Morte di Lucrezia romana
dipinto,
Cairo Francesco (attribuito)
1607/ 1665
La cornice in legno intagliato e dorato ha tre partiti: uno interno decorato a perline, il centrale liscio leggermente concavo, quello esterno a forme tondeggianti
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Cairo Francesco (attribuito): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Mazzucchelli Pier Francesco detto il Morazzone
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela presenta per alcuni aspetti le medesime vicende attributive delle due tele presenti in Sabauda raffiguranti 'Erodiade con la testa del Battista' ed il 'Martirio di Sant'Agnese'. Viene difatti indicata come opera di Francesco Cairo nell'inventario delle opere del duca Vittorio Amedeo I di Savoia, redatto nel 1635 dal Della Cornia per poi essere affidata al Morazzone già nel catalogo delle opere della Galleria del Re di Sardegna, redatto nel 1822. Con tale attribuzione compare nei cataloghi successivi compilati dal Callery (1859) e dal Baudi di Vesme (1897, 1899) il quale indica puntualmente l'attribuzione data dal Della Cornia come "da studiarsi, anche per la circostanza che appunto in quell'anno 1635 il Cairo lavorava presso la corte di Torino". La paternità della tela fu riconsiderata in seguito alla mostra sui dipinti italiani tra Sei e Settecento tenuta a Firenze nel 1922; dietro indicazione del Longhi l'opera fu pubblicata difatti sotto il nome di Francesco Cairo nel catalogo della mostra di Palazzo Pitti, edito nel 1924. Il Nicodemi (1927) enumera questo dipinto di nuovo tra le opere del Morazzone, mentre la Matalon (1929-1930; 1930) lo riaffida al Cairo, attribuzione dalla quale la critica non si è più discostata. Seguendo un'ipotesi suggestiva già proposta dal Vesme che identificherebbe in Francesco Cairo quel pittore citato in una missiva del 1635 'già perito nell'arte' desideroso di approfondire la disciplina a Roma con Guido Reni', la Gregori in un suo puntuale intervento del 1983 ha individuato nel dipinto quelle suggestioni emiliane che giunsero a Milano grazie all'azione 'educatrice' nel campo della pittura di Federico Borromeo e derivate dal Cairo sopratutto dal Lanfranco, che nel 1620 lascerà a Varese la tela firmata raffigurante 'La Madonna che appare a San Carlo Borromeo' destinata alla chiesa di Sant'Antonio. La studiosa inoltre ravvisa nella Lucrezia inclinazioni reniane che l'avvicinano ad alcune mezze figure di eroine di Guido databili alla seconda metà del terzo decennio del Seicento. Nel proposito di restringere il torno degli anni di realizzazione della tela torinese il Frangi, considerando ovviamente il 1635 come incontestabile termine post quem, per via delle forti tangenze stilistiche che il dipinto evidenzia con la tela realizzata per la chiesa dei Teatini di Milano raffigurante lo 'Svenimento del beato Andrea Avellino' avanza l'ipotesi di una produzione ancora in terra milanese di alcune opere cedute poi al duca, riconoscendo tuttavia il 1633 come il più probabile termine ante quem, per via della coincidenza di dati documentali ed evidenze stilistiche del pittore milanese, a quella data da poco presente a Torino
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350853
- NUMERO D'INVENTARIO 378
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0