ripudio di Agar
dipinto
ca 1724 - ca 1724
Ricci Sebastiano (1659/ 1734)
1659/ 1734
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- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Ricci Sebastiano (1659/ 1734)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto di soggetto veterotestamentario fu eseguito nel 1724 a Venezia, su commissione di Vittorio Amedeo II, come sovrapporta en pendant con Il Salomone adora gli idoli (inv. 470) a ornamento del Gabinetto Grande dell’Appartamento della Principessa di Piemonte nel Palazzo Reale di Torino. Il 17 agosto di quell’anno una nota di spese della Real Casa registra il pagamento di 1039,14 lire piemontesi versate per entrambe (Derschau, 1916; Vesme, 1968) e inaugura una serie d’incarichi conferiti al pittore dalla corte, artisticamente sovrintesa in quel torno di tempo da Filippo Juvarra (Mossetti, 1989). Pare infatti che ciascun dipinto fosse pagato 500 lire piemontesi e che i restanti 39 e 14 soldi si dovessero invece al saldo del trasporto dei dipinti inviati da Venezia a Torino via Canonica d’Adda (Daniels, 1976), reso necessario dal bando permanente dagli stati sabaudi che gravava sul destino del pittore dal 1682, a seguito di alcune sue vicende amorose con la cantante Peruzzini (Matteoli, 1971, pp. 201-202). I documenti dell’archivio di corte torinese ma anche le guide sette e ottocentesche rendono conto che dal 1724 al 1733 il pittore fosse stato ingaggiato per eseguire, oltre alle opere attualmente conosciute destinate al castello di Rivoli e al Palazzo Reale di Torino (oggi divise tra la Galleria Sabaude e il Palazzo Reale) e alle pale d’altare per la Basilica di Superga e la Cappella di Sant’Uberto di Venaria Reale (in deposito presso l’Università degli Studi di Torino), altri nove dipinti che decoravano un tempo la volta di alcune sale della reggia torinese, andate perdute con le trasformazioni operate sull’immobile da Carlo Alberto e Vittorio Emanuele I. Nell’inventario del 1754 sia il Salomone che adora gli Idoli che Il Ripudio di Agar sono registrati nella “Camera del Letto di S.M” di Palazzo Reale (Pinto, 1994), dove li vede anche Francesco Bartoli nel 1776 che li indica per l’appunto nella “Stanza colla volta dipinta dal Cav. Saiter; che vi figurò Diana, che scende dal cielo a ritrovare l’addormentato Endimione”. Nell’anno successivo il catalogo di Pietro Paolo Wehrlin ne attesta la presenza in una camera attigua (Pinto, 1994; Villano, 2005). Nel 1819 sono allestiti nella camera da letto dell’Appartamento d’Inverno (Paroletti, 1819) e nella Camera del Re secondo un inventario topografico fatto redigere nel 1822 da Carlo Felice (Conoscere la Galleria Sabauda, 1982). Esposti nella Regia Pinacoteca di Palazzo Madama (inv. 1851; 1853; Benna, 1857; Callery, 1859) furono allocati almeno dal 1884 nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze, sede storica della Galleria Sabauda (Gamba, 1884). Entrambe si collocano nella fase più matura del linguaggio riccesco, tra la coppia di Sacrifici di Dresda (Pilo, 1960; Pallucchini, 1976-77; 1994) - che peraltro condividono con il Salomone la tematica sacrificale e un simile corredo di piatti e vasellami preziosi - la pala della Natività del Duomo di Saluzzo del 1723 (Griseri, 1963) e quella destinata alla Cappella di Sant’Uberto della Venaria Reale saldata due anni più tardi (Scarpa Sonino, 2006). A differenza di Kutschera-Woborsky (1915) e di Longhi (1961), propensi a riscontrare in tutti i dipinti realizzati per i Savoia uno stile accademico e quasi fiaccato dalla coeva cultura francese, che effettivamente secondo Pallucchini (1960) si palesava nell’opera del maestro alla metà del terzo decennio conferendo però al racconto una più accentuata componente monumentale e retorica, la Gabrielli sottolineava i contrasti cromatici violenti, resi guizzanti dalla “chiarità eterea degli sfondi” e capaci di richiamare l’arte del Solimena (1950). Pilo (1960) e Griseri (1963), come del resto la critica a seguire, insistevano sulla ripresa del modello decorativo veronesiano, interpretato in chiave arcadica (Ruggeri, 1998) e già preludente a Giambattista Tiepolo (Rizzi, 1975). Nel caso del Ripudio di Agar, di cui peraltro è noto uno studio preliminare all’Albertina di Vienna (Daniels, 1976), il primo piano è animato da colori brillanti, mentre le figure più scure dello sfondo raggiungono quasi un effetto di controluce (Daniels, 1976, p. 124 n. 438). La luminosità vespertina della composizione conferisce al dipinto una vena patetica e arcaizzante, già utilizzata dall’artista in alcuni dipinti di palazzo Gabrielli-Taverna a Roma (Pallucchini, 1994). Da ultimo Egidio Martini (1998) l’accostava a una Rebecca ed Eleazaro al pozzo di collezione privata ( cfr. Scarpa, 2006 tav. LVII), per la sapiente e misurata struttura compositiva e la delicatezza della pennellata libera e sfrangiata”. Presso la Sala degli Staffieri del Palazzo Reale di Torino è tutt’ora allocata una sovrapporta con l’episodio di Agar nel deserto confortata dall’angelo, ritenuta da Gabrielli (1950) un po’ più tarda e non esente da qualche ridipintura localizzata, in cui tuttavia l’accensione cromatica è decisamente attenuata e schiarita rispetto al dipinto della Galleria Sabauda [continua nel campo OSS]
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350785
- NUMERO D'INVENTARIO 454
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0