araldica: stemma gentilizio della famiglia Opezzinga

capitello di colonnina,

capitello con foglie stilizzate; su una faccia uno scudo con aquila ad ali spiegate

  • OGGETTO capitello di colonnina
  • MATERIA E TECNICA marmo/ scultura
  • AMBITO CULTURALE Bottega Siciliana
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Regionale della Sicilia
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Abatellis
  • INDIRIZZO via Alloro 4, Palermo (PA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La famiglia Opezzinghi, estinta già al tempo di Mugnos, era di origine pisana e si stanziò in Sicilia fra Palermo e Messina sin dall'epoca aragonese; lo stesso Mugnos nel "Teatro Genologico delle famiglie nobili, titolate e feudatarie" dice che l'arme fu concessa alla famiglia dall'Imperatore Ottone I, padre di Opezinga, progenitrice della famiglia. Il Palizzolo Gravina nel "Blasone di Sicilia" cita anche che diversi discendenti ricoprirono cariche importanti: un Pipino fu Capitano d'Arme del Regno ed un Pietro cavaliere gerosolomitano e cita anche che fra questi vi fu un Obizio che acquistò, intorno all'anno 1500, il casale di Palazzo Adriano e che suo figlio Vincenzo ne fu il barone. Anche il Di Giovanni nel "Palermo Restaurato" cita questa famiglia e dice che le loro "case" a Palermo si trovano nel quartiere Kalsa una nell'edificio in cui all'epoca del Re Alfonzo d'Aragona vi era la zecca, un'altra dove poi fu ubicata la casa dei Padri Teatini e un'altra, ereditata dai Torangì, si trovava nella strada delle Reepentite. Anche la Chirco, nei suoi testi "Antiche strade e piazze di Palermo" e "Palermo la città ritrovata" cita che secondo il canonico Mongitore esisteva fin dal XII sec. una officina della zecca nella periferia occidentale della città detta Siccheria, vicino alla Zisa e che il terreno nel XV sec. divenne di proprietà di un Rinaldo Opezzinga il quale trasportò l'officina nel suo palazzo di via Alloro dove funzionò fino al 1676. Il palazzo di via Alloro di origini tardo-gotiche appartenne agli Opezzinga nei secoli XVI e XVII, poi passò ai Diana ai La Grua e ai Pilo, oggi è inteso col nome di Palazzo Cefalà. L'edificio si trova in cattivo stato di conservazione e sono appena visibili il portale poligonale a bugne piatte e le tracce di alcune finestre con pregevoli cornici della fabbrica tardo trecentesca. Il capitello, pervenuto a palazzo Abatellis in seguito alla scissione delle classi archeologiche, storico artistiche e demoantropologiche delle raccolte museali dell'ex Museo Nazionale, è databile fra la prima metà del XV sec. e la prima metà del XVI sec. sormontava con molta probabilità una esile colonnina di una bifora o di una trifora di uno degli edifici, come attestato nell'architettura palaziale dell'epoca. La codificazione dell'architettura palaziale rientra in un ampio e ben preciso disegno urbanistico architettonico che affonda le sue radici nella prammatica promulgata da re Martino nel 1406. La prammatica sancì organicamente il diritto della "pubblica utilità" e quindi il potere di regolare la vita edilizia della città, consentendo a coloro che volevano costruire palazzi e case di pregio architettonico, e che quindi sarebbero state di decoro per la città, di acquisire coattivamente quelle piccole case e casalini e cortili che ricadessero nel sito da edificare. La prammatica oltre a prevedere i modi legali di acquisizione dei siti prescriveva la tipologia palaziale con particolare attenzione alle aperture esterne: infatti sia i portali che le nuove finestre dovevano essere "ad intaglio" cioè rifinite dai lapicidi e non in pietra rotta; per quanto riguarda più specificatamente l'architettura delle finestre si spaziava da finestre lisce e traforate con duttile disegno sul piano della facciata a quelle rialzate da complessi e raffinati motivi (soprattutto nei palazzi palermitani) ed altre nelle quali la colonnina centrale spartisce un arco architravato o un timpano ad arco inflesso. La prammatica fu esecutiva a Catania nel 1406, molto probabilmente perché le architetture sveve erano in cattivo stato di conservazione a causa degli eventi bellici da poco terminati(?). A Palermo fu applicata dal 1421, con l'affermazione nel preambolo che la città necessitava di moltiplicare i suoi palazzi destinati ad accrescere il "decorem et perpetuum statum civitatis"; nel 1482 la prammmatica fu ulteriormente ampliata, regolando anche l'edilizia pubblica compresa la costruzione e l'ampliamento delle strade e facilitando le autorità a provvedere al pubblico ornamento e decoro della città. A Siracusa fu estesa nel 1437. La prammatica fu seguita in Sicilia lungo il corso dei secoli XV e XVI e nel 1555 fu richiamata dal viceré Giovanni de Vega per fare da base alle altre prammatiche che guidarono poi le grandi riforme urbanistiche. Dell'applicazione della prammatica, per quanto riguarda la tipologia architettonica delle finestre, pochi sono gli esempi dei palazzi quattrocenteschi a Palermo giunti fino ai nostri giorni in condizioni di relativa integrità: fra questi palazzo Speciale, palazzo Ajutamicristo e palazzo Abatellis in cui ancora si conservano trifore le cui colonnine sono sormontate da capitelli a foglie stilizzate decorati su una faccia con lo scudo araldico della famiglia proprietaria
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1900261405
  • NUMERO D'INVENTARIO 5137
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Centro Regionale per l'Inventario e la Catalogazione
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo
  • DATA DI COMPILAZIONE 2003
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2021
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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