lapide tombale, opera isolata - ambito eporediese (secondo quarto sec. VI)

lapide tombale 529 - 529

lapide rettangolare di notevole spessore, in marmo bianco a venature grige, fissate alla parete del deambulatorio da tre robuste grappe. la zona superiore della lapide è occupata da un'iscrizione latina disposta in cinque righe, incisa in caratteri piuttosto irregolari e non molto armonica nei rapporti tra le lettere, mentre la parte sottostante è vuota

  • OGGETTO lapide tombale
  • MATERIA E TECNICA marmo bianco/ incisione
  • MISURE Altezza: 98
    Larghezza: 61
  • AMBITO CULTURALE Ambito Eporediese
  • LOCALIZZAZIONE Ivrea (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE la lapide si rivela di notevole interesse in quanto restituisce il nome di uno dei primi vescovi eporediesi, Innocenzo, deceduto all'età di settantadue anni il 29 marzo sotto il consolato di Decio. Contradditorie sono le opinioni degli studiosi rigurado alla identificazione del console Decio e di conseguenza alla datazione della lapide stessa. Giuseppe Corradi ( G. Corradi, 1931, pp. 17-18) e successivamente il Baroncelli (P. Baroncelli, 1958, p. 29) ritengono che il "Decio viro clarissimo" cui allude l'iscrizione sia Caecina Navortius Basilius Decius, che fu console nel 486 d.c. (E. De Ruggiero, I consoli di Roma, estr. dal "Dizionartio epigrafico d'antichità romane" s.l., s.d., p. 243) e datano pertanto la lapide a quell'anno. Differente è invece il parere dello storico eporediese Giovanni Benvenuti ( G. Benvenuti, fine sec. XVIII, ed. 1976, p. 567, p. 732 nota 143) che trascrivendo il testo dell'iscrizione e sciogliendone le abbreviazioni, legge Decio V come Decio Venanzio dal momento che nella serie dei consoli - secondo le informazioni dello studioso - esiste soltanto un Decio III nell'anno 251 e fa dunque risalire la morte del vescovo Innocenzo all'anno 507 d.c. in cui appunto tenne il consolato il suddetto Venanzio (E. De Jordanis, 1900, p. XXXVI), mentre è contestata, come pure la precedente, da Costanzo Gazzera ( G. Gazzera, 1849, p. 66) il quale identifica il console Decio citato nella lapide con Flavius Decius junior che fu console nell'anno 529 ( E. De Ruggiero, op. cit., p. 243). Egli infatti ritiene che non possa trattarsi del Decio console nel 486 in quanto quest'ultimo ebbe per collega in Oriente Longino e, nonostante in quel tempo si usasse indicare nelle lapidi e negli atti pubblici anche il solo console occidentale, ordinariamente lo si faceva designando con alcuni o tutti i suoi nomi. In tal caso quindi, secondo il Gazzera, il lapicida avrebbe dovuto riportare Caecina Navortius Decius. Flavius Decius juniore, invece, fu solo console e non essendoci dunque, secondo lo studioso, possibilità di equivoci, bastava per indicarlo il solo prenome. L'opinione del Gazzera sembra risultare la più convincente anche perchè la sigla CV che segue il nome Decio pare possa venire interpretata più a ragione come l'abbreviatura della formula "viro clarissimo" anzichè letta come "Venanzio clarissimo". Conforta inoltre tale opinione il fatto che il Benvenuti, trascrivendo l'iscrizione, omette la c e riporta semplicemente "Decio Venanzio Consule", mentre al limite avrebbe dovuto leggere "Decio Venanzio clarissimo consule"
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100033799
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1984
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • ISCRIZIONI in alto - CE BM INNOCENTIUS/ PS QUI VIXIT IN SAECU/ LO AN PLM LXXII RECES/ SD IIII KAL APRILIS/ DECIO VC CONSUL - lettere capitali - a incisione - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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