lapide commemorativa, opera isolata - ambito eporediese (fine, inizio sec. X, sec. XI)

lapide commemorativa 1000 - ante 1010

di forma rettangolare, presenta un'iscrizione latina incisa in caratteri sottili ed eleganti; si intravedono, tracciate sulla superficie della lastra marmorea, le linee orizzontali accoglienti le quattro righe in cui è ripartita la scritta. La lapide è profilata da una fascia decorativa continua a nastri desinenti in riccioli distanziati da fogliette frastagliate che agli angoli assumono andametno cuoriforme e sul lato inferiore sono interrotti al centro da un tondo di maggiori dimensioni che reca incisa una mano aperta e sollevata verso l'alto; ad esso fa riscontro, nel bordo superiore, un analogo tondo accogliente una testa, forse aureolata, resa frontalmente

  • OGGETTO lapide commemorativa
  • MATERIA E TECNICA marmo bianco/ incisione
  • MISURE Altezza: 70
    Larghezza: 128
  • AMBITO CULTURALE Ambito Eporediese
  • LOCALIZZAZIONE Ivrea (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE lapide di notevole importanza sia dal punto di vista artistico, per l'eleganza delle lettere capitali che compongono l'iscrizione e la presenza del fregio a motivi vegetali e figurazioni che la incornicia, sia dal punto di vista storico-documentario, in quanto contiene un esametro dedicatorio dettato, presumibilmente, dal vescovo eporediese Warmondo Arborio. Questi ressa la diocesi all'incirca dal 969 al 1016 (C. Benedetto, I vescovi d'Ivrea, Torino, 1942, pp. 22-25), ed è ricordato non solo per i lunghi contrasti con Arduino, marchese di Ivrea, che colpì con la scomunica e dal quale fu a sua volta scacciato temporaneamente dalla sede, ma, anche, per la dedizione alle lettere e alle arti come attestano i numerosi codici, ricchi di raffinate miniature, da lui commissionati ed attualmente conservati nella Biblioteca Capitolare eporediese. La lapide, in base all'indicazione del nome del committente, sembra dunque databile tra la fine del X e l'inizioe del XI secolo, opinione tuttavia non condivisa dal Mesturino (V. Mesturino, 1967, p. 8) il quale afferma che essa "non pare coeva". Tuttavia il fregio a nastri fogliati, che tra l'altro è inciso entro una duplice riga tracciata lungo i lati della lastra del tutto analoga a quelle accoglienti l'iscrizione, ricorda assai da vicino le figurazioni dei capitelli del chiostro capitolare e dell'ampliamento della cripta assegnabili, secodo il Cavallari Murat (A. Cavallari Murat, 1976, pp. 79-83) a maestranze comacine al servizio di Guglielmo da Volpiano (cfr. in particolare le figg. nn. 25-26, 30-31 alle pp. 82-83). Questo elemento viene dunque a suffragare l'ipotesi di una datazione intorno al 1000 della lapide in questione. Più difficoltoso appare invece stabilire con certezza quale sia l'opera, appunto edificata dal vescovo Warmondo, cui l'iscrizione fa riferimento, dal momento che l'ubicazione originaria della lapide è piuttosto incerta. Il canonico Boggio (G. Boggio, 1926, pp. 95-97) si basò sulla scritta per attribuire a Warmondo la ricostruzione in forme romaniche della cattedrale eporediese e ritenne che la lapide fosse originariamente collocata sulla antica facciata del Duomo, poi demolita, sempre secondo lo studioso, dal Vescovo Bonifacio Ferreri nel 1516. La stessa interpretazione circa il significato scritta è fornita altresì dal De Jordanis ( G. De Jordanis, 1900, pp. XXVI-XXVII) il quale afferma che la suddetta iscrizione "più che alla fondazione di un altare,..., è probabile che si riferisca alla intiera costruzione o ricostruzione della Cattedrale". Da ultimo anche Cavallari Murat (A. Cavallari Murat, 1976, p. 83) assegna la vescovo Warmondo una parte di importanza rilevante nella ricostruzione del Duomo, sottolineando tuttavia come "il Breviario warmondiano rettifichi e completi le informazioni della della notissima lapide, ricordando l'origine su preesistenze del monumento "Vetustam aedem Deiparea sacram novis operibus auxit". Di ben altre opinioni è invece lo storico eporediese padre Giovanni Benvenuti (G. Benvenuti, 1976, pp. 226-227) il quale, non conoscendo il luogo di provenienza della lapide, ipotizza che l'edificio fatto erigere dalle fondamenta dal vescovo Warmondo sia la cappella di San Tegolo (o San Giacomo) in quanto a quel tempo tale cappella era l'unica che si estendesse al di fuori delle mura perimetrali della Chiesa e potesse pertanto definirsi "condita ab imo". Essa si trovava in fondo alla navata meridionale del Duomo e fu distrutta nel 1846 per costruirvi l'attuale Sala del Capitolo ( G. Boggio, op. cit., p. 180). Non vanno inoltre tralasciati i contributi di Dionigi Arborio Gattinara di Gattinara (D. Arborio Gattinara di Gattinara, 1825, p. 8) e dall'anonimo autore della vita di Warmondo (1858, p. 26) che si rivelano di particolare interesse in quanto, pur senza citare alcuna fonte documentaria, tali studiosi sono i soli ad indicare la provenienza della lapide in questione, affermando infatti che essa venne rinvenuta nel 1787 nel demolire l'altare di San Nicolò. Questo, secondo la pianta della Cattedrale fornita dal Benvenuti, era il secondo altare della navata destra del Duomo ( G. Benvenuti, 1976, pp. 727, 724). I due studiosi concordano con l'opinione del Benvenuti, ritenendo che l'opera fatta edificare da Warmondo sia appunto la Cappella di San Giacomo o di San Tegolo e sottolineano, per avvalorare questa ipotesi, il fatto che il vescovo Warmondo, ritrovato per ispirazione divina il corpo del martire tebeo San Tegolo presso Ivrea, lo collocò proprio nella suddetta Cappella. La notizia della provenienza della lapide dell'altare di San Nicolò è ripresa altrsì dal Gazzera (C. Gazzera, 1849, pp. 76-78) il quale a sua volta non esclude che l'"hoc" dell'iscrizione si riferisca invece alla cappella o all'altare di San Nicolò. Purtroppo non può essere aggiunto nulla di più certo rispetto a quanto sopra detto sulla provenienza della lapide, poichè nelle fonti d'archivio non è reperibile nessuna notizia circa la demolizione
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100033798
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1984
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • ISCRIZIONI al centro - CONDIDIT HOC/ DOMINO PRAE/ SVL VVARMVN/ DVS AB IMO - lettere capitali - a incisione - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE