portone, opera isolata di Facelli Eusebio - bottega lombardo-piemontese (metà, metà sec. XVI, sec. XIX)

portone, 1559 - 1559

Il portone è costituito da sei pannelli quadrangolari. I due pannelli superiori e i due inferiori, di forma rettangolare e disposti verticalmente, sono ornati da motivi fitomorfi e nastriformi che si intrecciano snodandosi intornmo ad una rosetta centrale in forte aggetto e si combinano dando luogo di volta in volta d una coppia di mascheroni di profilo affrontati, a testine alate, a figure mostruose derivanti dalla combinazione di elementi vegetali, animali ed umani, a coppie di delfini. Nello specchio superiore destro, campeggia un elmo sovrapposto a frecce e faretra; nel medesimo scomparto, più in basso, sotto la rosetta centrale, è intagliata una mitra vescovile (ad indicare la dignità abbaziale del committente). Nel riquadro inferiore sinistro è intagliata una pergamena dai bordi arricciati al cui centro è una torre merlata con iniziali maiuscole, e la data. Nei due specchi mediani, quadrati, è inscritto un motivo decorativo circolare, di foggia gotica, in cui ricorrono sagome quadrilobe allungate

  • OGGETTO portone
  • MATERIA E TECNICA ferro/ battitura
    legno di noce massello/ intaglio
  • AMBITO CULTURALE Bottega Lombardo-piemontese
  • ATTRIBUZIONI Facelli Eusebio (notizie Sec. Xix): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Vercelli (VC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE C. E. Arborio Mella riporta la notizia dell'esistenza, anteriormente al 1802, di un antico cassone di sacrestia 'bellissimo', successivamente distrutto, ma di cui si recuperarono le ante, quattro delle quali furono utilizzate per le nuove porte laterali della basilica (le stesse attualmente in loco) nel corso dei restauri da lui diretti. E' lo stesso Mella a ricondurre giustamente il cassone ai lavori di abbellimento della 'sacrestia' fatti eseguire per volontà dell'abate Graziano Della Torre e ricordati nel documento settecentesco della 'Series Abbatum' in riferimento al suo primo triennio di governo, tra il 1544 e il 1546: "sacristiam ornavit ac Eccl.m Parroch. S. Lucae restauravit" ('Series Abbatum', in 'Indice ovvero sommario categorico dell'Archivio della Reverenda Abbazia et Monastero di S. Andrea di Vercelli') leggendovi anche la data (1559) tuttora visibile in uno degli scomparti (C. E. Arborio Mella, "Cenni istorici sulla chiesa ed abbazia di S. Andrea di Vercelli", Torino 1856). La notizia è poi ripresa da Gualino che scorge in un bassorilievo l'arme dell'abate Graziano (P. Gualino, "Cenni storici sulla Basilica ed Abbazia di S. Andrea Apostolo in Vercelli", Vercelli 1857) e recentemente da M. Capellino (M. Capellino, "Tommaso il primo abate di S. Andrea", Vercelli 1982). La data 1559 impone di dilatare l'arco cronologico indicato dalla 'Series' per i lavori di abbellimento eseguiti per volontà dell'abate Della Torre nella sacrestia della basilica. Filippo della Torre (questo il suo nome di battesimo), originario di Biella, entrò tra i Lateranensi nell'abbazia di S. Stefano prendendo i voti in S. Andrea nel 1515; prevosto di S. Pietro di Gattinara sino al 1537, divenne quello stesso anno abate di S. Andrea, carica alla quale sarà designato numerose altre volte nel 1544-45, dal 1549-51, dal 1553-55, dal 1557-59, nel 1561-62, 1565-67, 1569-71, nel 1573 e nel 1575 (Capellino, op. cit.). De Gregory lo ricorda "uomo di molta dottrina, zelante per il suo ordine regolare", perfetto generale a Ravenna nel 1552, carica nella quale venne due volte confermato, e autore di "varie opere ascetiche e lettere, che rimasero inedite, come attesta lo istorico Mulatera" (G. De Gregory, "Istoria della vercellese letteratura ed arti", Torino 1820, parte II). Gli anni di governo dell'abate coincidono con periodi di gravi disordini per la città, direttamente coinvolta negli scontri bellici contro i francesi, quindi con una fase di aspre contese che vedono l'abbazia contrapporsi al Comune e al clero locale per ragioni fiscali (R. Pastè-F. Mella, "L'abbazia di S. Andrea di Vercelli", Vercelli 1907). Gli intrecci carnosi dei tralci vegetali, l'iconografia e l'impaginazione dei motivi a grottesca intagliati negli otto pannelli del cassone originario (diversa è invece lòa vicenda esecutiva e stilistica dei quattro minori centrali di cui si dirà più oltre) rivelano un gusto segnato da inclinazioni manieristiche riconducibili alla cultura lombarda di pieno Cinquecento. Le soluzioni più prossime a queste grottesche si trovano infatti nell'aulica e aggiornata maniera divulgata nella capitale lombarda dai pittori Campi cremonesi (affinità si riscontrano con l'apparato decorativo della chiesa di S. Sigismondo a Cremona, nella fattispecie con le grottesche dipinte sulla volta della campata centrale da Bernardino campi - M. L. Ferrari, "Il tempio di S. Sigismondo a Cremona", Milano 1974) e nei repertori cari agli armieri lombardi nei decenni centrali del secolo (si notino le analogie tra il pannello superiore sinistro del portone laterale destro e il petto di un'armatura da cavallo attribuita a Giovanni Paolo Negroli - 1545 ca. - pubblicata da L. G. Boccia-F. Rossi-M. Morini, "Armi e armature lombarde", Milano 1980). Conferma l'ascendenza manieristica di questi pannelli il sovrapporsi del tema della grottesca al gusto per le imprese (per la divulgazione in ambiente lombardo giocò un ruolo decisivo l'opera del letterato Paolo Govio) caro alla trattatistica del secondo Cinquecento (per questo problema si rimanda a M. Praz, voce 'Impresa' in "Enciclopedia Italiana", vol. 18, Roma 1933; C. Acidini Luchinat, "La grottesca", in "Storia dell'arte italiana", vol. XI, Torino 1982; P.L. De Vecchi, "Il Museo gioviano e le 'verae imagines' degli uomini illustri", in "Omaggio a Tiziano. La cultura artistica milanese nell'età di Carlo V", Milano 1977). Nelle porte vercellesi ciò risulta evidente in due occasioni. Lo si vede nella cartella intagliata nell'ultimo pannello a sinistra della porta di destra, ove compaiono due iniziali maiuscole "D" e "G" e la torre merlata per alludere al committente Graziano Della Torre, in una soluzione vicina alla tipologia dei rebus, non insolita a quest'epoca se Ludovico Domenici, teorico delle imprese con Carlo Giovio, nel "Ragionamento nel quale si parla di imprese, d'armi e d'amore", Milano 1559 - Continua al campo 'OSSERVAZIONI'
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100034296
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • ISCRIZIONI riquadro inferiore sinistro - 1559 - numeri arabi - a incisione -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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