Facciata del Palazzo Ghisilardi Fava a Bologna

positivo, post 1871 - ante 1914

Albumina incollata su di un supporto secondario di cartoncino beige di grammatura pesante. L'esposizione prolungata alla luce dell'oggetto ha comportato un parziale sbiadimento nella parte inferiore del supporto secondario. Il supporto secondario mostra nei quattro angoli traccia evidente di una passata affissione tramite puntine

  • OGGETTO positivo
  • SOGGETTO Italia – Emilia Romagna - Bologna – Palazzo Ghisilardi Fava
    Architettura - Edilizia residenziale – Palazzi – Sec. 15
    Elementi architettonici in terracotta – Sec. 15
  • MATERIA E TECNICA CARTA
    albumina
  • CLASSIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE DEL PATRIMONIO ARCHITETTONICO E STORICO ARTISTICO
  • ATTRIBUZIONI Fotografia Dell’emilia (attribuito): fotografo principale
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici Etnoantropologici di Bologna Ferrara Forlì Cesena Ravenna e Rimini
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pepoli Campogrande
  • INDIRIZZO Via Castiglione 7, Bologna (BO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Dopo il palazzo Bevilacqua di via D'Azeglio, il palazzo Ghisilardi Fava è considerato come il più bello dei palazzi signorili del Quattrocento a Bologna. Fatto costruire tra il 1484 ed il 1491 da Bartolomeo Ghisilardi a mastro Zilio di Battista Montanari, è un edificio ricordato per l'armonia delle linee, per la ricchezza di terrecotte e per la grandiosità degli ambienti. Il primo piano era illuminato da bifore, tutte ricostruite nel 1915 dal Comitato per Bologna Storica e Artistica attraverso un progetto di restauro, sul modello dell’unica rimasta ancora magnificamente decorata da ghiere e da trafori in terracotta. Dal 1923 l'edificio fu poi destinato ad ospitare la Casa del Fascio di Bologna, fortemente voluta dal gerarca Leandro Arpinati, che ne decise un nuovo restauro. In seguito a questa disposizione, nel 1925 il cortile e tutto l'interno del palazzo, furono sottoposti a lavori di recupero dall'architetto Ulisse Arata. Dal 1985 l'edificio è sede del Museo Civico Medievale di Bologna. La lastra negativa del positivo in esame, appartenente al Fondo Poppi - Fotografia dell'Emilia della Fondazione Carisbo, è rintracciabile con il numero d’inventario 217, sul catalogo on-line Genus Bononiae della città di Bologna. Il negativo è stato datato, per riscontro sui cataloghi a stampa della ditta Fotografia dell’Emilia, tra il 1871 e il 1879. Si decide pertanto di datare il positivo dal 1871 al 1914, anno della morte di Raffaele Faccioli, proprietario del fondo fotografico. Pietro Poppi nacque a Cento il 29 aprile 1833. Dopo aver frequentato per tre anni tra il 1850 e il 1860 la Pontificia Accademia di Belle Arti, ed avere svolto un’attività di “pittore paesista”, nel 1863 aprì un negozio di cartoleria in via Mercato di Mezzo 56 in società con Adriano Lodi. Nell'edificio di via Mercato di Mezzo aveva sede anche lo studio fotografico del francese Emilio Anriot. La società fu scolta il 30 giugno 1865: probabilmente in quell’anno Pietro Poppi intraprese l’attività di fotografo, forse iniziato alla professione da Roberto Peli (allievo di Anriot) il quale lasciato il principale nel 1864, iniziò la libera professione scegliendo come recapito la cartoleria Lodi e Poppi. Nel 1866 si costituì la “Peli, Poppi & C.” con sede in via San Mamolo 102: lo studio rimase attivo fino al 1867, anno in cui Poppi si mise in proprio, ritornando nella sede di via Mercato di Mezzo. Nel 1869 Poppi rilevò la Fotografia dell'Emilia (ditta che proprio nell'edificio di via Mercato di Mezzo aveva visto la luce nel 1865) trasferendosi definitivamente in via S. Mamolo 101. Nel 1871 uscì il primo “Catalogo della Fotografia dell’Emilia” contenente circa 400 immagini riproducenti vedute di Bologna, Ravenna e i “Quadri della Regia Pinacoteca”, disponibili nel formato 21x27, gabinetto, carte de visite e per apparecchi stereoscopici ma le principali avevano un formato di 36x45 ed erano realizzate al collodio, sistema andato in disuso nel 1880. Nel 1877 Pietro Poppi si recò ad Urbino per documentare con vedute fotografiche la città e i suoi dintorni. Per questo lavoro ottenne una medaglia di bronzo. In un catalogo del 1887 l’elenco dei soggetti appare notevolmente ampliato, forse anche in virtù dell’accresciuto ruolo professionale, tanto che nel 1888 partecipò all’Esposizione Emiliana e otterrà una medaglia d’oro e una speciale premiazione con “gioiello da S. M. la Regina d’Italia”. Nel 1889 continuarono i riconoscimenti dichiarandosi “fotografo del Governo della Repubblica di S. Marino, di S.A.R. il Duca di Montpensier, nonchè socio corrispondente della Regia Accademia di Urbino”. Nel 1903 prima di ritirarsi dall’attività, Poppi compilò un “monumentale catalogo fotografico” dal titolo “L’Arte in Italia”. Nel marzo del 1907 Pietro Poppi si ritirò, cedendo la Fotografia dell'Emilia a Luigi Monari ed Armando Bacchelli. Nel 1909 la ditta passò sotto la proprietà unica di Alfonso Zagnoli che nel 1940 vendette il fondo di lastre e positivi originali alla Cassa di Risparmio di Bologna. Pietro Poppi morì a Bologna il 21 aprile del 1914. [LE NOTIZIE STORICO-CRITICHE PROSEGUONO IN OSSERVAZIONI]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Fotografia
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800635918
  • NUMERO D'INVENTARIO 31875/ 453
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 2015
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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