figura maschile nuda con festoni
decorazione plastica
la decorazione plastica, collocata frontalmente sull'arca romana, reca scolpita a rilievo una corposa ghirlanda vegetale con nastri fermata in alto da borchie laterali e ricadente in accentuati festoni ai lati di un fanciullo alato nudo, dal volto quasi del tutto corroso, rappresentato in atteggiamento danzante
- OGGETTO decorazione plastica
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MATERIA E TECNICA
marmo bianco/ scultura/ incisione
- AMBITO CULTURALE Ambito Eporediese
- LOCALIZZAZIONE Ivrea (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE sarcofago di notevole interesse in quanto rappresenta la migliore testimonianza artistica di epoca romana che si conservi ad Iivrea. Originariamente, come attesta l'iscrizione incisa in una delle due facce maggiori, custodì le spoglie mortali di Caio Atecio Valerio questore, edile, duumviro e giudice della quinta decuria che dovette essere un personaggio di rilievo nella vita pubblica eporediesedal momento che figli e nipoti ebbero la possibilità di dargli sepoltura in un luogo pubblico, con decreto ufficiale dei decurioni (locus datus decreto decurionum). La carica rivestita da Caio Atecio Valerio di giudicedella quinta decuria è assai significativa per stabilire la datazione dell'iscrizione e quindi del sarcofago stesso; poichè infatti fu l'imperatore Caligola (37-41 d.C.) a istituire in aggiunta alle quattro già esistenti, una quinta decuria, ne consegue che l'arca può essere asssegnata alla seconda metà del I secolo d. C. (C. Gazzera, 1854, pp. 23-24) (G. Corradi, 1931, pp. 6-7) (F. Perinetti, 1965, pp. 126-130). Il sarcofago in oggetto, di buon livello qualitativo, si impone all'attenzione come un significativo nonchè raro esempio di arte funeraria romana in Piemonte e trova un convincente parallelo culturale nell'arca di P. Elio Sabino conservata al Museo di Tortona cui è infatti affine per tipologiae ornamentazione. Altro termine di confronto è rappresentato dai rilievi provenienti dal Teatro romano di Ivrea, decorati con motiv di "eroti" alternati a ghirlande, scudi, maschere ed attualmente custoditi al Museo Civico eporediese (C. Carrucci, 1968, pp. 61-64). Il sarcofago è stato studiato da vari autori, sia sotto il profilo artistico sia per l'iscrizione che reca incisa; in particolare essa è riportata dal Gazzera (C. Gazzera, 1854, p. 24), dal De Jordanis (G. De Jordanis, 1900, p. XXXII), dal Corradi (G. Corradi, 1931, pp. 6-7) che fornisce inoltre una descrizione del sarcofago dando anche precise notizie circa la collocazione, l'utilizzo e la datazione dello stesso. Lo storico eporediese Pietro Giustiniani Robesti, vissuto nel sec. XVIII, lo riproduce in un accurato disegno (P.G. Robesti, manoscritto 1763, ed. 1977, p. 92). Non si conosce l'ubicazione originaria del sarcofago, ma è certo che esse venne conservato ed arrivò fino a noi grazie al fatto che nel sec. X fu utilizzato come arca per custodire le reliquie del corpo di San Besso martire, patrono di Ivrea, traslato da Ozegna a Ivrea nell'anno 1000 per volontà del marchese Arduino (G. Benvenuti, manoscritto fine sec. XVIII, ed. 1976, pp. 218-221). In tale occasione infatti il sarcofago, col suo prezioso contenuto, fu collocato nella Cripta della Cattedrale presso l'altare dedicato al Santo. Fu lì che lo vide Mons. Ottavio Asinari, come risulta dagli (Atti della Visita Pastorale, 1650, f. 656) nei quali infatti si legge: "Retro post altare collocata est magna urna, seu capsa lapidea, ita tm ab humo hiblevata, ut sub eam transiri possit". L'attento vescovo si avvide altresì dell'iscrizione, che tuttuavia non riuscì a leggere, come più avanti afferma: "A cuius letere dextero...cernitur quedam inscriptio litteris maiusculis excavata, quae cum in medio reperta fuit corrosa, legi non potuit". La zona definita "corrosa" dal vescovo Asinari è in effetti una lastra rettangolare più chiara usata per occluderel'apertura praticata nel mezzo della scritta, forse nel secolo X, con lo scopo di poter esporre il corpo di San Besso alla venerazione dei fedeli senza bisogno di toglierlo dall'urna (C. Gazzera, 1854, p. 23). Il sarcofago viene successivamente menzionato da Mons. Lambert che lo descrive come un "magnum depositum marmoreum clausum, et a terra p. tres pedes altitudinis elevatum, et infixum in muro versus limina" (Atti della Visita Pastorale di Mons. Alessandro Lamberti 1699, f. 1349 v.). Anche Mons. G. O. Pochettini non tralasciò di osservare l'"urnam lapideam, aut potius marmoreum perantiquam, et magnae molis" in cui si custodiva il corpo di San Besso. Il vescovo però, constatata la grande umidità regnante nella cripta, decise di sospendere l'altare di San Besso e, fatto aprire il sarcofago il 13 marzo 1789, procedette alla ricognizione delle reliquie del Santo, ordinando che fosser poi traslata nel reliquiario comune (Atti della Visita Pastorale di Mons. G. O. Pochettini 1789, ff. 998-999) (G. Benvenuti, op. cit. p. 221). E' probabile che in questa occasione il sarcofago sia stato rimosso dalla cripta e collocato nell'atrio della Cattedrale dove attualmente si trova
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100033786-1
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 1984
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2007
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0