

dipinto, ca 1365 - ca 1365

DIPINTO: pannello ligneo di polittico che conserva solo superiormente la CORNICE originaria a ogiva, intagliata e dorata, con ornamento ad archetti interno. Il pannello è chiuso in una struttura lignea moderna a listelli

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
    tavola/ doratura
  • MISURE Altezza: 157 cm
    Larghezza: 69 cm
  • ATTRIBUZIONI Giovanni Da Milano (notizie 1346/ 1369): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera faceva parte della collezione dell'industriale piemontese Riccardo Gualino (Biella 1879 - Firenze 1964) almeno dal 1926. Non è nota la sua provenienza, ma il dipinto potrebbe essere identificabile con la tavola vista da Van Marle (1924, IV, p. 238 n.2) nella collezione di Roger Fry a Londra riferita a Giovanni da Milano dal Sirén. Il dipinto Gualino fu reso noto da Lionello Venturi (1926) che l'assegnò a Giovanni da Milano, attribuzione che è stata sempre accettata dalla critica. Nel 1930 Riccardo Gualino, dopo il successo riscosso due anni prima con l'esposizione di parte della sua collezione in Galleria Sabauda, decideva di donare al museo torinese una cospicua selezione di tali opere, fra cui questo dipinto. La tavola è lacunosa risultando segata ai due lati. Presenta la cornice originale frammentaria, che superiormente doveva avere una cuspide o altro coronamento: infatti sono ancora visibili i fori dei chiodi. I rifacimenti pittorici ottocenteschi, con cui il dipinto era pervenuto nella collezione Gualino, sono stati asportati durante il restauro degli anni Settanta ad opera di Pinin Brambilla Barcilon. Considerato che i santi rappresentati sono rivolti verso destra , si deve dedurre che la tavola fosse in origine il pannello laterale sinistro di un polittico. Lo scomparto centrale di tale opera è stato identificato da Alessandro Marabottini (1950) nel 'Cristo in trono adorato da angeli', già appartenente alla collezione Contini Bonacossi e oggi presso la Pinacoteca di Brera a Milano (inv. n.1008, cm 152.3x68.5). Le altre parti dell'insieme sono state riconosciute da Davies (1961) in tre cimase, rispettivamente con la 'Madonna', 'Il Figlio dell'Uomo' (ovvero il Cristo apocalittico con capelli e barba canuti) e 'San Giovanni Battista', conservate alla National Gallery di Londra (inv. n. NG579.6/7/8; cm 57,5x25,5 le laterali e 64x25,5 la centrale). La relazione fra tali dipinti è confermata dalla corrispondenza delle misure, delle decorazioni delle cornici, delle punzonature delle aureole e dal drappo rosso e oro damascato che fa da sfondo. Infine dovevano far parte della predella del complesso due tavole della collezione Bacri di Parigi raffiguranti storie di Cristo post-mortem, desunte dal vangelo di Giovanni, fra cui la 'Resurrezione di Cristo' e l' 'Incredulità di San Tommaso' (26x64 cm ciascuna). Per una recente discussione dell'opera si veda la scheda di Daniela Parenti (in 'Giovanni da Milano' 2008), a cui si rimanda anche per tutta la bibliografia. Come osserva la studiosa, il dipinto rappresenta in primo piano tre apostoli, di cui si riconoscono Pietro, con le chiavi, e Giacomo maggiore, con il bordone in mano; il terzo è un evangelista, forse Giovanni. In seconda fila sono rappresentati due santi diacono (Sal Lorenzo e Santo stefano?) e due vegliardi, uno con un lungo coltello (Abramo?) e l'altro con una fiamma (Mosé?). In terza fila ci sono un monaco barbato con veste bianca (San Benedetto, San Bernardo di Chiaravalle o San Romualdo?) e due vescovi, anch'essi con la medesima veste bianca. In cima compare una giovane monaca, forse Santa Scolastica, ma certo non Santa Caterina da Siena (come proposto da Venturi 1926) morta verso il 1380. E' molto probabile che il polittico forse un trittico) fosse destinato a una chiesa fiorentina: non solo infatti le tre cimase provengono da Firenze, ma l'iconografia dell'insieme, di forte contenuto dogmatico, per quanto rara di per sé è però in sintonia con l'ambiente fiorentino del terzo quarto del secolo, che prediligeva tematiche dottrinali e teologiche di esaltazione della Chiesa. Luisa Marcucci (1965) ha proposto di identificare l'opera con il dipinto che Giorgio Vasari nelle 'Vite' ricorda in Santa Croce sull'altare di San Gherardo di Villamagna; tuttavia tale proposta non è sostenibile dal momento che nella tavola Gualino non compaiono santi francescani. Secondo Mina Gregori (1972) l'opera potrebbe essere da identificare con quella commissionata da Piero di Neri Palagio per la cappella dedicata a San Pietro, consacrata fra il 1370 e il 1372, nel monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli a Firenze, opinione respinta però da Dillian Gordon (in Davies 1988). Del resto di recente la pala Del Palagio è stata riconosciuta con un polittico di Silvestro de' Gherarducci (Freuler 1997, pp. 321-343). Come osserva Annamaria Bernacchioni (2008), l'iconografia del polittico può dare qualche indicazione sulla possibile ubicazione dell'opera: è probabile infatti che l'opera fosse dstinata a una cappella dedicata al Salvatore, rappresentato nela pannello centrale sul faldistorio, simbolo del potere episcopale e papale. A Firenze con tale titolazione c'erano il monastero di San Salvatore di Camaldoli, l'abbazia cistercense di San Salvatore a Settimo e la chiesa di San Salvatore al Vescovo, presso l'antico Palazzo Episcopale nei pressi del Duomo. || SEGUE IN AN/OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350904
  • NUMERO D'INVENTARIO 14
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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