pilastrino, elemento d'insieme - bottega siciliana (inizio XVIII)

pilastrino,

Alto pilastrino in legno intagliato e dipinto a finto marmo a motivi floreali e grottesche. Sul fronte sormontato da corona ed entro cartoccio è scolpito lo stemma domenicano

  • OGGETTO pilastrino
  • MATERIA E TECNICA legno/ scalpellatura, pittura
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Regionale della Sicilia
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Abatellis
  • INDIRIZZO via Alloro 4, Palermo (PA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE I due pilastrini, (vedi scheda aggregata), pervennero alla Galleria Nazionale, ora Regionale della Sicilia dal Museo Nazionale di Palermo, così come è annotato sul registro d'inventario dell'Istituto redatto nel 1953. E' noto che al Museo Nazionale di Palermo confluissero opere d'arte, oggetti o arredi provenienti da edifici civili e religiosi dismessi demoliti o riusati. Nulle purtroppo, in questo caso, le notizie sulla collocazione originaria degli oggetti, che risultano pregevoli sia per l'eleganza che per la fattura. Solo l'identificazione dello stemma, posto sulla fronte del pilastrino, entro cartoccio e sormontato da una corona, ne restituisce l'appartenenza all'ordine domenicano - scudo d'argento, cappato di nero, ad una stella d'oro ad otto raggi sul campo - e quindi una presumibile provenienza di uno dei loro edifici. I Domenicani antichissimo ordine religioso, a Palermo sono attestati, dal Villabianca già nel 1216 con un convento nei dintorni dell'attuale chiesa di San Matteo. Nel corso dei secoli i Domenicani divennero potentissimi e adottarono una politica fondamentalista ed antieretica finalizzata anche alla crescita e all' espansione dell'ordine; ciò avvenne anche a Palermo così come avveniva nelle altre città europee. Nel periodo tardo barocco, periodo in cui si colloca la datazione dei nostri oggetti, l'Ordine vantava in città diversi conventi e monasteri nonché tre fra le più belle, grandi e sontuose chiese di Palermo, Santa Caterina, S. Maria della Pietà e San Domenico, addirittura quest'ultima era, per grandezza, la terza chiesa della città. La chiesa di Santa Caterina, splendida e caratteristica per le decorazioni a marmi mischi presenti su tutta la fabbrica, fu edificata nel piano del Senato e vi fu annesso un convento di monache di clausura e contiene anche pregevoli opere d'arte. Anche la chiesa di S. Maria della Pietà, che fu realizzata nell'ambito del grandioso cantiere barocco, che propose il seicento palermitano nell'ambito della prestigiosa architettura europea che dalla terra guardava al cielo, fu edificata nel popoloso quartiere della Kalsa; e lì per monastero le monache utilizzarono la casa turrita di Francesco Abatellis, che avevano ereditato dalla sua seconda moglie nel 1526, oggi sede del nostro museo, e noto già ai tempi come la " Badia del Portolano". Interessanti si rivelano le notizie degli interventi architettonici e decorativi che coinvolsero il palazzo, diventato monastero, e la bellissima chiesa barocca annessa. In effetti all'interno del palazzo vi era già una chiesa cinquecentesca, dall'architettura snella e raffinata, tutt'oggi esistente e accedibile solo dall'interno dell'edificio, che fu utilizzata per il culto delle claustre fino al 1678, cioè fino all'apertura della sontuosa chiesa barocca, dopo di ciò l'antica chiesa fu riutilizzata come parlatorio dalle monache. Per quasi tre secoli ancora, dall'apertura della chiesa barocca, la vita claustrale ebbe luogo in quel complesso e cioè fino a quando le monache domenicane vi rimasero per straordinaria concessione, considerata anche la soppressione degli ordini religiosi del 1866, fino alla seconda guerra mondiale e poi si ritirarono in un edificio attiguo fra la chiesa barocca e il palazzo dell'Abatellis al civico 2 di via Alloro. Tutte possibili dunque le ipotesi sulla provenienza palermitana dei due pilastrini catalogati, che potrebbero essere pervenuti al Museo Nazionale, magari in deposito temporaneo, dopo i bombardamenti del 1943 che coinvolsero pesantemente la fabbrica di "Palazzo Abatellis", ipotesi avvalorata dal fatto che gli altri edifici chiesastici e conventuali domenicani non hanno subito rimaneggiamenti sostanziali nel tempo e sono tutt'ora in uso a monaci e suore dell'ordine. La mancanza, però, di dati sicuri sulla provenienza del pilastrino catalogato, rende difficile avanzare ipotesi sull'esecutore dell'opera o sulla sua bottega di provenienza, probabilmente quest'ultima palermitana in quanto la scultura lignea con relativa decorazione dipinta era abbastanza attestata già nella seconda metà del seicento. È comunque plausibile che il pilastrino insieme all'altro facessero parte di un'opera più complessa, infatti la parte frontale e le parti laterali riccamente decorate e invece il retro, perfettamente perpendicolare al piano del calpestio e lasciato grezzo, lasciano presupporre un inserimento in un più ampio contesto con un appoggio a muro: i due pilastrini forse potrebbero essere le parti terminali laterali di un altare oppure le parti terminali sempre con appoggio a muro di una balaustra. Il pilastrino, comunque, si distingue fondamentalmente per il suo intenso apparato decorativo, basta attenzionare lo stemma frontale e massiccio, entro un cartoccio dalle volute arrotondate ed in forte rilievo e sormontato da una corona anch'essa riccamente decorata, e poi, da una serrata ornamentazione che non risparmia nessun lato evidente. La decorazione tende ad ispirarsi a motivi floreali e fogliacei e con grottesche delle manifatture tessili, soprattutto quelle dei broccati serici, in Sicilia presenti prepotentemente nell'ambito palermitano nell'arco di tutto il seicento. L'impiego di queste decorazioni sul legno si rifà all'uso delle tarsie marmoree che hanno grande successo nelle decorazioni a mischio dei grandi apparati decorativi presenti in alcune chiese barocche. Dunque il nostro pilastrino è da collocarsi cronologicamente, considerato anche l'effetto cromatico delle dipinture, a ridosso delle grandi decorazioni in marmo a mischio e nel suo genere risulta, seppur ricco, essere elegante e testimonia un periodo di produzione scultorea lignea che si rifaceva alla grande tradizione siciliana dei marmi mischi
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1900322648
  • NUMERO D'INVENTARIO 11549/b
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Centro Regionale per l'Inventario e la Catalogazione
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo
  • STEMMI sulla fronte - religioso - Emblema - Ordine Domenicano - D‘argento cappato di nero ad una stella d‘oro a otto raggi sul campo
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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