Martirio di sant'Agnese
dipinto,
Cairo Francesco (attribuito)
1607/ 1665
La figura della Santa è rappresentata in primo piano con il capo tirato all'indietro. Uno sgherro alle sue spalle l'afferra e le immerge il pugnale nel petto. Entrambe i personaggi sono raffigurati a mezza figura in inquadratura ravvicinata
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Cairo Francesco (attribuito): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Mazzucchelli Pier Francesco detto il Morazzone
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE In passato ritenuto una rappresentazione di Virginia uccisa dal padre (Giolli 1934 p. 17-18, 30, 32; Baudi di Vesme 1899 p. 125 n. 457) il dipinto faceva parte della collezione del duca Vittorio Amedeo I di Savoia e compare per la prima volta nell'inventario redatto da Antonio Della Cornia nel 1635 al n. 346 dove viene riferito a Francesco Cairo. Collocato in origine presso la camera delle Muse di Palazzo ducale il dipinto confluì presso i locali della Reale Galleria nel 1832 e nel 1865 fu trasferito nella sede storica della Sabauda. Nel 1836 il D'Azeglio lo riferisce al Morazzone e con tale attribuzione l'opera fu pubblicata dal Callery (1859) e dal Baudi di Vesme (1897), il quale tuttavia ricorda l'attribuzione del Della Cornia. Dopo il debole ritorno del Nicodemi alla proposta attributiva a Francesco Cairo (Nicodemi 1927, p. 45 tav. 97), la Matalon intervenne con maggiore forza sostenendo l'originaria attribuzione al pittore milanese (Matalon 1929-1930 pp. 58-59). Per la critica successiva il dipinto è da collocare pacificamente nel corpus delle opere del Cairo, con una datanzione ad anni di poco successivi la partenza del pittore da Milano alla volta della capitale Sabauda, perciò attorno il 1633-1635 (Testori 1955; Gabrielli 1959; Malle 1961; Gregori 1962; TEstori 1966; Griseri 1967). Il dipinto appartiene a quella che viene ritenuta una prima fase del maestro, che si caratterizza per un'accentuata drammaticità delle composizioni, un efficace trattamento della luce e con decisi contrasti dei corpi turgidi che emergono dallo scuro degli sfondi con bagliori luminosi. Le composizioni di questa fase hanno tematiche estatiche e martiriologi, abbandoni e smarrimenti; momenti estremi della vita del soggetto ritratto, il più delle volte un santo o una santa. Il punto di stile si pone quindi più che mai in linea con le suggestioni della contemporanea pittura milanese, segnatamente del Morazzone, giustificando in parte gli antichi tentativi di assegnare l'opera a quest'ultimo. Diversi sono stati i richiami letterari riguardo questo genere di opere, finalizzati a dimostrare come la contemporanea arte della scrittura fosse rorida di immagini scabrose, finalizzate a suscitare nel lettore le medesime sensazioni di voyerismo orrifico provocate dalle composizioni torinesi del Cairo (per ultimo Testori 1983 p. XIII). Il Testori richiama ad esempio Giulio Tatto e la sua 'Cronaca di Varese' -terminata circa un decennio prima dell'attività di Francesco Cairo presso la corte sabauda- nella descrizione dell'assassioni di Enrico IV, o, ancor più attinente per vicinanza temporale e spaziale, Federico della Valle, scrittore di tragedie operante anch'egli alla corte sabauda, e la sua Regina di Scozia, edita a Milano nel 1628. Per Dell'Acqua la tela torinese si accomuna ad altre di medesima tematica conservate in sabauda 'per i caratteri formali e l'espressione di languido abbandono impressa nei volti delle protagoniste' e tutte si caratterizzano per 'un senso più teatralmente marcato dell'azione' (Dell'Acqua 1983 p. 6). In anni più recenti il Frangi ha ravvisato nella tela, sobria e dalla conduzione pittorica essenziale e smaltata, specie se confrontata con quella di tema analogo conservata a Parigi, una delle più sorprendenti invenzioni giovanili del Cairo, per via della 'scabra brutalità con cui è restituito l'episodio dell'aggressione' e per analogie compositive ha affiancato l'opera al quadro raffigurante l'Orazione dell'Orto, sempre in Galleria Sabauda, ed alla tela con San Sebastiano curato da Irene del Musée del Beaux-Arts di Tours (1998 n. 23). Una copia dell'opera è in collezione privata a Parigi, mentre una seconda è stata individuata da Andrea G. De Marchi in collezione Buscaini a Milano
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350815
- NUMERO D'INVENTARIO 99
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0